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240 satelliti Starlink in orbita? Non proprio…

Tutta la stampa, sia quella generalista sia quella di settore, compresi noi di Astronautinews.it, ha recentemente scritto che SpaceX ha immesso in orbita 240 satelliti per telecomunicazioni della costellazione “Starlink”. In realtà, rileggendo con attenzione tutta la documentazione messa a disposizione dall’azienda, ci siamo resi conto che il numero indicato non è propriamente esatto: cerchiamo dunque di ripercorrere la (ancor breve) storia della costellazione “Starlink” per arrivare alla conclusione corretta.

Tutto ebbe inizio nel 2015 a Redmond con l’annuncio del progetto da parte di Elon Musk. Il piano iniziale prevedeva l’immissione in orbita di circa 12.000 satelliti a una quota compresa tra i 1100 e i 1300 km di altitudine, per commercializzare un servizio di connettività Internet ad alta velocità che si dovrebbe distinguere per una latenza inferiore rispetto alle offerte Internet via satellite tradizionali, basate su grandi satelliti posti in orbita geostazionaria (il tempo di latenza dovrebbe essere di 25-35 ms rispetto agli attuali 600 ms). Ma i progetti delle aziende concorrenti hanno costretto SpaceX a un’accelerazione. I satelliti sono stati quindi semplificati rispetto ai piani iniziali: invece di trasmettere in entrambe le bande Ku e Ka i satelliti ora trasmetteranno solo in banda Ku, e verranno immessi in un’orbita inferiore a quella inizialmente prevista (550 chilometri). Per dare il via alla costruzione dei satelliti SpaceX ha anche costruito un impianto a Redmond, nello stato di Washington, destinato a diventare la sede delle attività di ricerca, sviluppo e produzione, oltre che a ospitare la “control room” dedicata al controllo e al governo della costellazione in orbita.

SpaceX dà poi il via ai collaudi in orbita con la missione “Tintin”, con un Falcon 9 Full Trust (matricola B1038.2) che decolla il 2 febbraio 2018 da Vandenberg e immette in orbita 2 satelliti, Tintin A e B. Questi due prototipi, dotati di due pannelli solari di 2×8 metri, vengono utilizzati per acquisire le prime esperienze. Nel frattempo a Redmond vengono costruiti i primi prototipi dei satelliti Starlink veri e propri, che sono lanciati con la missione denominata “Starlink 0” il 24 maggio 2019 dalla Cape Canaveral Air Force Station a bordo di un razzo Falcon 9 B5 (matricola B1049.3): si tratta del primo “batch” massivo, costituito da ben 60 satelliti. Questi ultimi, facenti parte di un lotto (versione 0.9) di 75 prototipi ancora incompleto poiché non dotato del sistema di collegamento inter-satellitare, ma provvisto solo della dotazione per la comunicazione con le antenne poste a Terra, sarà utilizzato per definire gli ultimi aspetti progettuali e per verificare le procedure di posizionamento in orbita e di deorbiting. I satelliti sono dotati di propulsori ad effetto Hall. Questi motori sfruttano l’energia fornita dai pannelli solari per ionizzare il kripton che viene utilizzato come sistema di propulsione dato che il satellite, che viene rilasciato dal razzo vettore a una quota di circa 290 km di altitudine, deve raggiungere l’orbita operativa posta a circa 550 km. Il propulsore viene successivamente utilizzato dal satellite per mantenere la posizione durante la sua vita operativa e per abbassarne l’orbita una volta giunto a fine vita. Il carico utile include quattro antenne phased array a fase piatta per l’uplink e il downlink. Cinque settimane dopo il lancio, 3 satelliti di questo lotto risultano guasti e per questo motivo vengono disattivati in attesa del loro deorbiting dovuto al drag atmosferico. Alla data del 31 ottobre 2019 49 satelliti avevano raggiunto l’orbita prevista mentre gli altri erano ancora in fase di ascesa.

Alla fine del 2019 viene approntato il primo lotto di satelliti aggiornato alla versione 1.0. Anche in questo caso non si è trattato della versione definitiva, poiché mancava all’appello l’installazione del laser link. L’11 novembre 2019 prendeva il via la missione “Starlink L1” che ha immesso in orbita questo secondo lotto di 60 satelliti. Ancora una volta il razzo vettore prescelto è stato un Falcon 9 B5 (matricola B1048.4). Utilizzato per la prima volta il 25 luglio 2018 in occasione del lancio della missione Iridium-7, il B1048.4 è stato il terzo Falcon 9 Block 5 ad entrare in servizio e il primo a decollare dalla Vandenberg Air Force Base; questo è stato il suo quarto volo.

Giungiamo finalmente al 2020. Il mese di gennaio è stato testimone di ben due lanci: la missione “Starlink L2”, lanciata da un Falcon 9 B5 (matricola B1049.4), e la “Starlink L3” con il razzo B1051.3. La versione architetturale dei satelliti per questi ultimi lanci è ancora la 1.0. Il booster B1049, giunto al quarto volo, è entrato in servizio il 10 settembre 2018, aiutando il satellite Telstar 18V ad effettuare il trasferimento in orbita geostazionaria, mentre il booster B1051 è entrato in servizio il 2 marzo 2019 in occasione della missione della capsula Dragon 2 “Demonstration mission 1”. Ad oggi questo razzo ha effettuato 3 voli.

Tra le cose più interessanti, la missione “Starlink L2” è caratterizzata dalla presenza di un satellite a cui è stato applicato uno speciale rivestimento antiriflettente che dovrebbe consentire di ridurre notevolmente la luminosità riflessa. A tal proposito occorre fare un passo indietro nel tempo. Lo scorso 25 maggio 2019 un astronomo dilettante olandese è stato uno dei primi a pubblicare un video che mostrava i satelliti che volavano nel cielo in fila indiana, come un “treno” di luci brillanti. Il video aveva suscitato forti perplessità nell’ambiente delle osservazioni astronomiche non appena si è iniziato a ragionare sul numero di satelliti che Elon Musk ha promesso di immettere in orbita: circa 1.600 nella prima fase e 12.000 per completare la costellazione. Si tratta, in effetti, di un numero impressionante. A titolo esemplificativo basta considerare che oggi sono circa 18 mila gli oggetti celesti – più grandi di 10 cm – monitorati in orbita bassa, tra questi si contano 2.000 satelliti attivi. Il timore è che, quando la flotta sarà al completo, in ogni momento vi saranno decine di satelliti visibili ad occhio nudo sopra l’orizzonte. Per capire le preoccupazioni degli astronomi occorre partire dall’approccio rivoluzionario del progetto di SpaceX. Se di norma i satelliti per le telecomunicazioni sono posizionati in orbita geosincrona, apparentemente in una posizione fissa sopra l’equatore a 36 mila km di altezza, i satelliti Starlink opereranno in orbita bassa, a soli 550 km di altitudine. Se da una parte la vicinanza consentirà una maggiore potenza di segnale, rendendo superflue le antenne satellitari, dall’altra ciascun satellite, non essendo posto in orbita geostazionaria, orbiterà velocemente attorno alla Terra, riuscendo ad offrire i propri servizi solo al territorio sorvolato. L’enorme numero di satelliti, che ribadiamo essere di 12.000, è giustificato dall’esigenza di garantire una copertura completa e continua del servizio per tutto il globo terrestre. Per fare un confronto, la rete di satelliti per le telecomunicazioni Iridium, che negli anni ’90 ha utilizzato lo stesso approccio, ne contava soltanto poche decine.

Thanks to @Marco_Langbroek for the video

Tornando infine all’inizio di questo articolo, risulta facile a questo punto fare un conteggio dei satelliti Starlink attualmente attivi in orbita: moltiplichiamo 60 satelliti per ciascuno dei 4 lanci effettuati fino ad oggi, otterremo un totale di 240. Tuttavia, a questo numero non dobbiamo scordare di sottrarre i 3 satelliti disattivati poiché guasti. Otteniamo per cui un totale di 237, che diventa 239 se conteggiamo anche i primi due satelliti di test (Tintin A e B), ovvero il numero esatto dei satelliti Starlink attualmente in orbita.

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