Bigelow Aerospace e OneWeb, due società innovative in gravissima difficoltà economica
La pandemia di COVID-19 ormai tiene banco su tutte le testate giornalistiche, permeando le notizie legate a quasi ogni aspetto della nostra vita quotidiana. Purtroppo nemmeno il settore del quale ci occupiamo, quello dell’industria e della ricerca in campo aerospaziale, è esente da questo problema.
Su Forumastronautico.it si discute attivamente con importanti contributi sull’impatto che la pandemia di coronavirus sta avendo su aziende, persone e missioni legate allo spazio, sin dai primi giorni dell’emergenza.
Tra le varie testimonianze e le notizie raccolte, due su tutte hanno destato particolare attenzione. Il tracollo finanziario di due importanti e innovative aziende: OneWeb e Bigelow Aerospace.
OneWeb non riesce a trovare la liquidità necessaria
OneWeb ha dichiarato la bancarotta dopo che i tentativi di ottenere nuovi finanziamenti, inclusi anche quelli provenienti dal maggiore investitore già esistente, SoftBank, sono falliti.
La richiesta di bancarotta è stata resa nota in un comunicato stampa, citando anche le «turbolenze del mercato legate alla diffusione di COVID-19».
Dall’inizio dell’anno OneWeb era stata impegnata in trattative per ottenere investimenti che avrebbero finanziato le attività della società. Ma proprio mentre si era vicini all’ottenimento dei fondi necessari il processo non è andato a buon fine a causa dell’impatto che il coronavirus ha avuto sui mercati finanziari.
L’azienda ha licenziato la maggior parte del suo personale, mantenendone operativa solo un’esigua parte per continuare a gestire i satelliti attualmente in orbita.
All’inizio di marzo OneWeb aveva completato con successo un ulteriore lancio, portando il numero totale dei suoi satelliti in orbita a 74. Della rete di 44 stazioni riceventi per la gestione del traffico dati ne sono state completate 22, e le restanti sono ancora in fase di ultimazione o sviluppo. Recentemente erano state dimostrate le capacità operative della rete raggiungendo velocità di connessione promettenti. Di recente Airbus (costruttrice dei satelliti della costellazione) aveva dichiarato tramite OneWeb un rateo di produzione di 1,5 satelliti al giorno.
Nonostante tutto ciò, la società si è vista costretta a ridurre l’organico del 90%: «Restiamo comunque convinti del valore sociale ed economico della nostra missione di connettere tutti ovunque», ha dichiarato il CEO Adrian Steckel.
OneWeb, fondata nel 2012 come WorldVu Satellites, stava lavorando alla creazione di una costellazione di satelliti atti a fornire connessione Internet a banda larga operante in orbita bassa terrestre (LEO), con un servizio a basso costo per gli utenti e con una copertura in grado di raggiungere anche aree remote del pianeta.
Prima di dichiarare bancarotta OneWeb ha provato tutte le opzioni disponibili per ottenere gli ingenti fondi necessari a sostenere il serrato ritmo di lanci pianificati, con l’obiettivo di mettere in orbita più di 650 satelliti e andando a raggiungere una copertura globale.
Venendo a mancare l’appoggio finanziario di SoftBank, OneWeb è inevitabilmente andata incontro alla scelta più difficile.
Bisogna anche mettere in conto che quanto occorso a OneWeb si ripercuoterà sulle aziende dell’indotto, impegnate nella produzione dell’hardware e della logistica necessaria, nonché sulle società già ingaggiate per i lanci (Roskosmos con i Sojuz, Ariane Space con il debutto del vettore Ariane 6 e Virgin Orbit con il sistema LauncherOne) dei satelliti.
Bigelow Aerospace bloccata dalle restrizioni federali imposte dallo stato del Nevada
Bigelow Aerospace, la società fondata oltre due decenni fa per sviluppare habitat spaziali commerciali, ha licenziato tutti i suoi dipendenti il 23 marzo scorso. Già in difficoltà nei mesi precedenti, anche in questo caso la pandemia di coronavirus ha dato il colpo di grazia all’azienda aerospaziale.
Il 20 marzo il governatore del Nevada Steve Sisolak ha firmato una direttiva di emergenza che ordina la chiusura di tutte le attività “non essenziali”. La Bigelow, con sede a Las Vegas, in Nevada, ha dovuto interrompere bruscamente le operazioni, definendo la propria situazione una “tempesta perfetta di problemi” nella quale spicca il disastro COVID-19.
I portavoce della compagnia hanno confermato che la compagnia ha licenziato tutti i suoi dipendenti a causa dell’ordine del governatore, per evitare multe, sanzioni e financo la revoca della licenza commerciale in di non ottemperanza.
I vertici di Bigelow hanno assicurato che rimane forte la volontà di riassumere i lavoratori una volta revocata la direttiva di emergenza.
Ed è stata proprio la collocazione della sede legale di Bigelow Aerospace a tirare un brutto scherzo. Le aziende aerospaziali basate in altri stati sono state infatti autorizzate rimanere aperte nonostante restrizioni simili per le attività non essenziali. In California, ad esempio, le imprese aerospaziali hanno continuato a operare perché questo tipo di produzione high-tech è considerata un’industria essenziale dal governo locale.
Bigelow Aerospace è stata fondata nel 1999 da Robert Bigelow, investendo la fortuna guadagnata nel settore immobiliare per sviluppare innovativi moduli per stazioni spaziali commerciali.
La compagnia ha all’attivo il lancio di diversi veicoli spaziali con la quale ha validato la tecnologia dei moduli espandibili: Genesis 1 nel 2006 e Genesis 2 nel 2007 hanno dimostrato che i moduli erano stabili, robusti e capaci di mantenere senza problemi la pressione atmosferica.
Nel 2013 l’azienda si era poi assicurata un contratto di NASA per costruire un modulo espandibile sperimentale chiamato BEAM (Bigelow Expandable Activity Module), ottenendo il permesso di installarlo sulla ISS. BEAM è poi volato verso la Stazione Spaziale Internazionale con una missione cargo SpaceX Dragon nell’aprile 2016 ed è stato installato con successo. Attualmente BEAM rimane attraccato all’avamposto spaziale, dove è utilizzato come magazzino di stoccaggio oltre che come prototipo in fase di studio.
Bigelow Aerospace aveva da tempo espresso interesse nello sviluppo di stazioni spaziali commerciali, in particolare utilizzando un modulo chiamato B330. Tale nome deriva dalla capacità di offrire 330 metri cubi di volume interno. La società aveva visto la ISS come un trampolino di lancio verso tale obiettivo, annunciando nell’aprile 2016 una partnership con United Launch Alliance che avrebbe fornito un vettore Atlas V per lanciare un modulo B330 verso la ISS entro il 2020.
Nel giugno 2019 la NASA annunciò che avrebbe vagliato proposte anche da altre entità private per l’accesso a questa opportunità. Lo scorso 27 gennaio, la stessa NASA ha dichiarato di aver scelto Axiom Space per l’installazione di una serie di moduli commerciali, che si prevede di installare a partire dalla fine del 2024.
Robert Bigelow ha dichiarato, in un’intervista del 28 gennaio, che la sua azienda ha dovuto rinunciare a presentare una proposta a causa di problemi di finanziamento. Al momento del bando la NASA aveva annunciato la disponibilità a finanziare fino a 561 milioni di dollari per supportare sia un modulo ISS abitabile, sia una struttura capace di rendere la stazione commerciale indipendente a livello energetico e logistico dalla ISS.
Secondo Bigelow si è strattata di un’offerta troppo bassa: «Era chiedere troppo alla compagnia, così abbiamo comunicato alla NASA che dovevamo declinare l’offerta».
Fonti Articolo: SpaceNews.com; TechCrunch.com; PRNewswire.com; MainEngineCutOff.com
Fonti Articolo: invest in shiba inu coin UK
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Che notizia triste…
Mi dispiace per entrambe ma sopratutto per Bigelow, è assurdo che come agenzia aerospaziale non possano continuare ad operare.