«Il nuovo razzo Lunga Marcia 5 si è innalzato nel cielo come una fenice tornata alla vita»: la retorica non si risparmia negli articoli dedicati dall’agenzia statale di informazione Xinhua al ritorno al volo, lo scorso 27 dicembre, del lanciatore pesante cinese. L’enfasi è tuttavia comprensibile, dal momento che proprio su questo veicolo si concentrano molte delle ambizioni esplorative della Cina, con obiettivi che mirano, già per questo 2020, alla Luna e a Marte, passando per l’inizio della costruzione di una vera stazione spaziale nazionale.
Il “nuovo” Lunga Marcia 5
L’immagine della fenice, d’altra parte, evidenzia esplicitamente come il razzo che ha compiuto l’ultimo volo del 2019 sia in gran parte diverso rispetto al protagonista dei due lanci precedenti.
Il primo Lunga Marcia 5 era decollato il 3 novembre 2016. Al successo del volo inaugurale è però seguito, pochi mesi dopo, il fallimento del secondo lancio (2 luglio 2017). A causa di un calo di potenza, verificatosi a sei minuti dal liftoff (e quindi chiaramente addebitabile al primo stadio) il razzo e il suo payload non hanno raggiunto l’orbita e sono precipitati nell’oceano.
Le indagini hanno individuato la causa dell’anomalia in un difetto delle turbopompe dei due motori YF-77 dello stadio core. Si è resa perciò necessaria una completa revisione. «Abbiamo apportato miglioramenti al design, ai materiali e alle tecnologie del motore» ha dichiarato ai media Li Dong, responsabile del progetto Lunga Marcia 5 presso la China Academy of Launch Vehicle Technology (CALT), con la conseguente necessità di ripetere le verifiche a terra, quasi si trattasse di un nuovo prodotto: una serie di dieci test di accensione, per una durata totale di ben 3000 secondi.
Ma le modifiche non hanno riguardato solo i motori: secondo il comunicato di CASC (la principale impresa statale per il programma spaziale cinese) sono stati apportati al razzo oltre 200 miglioramenti tecnici di varia natura, tra i quali, per esempio, un alleggerimento delle strutture per migliorarne le capacità di carico. Il 90% delle attuali 870 tonnellate di peso di un Lunga Marcia 5 al decollo è costituto dai propellenti.
Ovviamente le caratteristiche generali del “nuovo” Lunga Marcia 5 restano più o meno quelle note. Il razzo è alto 57 metri ed è costituto da due stadi del diametro di 5. Nella configurazione che ha volato fino a oggi, i due motori YF-77 alimentati a idrogeno e ossigeno liquidi del primo stadio sono coadiuvati da altri 8 motori YF-100 che bruciano RP-1 e LOX, montati a coppie su quattro booster laterali del diametro di 3,5 metri, garantendo una spinta complessiva, al decollo, di 10.571 kN. Con l’intervento dei due motori YF-75D del secondo stadio, anch’essi a propellenti criogenici, il razzo può trasportare, secondo quanto dichiarato da CASC, fino a 25 tonnellate di carico in orbita bassa e 14 in orbita di trasferimento geostazionario, prestazioni che lo rendono equiparabile al Delta IV Heavy di ULA.
Il lanciatore pesante cinese è anche in grado di supportare missioni interplanetarie. La massa indirizzabile verso la Luna ammonta a 8 tonnellate, mentre 5 sono quelle che potrebbero raggiungere Marte. Con l’ausilio di un upper stage potrebbe spingere sonde verso Giove e oltre.
Cronaca del volo
Il 27 dicembre, 908 giorni dopo l’incidente del 2017, il Lunga Marcia 5 è decollato per la terza volta dal centro spaziale di Wenchang, situato nell’isola di Hainan, con a bordo il satellite sperimentale Shijian-20. In Italia erano le 14:45 ma sui cieli della Cina orientale si era già fatto buio: il razzo si è innalzato nella notte, illuminato suggestivamente dai suoi stessi motori.
I quattro booster laterali, che forniscono il 90% della spinta iniziale, hanno bruciato per circa tre minuti, ripresi dalle camere di bordo (che ancora mancano su tanti lanciatori occidentali). Dopo il loro distacco, i due YF-77 del core centrale hanno continuato a spingere per altri 300 secondi, guadagnando quota e velocità orizzontale.
Dopo l’espulsione delle ogive protettive (poco prima di 5 minuti dal liftoff), a T+8 minuti e 20 secondi è avvenuta la separazione del primo stadio. Subentravano i due propulsori YF-75D del secondo stadio, ai quali era stato affidato il compito di eseguire due accensioni. La durata non è stata comunicata ufficialmente, ma dalle immagini trasmesse dalla televisione cinese si può stimare almeno la prima, di poco inferiore ai 5 minuti.
Seguivano una ventina di minuti di volo inerziale e poi la spinta finale. La separazione del satellite da ciò che rimaneva del Lunga Marcia 5 avveniva, come previsto, pochi secondi dopo i 37 minuti dal decollo. Shijian-20 si trovava collocato su un’orbita di trasferimento ellittica molto allungata, con apogeo a ben 67.690 km, perigeo a 180 e inclinazione di 19,4°. Nelle ore successive, utilizzando i propri mezzi propulsivi, il satellite ha iniziato una serie di sette manovre che lo hanno portato in GEO il 5 gennaio.
Che cos’è Shijian-20
Giustamente l’attenzione di tutti si è fissata sul ritorno al volo del lanciatore pesante, ma per le agenzie cinesi per lo spazio una buona parte dell’importanza della missione del Lunga Marcia 5 riguardava il suo carico. Non a caso il satellite Shijian-20 è praticamente un clone di Shijian-18, andato perduto nel fallimento del 2017.
Il nome, in cinese, significa “test”, “esperimento”. I satelliti della serie Shijian sono dimostratori tecnologici di vario genere: quello entrato in orbita il 27 dicembre voleva testare la nuova piattaforma satellitare Dong Fang Hong 5 (DFH-5).
I media locali definiscono Shijian-20 «il più grande, il più pesante e il più avanzato satellite della Cina»; in effetti, la piattaforma DFH-5, il cui sviluppo è iniziato nel 2010, è stata progettata per veicoli di notevoli dimensioni ed è dotata di tecnologie innovative. Shijian-20 pesa oltre 8 tonnellate, ma DFH-5 è in grado di supportare satelliti fino a 9.000 kg, dei quali da 1.500 a 1.800 possono essere dedicati ai payload scientifici o commerciali. La piattaforma è dotata di propulsione ibrida: chimica per garantire il rapido inserimento nell’orbita desiderata ed elettrica per le manovre di stabilizzazione. L’energia, di 28 kW (di cui 18 a disposizione del payload), è fornita da due grandi pannelli solari «con una “apertura alare” superiore di 10 metri di quella di un Boeing 737» (e quindi di oltre 46 metri).
In orbita geostazionaria Shijian-20 sperimenterà diverse tecnologie, tra le quali un sistema di comunicazione in banda Q/V (cioè tra i 33 e i 75 GHz) in grado di garantire un flusso di dati di 1 Tb/s e nuovi dispositivi per il controllo termico. A bordo anche un esperimento di comunicazione laser tra spazio e Terra, un payload di comunicazione quantistica simile a quello già sperimentato su QSS, e uno dedicato allo studio dei polimeri a memoria di forma, in vista di una loro possibile applicazione alla costruzione di grandi strutture nello spazio.
Prospettive future
Se con DFH-5 la Cina ritiene di poter soddisfare la richiesta di satelliti ad alte prestazioni «per i due prossimi decenni», il successo dei rinato Lunga Marcia 5 le permetterà, già da quest’anno, di compiere significativi passi avanti nell’esplorazione dello spazio.
Il prossimo Lunga Marcia 5, infatti, la cui partenza è per ora prevista intorno alla metà del 2020, dovrebbe lanciare Huoxing-1, la prima missione cinese diretta su Marte, composta da un lander e da un rover.
Nell’ultimo trimestre dell’anno dovrebbe poi partire Chang’e 5, in attesa dal 2017, quando fu bloccata proprio dall’incidente del secondo Lunga Marcia 5. Per le precedenti missioni lunari è stato sufficiente il Lunga Marcia 3B, ma l’ambizioso proposito di riportare sulla Terra campioni del suolo del nostro satellite comporta un carico più pesante e, di conseguenza, l’impiego del nuovo lanciatore.
Al Lunga Marcia 5 è legato anche il programma spaziale con equipaggio. Sempre per quest’anno è previsto il primo lancio di prova della versione B. Il razzo trasporterà un modello di una nuova capsula destinata a sostituire la Shenzhou ma, soprattutto, darà il via alla costruzione della stazione spaziale cinese, i cui moduli saranno lanciati per l’appunto grazie al Lunga Marcia 5B. Nonostante i ritardi (il primo modulo, Tianhe-1, doveva essere messo in orbita ancora nel 2018) le agenzie cinesi puntano ancora al completamento della struttura entro il 2022.
E non finisce qui. La Cina sta anche elaborando piani di esplorazione a più lungo termine, che comprendono l’invio di sonde sugli asteroidi e sul sistema di Giove e la costruzione di una stazione di ricerca scientifica sul polo sud della Luna. Per tutte queste ambizioni il Lunga Marcia 5 sarà una carta essenziale.
Fonte: Xinhua