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2019: l’anno spaziale in rassegna

Parmitano durante una delle EVA per riparare AMS. Credit: NASA

Come ogni anno anche al termine di questo giro della Terra intorno al Sole proponiamo un riassunto dei principali avvenimenti in ambito astronautico avvenuti nell’ultima orbita. Il tutto coadiuvato da alcune dalle solite statistiche di Paolo Baldo.
È stato un anno intenso anche il 2019, che ha rispettato alcune delle attese ma, come al solito, è incappato nei classici ritardi che capitano in questo campo.

Anche nel 2019 ci lascia un grande astronauta: pochi mesi dopo aver compiuto il suo ottantacinquesimo compleanno ci saluta Aleksej Leonov, primo astronauta a compiere un’attività extraveicolare e pioniere della cosmonautica sovietica.

Leonov ripreso all’esterno del veicolo Voschod 2.

Il 2019, comunque, è stato anche l’anno del cinquantesimo anniversario dello sbarco sulla Luna e delle missioni Apollo 9, Apollo 10, Apollo 11 e Apollo 12.

La stazione spaziale internazionale

Tutti i voli con equipaggio del 2019 (solo 3, quest’anno) facevano parte del programma ISS. Sono state lanciate 4 capsule Sojuz MS, da MS-12 a MS-15, tra cui quella in cui c’era Luca Parmitano (Sojuz MS-13) e un test senza equipaggio (Sojuz MS-14)

Anche quest’anno le varie Expedition – cioè gli equipaggi della ISS – sono state un po’ irregolari. L’anno si apre con a bordo l’Expedition 58, di soli tre membri (Oleg Kononenko, David Saint-Jacques e Anne McClain), seguita dalle Expedition 59, 60 e 61 (attualmente sulla ISS) composte dai classici 6 elementi, ma con l’astronauta americana Christina Koch che ha fatto parte di tutte e 3.

Il Commercial Crew Program della NASA è andato un po’ a rilento e ancora non sono arrivati sulla ISS astronauti a bordo di navette americane, ma sono partiti i primi due voli dimostrativi, rispettivamente di Dragon-2 Spx-DM1 e CST100-Starliner Boe-OTF, con alterni risultati.

Oltre agli astronauti e alle navette senza eqipaggio sopra citate, c’è stata la solita sequenza di missioni di rifornimento, con 9 voli cargo, di cui 3 Progress russe (da MS-11 a MS-13), 2 Cygnus della compagnia americana Northrop Grumman (CRS NG-11 e 12), 3 Dragon di SpaceX (da CRS SpX-17 a CRS SpX-19) e una giapponese HTV/Kounotori (HTV-8).

HTV-8 durante il rilascio con il CanadArm-2. Credit: NASA

Anche quest’anno il nuovo modulo russo Nauka non si è visto e la novità è che, anziché aspettarlo per il 2020, lo attendiamo per il 2021. In compenso la vita operativa del modulo gonfiabile BEAM è stata prorogata almeno fino alla fine del 2020.

Gli avvicendamenti degli equipaggi sulla ISS si aprono a marzo con la Sojuz MS-12. Aleksej Ovčinin e Nick Hague riescono finalmente ad approdare sulla ISS dopo lo sfortunato (e breve) volo di alcuni mesi prima. L’avvio di Expedition 59 segna anche l’inizio della lunga permanenza sulla ISS di Christina Koch, tutt’ora a bordo.

In questa prima parte dell’anno è degna di nota la lunga serie di attività extraveicolari (EVA) il cui obiettivo principale è la sostituzione delle varie batterie all’esterno della stazione spaziale. A partecipare alle varie EVA dal settore internazionale della ISS durante l’Expedition 59 sono stati McClain e Hague, Hague e Koch e McClain e Saint-Jacques. Dal lato russo si registra anche la già citata attività extraveicolare di Kononenko e Ovčinin.

Hague e Koch pronti per l’EVA, assistiti da McClain. Credit: NASA

La seconda EVA dell’Expedition 59 è in realtà una piccola delusione in quanto inizialmente avrebbe dovuto svolgersi con McClain e Koch, diventando qundi la prima attività extraveicolare ad essere effettuata da un equipaggio interamente femminile. Il record non è avvenuto a causa di considerazioni logistiche, ma l’annuncio di un piccolo cambio di programma, con l’allungamento della missione di Christina Koch, ha consentito un nuovo tentativo nella seconda parte dell’anno. Il rimescolamento degli equipaggi ha anche aperto la possibilità a un astronauta degli Emirati Arabi Uniti di compiere una missione di breve durata sulla stazione spaziale.

Il rientro della Sojuz MS-11 a giugno (McClain, Kononenko e Saint-Jacques) ha dato poi il via all’Expedition 60, che diventerà a noi molto cara essendo l’expedition a cui si unirà l’astronauta italiano Luca Parmitano.

Parmitano & Beyond

I preparativi per la missione Beyond di Luca Parmitano sono entrati nel vivo qualche mese prima con l’arrivo al cosmodromo di Bajkonur e, qualche mese dopo, con la presentazione alla stampa.

La Sojuz MS-13 è la capsula che il 20 luglio ha portato Luca in orbita insieme ai suoi compagni di viaggio Aleksandr Skvorcov e Andrew Morgan. L’ingresso nella ISS è avvenuto qualche ora dopo, dando il via ufficialmente alla missione ESA Beyond.

Luca Parmitano il 16 luglio 2019 a Star City prima della partenza per la ISS. Credit: NASA

La missione di Luca entra subito nel vivo con il lancio della Sojuz MS-14, una navetta disabitata lanciata per testare l’ultima versione del lanciatore Sojuz, il Sojuz-2, anche per capsule con equipaggio. In realtà la capsula aveva a bordo un passeggero, il robot umanoide Skybot F-850, più noto col nome di Fedor. La missione non va come previsto e la navetta fallisce il primo tentativo di attracco alla ISS. Grazie ad alcune manovre di riposizionamento delle navette sulla stazione spaziale, Sojuz MS-14 riesce ad attraccare con successo qualche giorno dopo.

Anche durante l’Expedition 60 è avvenuta un’attività extraveicolare, con Hague e Morgan che hanno lavorato per installare l’adattatore che permetterà l’attracco delle navette commerciali americane con equipaggio in un altro portello del modulo Harmony.

L’arrivo della Sojuz MS-15 a fine settembre ha portato brevemente l’equipaggio della ISS a 9 membri, con l’arrivo di Oleg Skripočka, Jessica Meir e Hazza Al Mansouri, il primo astronauta emiratino. La missione storica di Al Mansouri termina poi qualche giorno dopo con il rientro sulla Sojuz MS-12 al posto di Christina Koch, dando il via all’Expedition 61. Tanto per aggiungere un altro evento storico, almeno per noi italiani, in questa Expedition Luca Parmitano assume il comando della ISS.

I membri dell’equipaggio della Expedition 60: l’astronauta Hazzaa Ali Al Mansouri degli Emirati Arabi Uniti, a sinistra, Aleksej Ovčinin di Roskosmos, al centro, e Nick Hague della NASA siedono all’esterno della Sojuz MS-12 dopo essere atterrati in una zona remota vicino alla città di Zhezkazgan, Kazakistan il 3 ottobre 2019. Hague e Ovčinin sono rientrati dopo 203 giorni nello spazio, dove hanno fatto parte dell’equipaggio delle Expedition 59 e 60 a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Al Mansouri ha accumulato 8 giorni nello spazio durante il suo primo volo. Photo Credit: (NASA / Bill Ingalls)

Anche nell’Expedition 61 sono continuate le EVA per sistemare il parco batterie della ISS, con due uscite di Koch e Morgan e, finalmente, la storica EVA tutta al femminile di Koch e Meir, avvenuta il 18 ottobre. Expedition molto impegnativa in termini di attività extraveicolari, con la serie di uscite per riparare uno degli strumenti scientifici più importanti della ISS, l’Alpha Magnetic Spectrometer AMS-02. Queste EVA hanno visto la partecipazione del nostro Luca Parmitano insieme a Andrew Morgan (15 novembre, 22 novembre e 2 dicembre).

L’anno è finito poi in bellezza per noi italiani con la conferma che Samantha Cristoforetti verrà presto assegnata a una nuova missione.

Il Commercial Crew Program

Dopo i vari ritardi degli anni precedenti, il 2019 era l’anno in cui avremmo dovuto veder tornare astronauti sulla ISS a bordo di navette americane. Così non è stato, ma non per questo non si sono visti progressi nell’ambito del Commercial Crew Program, con alti e bassi, come ci hanno abituato le aziende commerciali in questi ultimi anni.

Il primo evento dell’anno è stato il volo dimostrativo della Dragon 2 di SpaceX, a marzo. Il volo della missione DM-1 è stato un gran successo, con lo storico arrivo sulla ISS avvenuto il 3 marzo. Anche il rientro è avvenuto con successo con l’ammaraggio avvenuto qualche giorno dopo.

Dragon 2 in rampa nei primi giorni del 2019: Credit: SpaceX

Sembrava tutto in discesa per SpaceX dopo la bella missione DM-1, quando durante un test sulla capsula tornata qualche settimana prima la Dragon esplode. Alla fine vengono scoperte le cause, ma l’evento ha senz’altro ritardato il programma per l’azienda di Elon Musk. A peggiorare le cose, si è verificato anche un fallimento durante un test dei paracadute.

Per fortuna SpaceX chiude l’anno con ottimismo, con i test positivi sui motori che verranno usati durante il flight abort test della capsula il quale, se superato, aprirà la strada alla missione DM-2 con astronauti a bordo.

Anno con alti e bassi anche per Boeing, l’altra azienda coinvolta nel Commercial Crew Program con la sua capsula CST-100 Starliner. A novembre viene eseguito il pad abort test, cioè il test di fuga direttamente dalla rampa di lancio. L’accensione dei motori va a buon fine ma uno dei paracadute non si apre durante la discesa.

Il lancio di CST-100 Starliner durante la missione Boeing OFT

Proprio in chiusura dell’anno Boeing ha effettuato il primo volo dimostrativo senza equipaggio, l’OFT. Il lancio viene effettuato con successo, ma un problema al timer di bordo fa fallire la missione alla CST-100, mancando l’attracco con la stazione spaziale.

Verso la Luna: Artemis

L’anno scorso ha visto una netta accelerata, almeno sulla carta, dei programmi americani di esplorazione umana dello spazio, che da anni vedono lenti sviluppi della capsula Orion e del lanciatore super-pesante SLS. La Luna ha fatto da netta protagonista, con particolare attenzione verso lo sviluppo del Lunar Gateway, una stazione spaziale da assemblare in orbita lunare.

L’annuncio shock arriva a fine marzo da parte del vice-presidente americano, con l’obiettivo di uno sbarco sulla Luna nel 2024, quattro anni prima di quanto prevedeva il precedente programma. L’annuncio riceve il supporto di diverse aziende americane, che hanno lavorato sia su un possibile lander, sia su versioni ridotte del gateway che permettano uno sviluppo accelerato.

Un’ulteriore accelerata arriva a maggio con un budget incrementato e nuovo nome per il programma di ritorno sulla Luna: Artemis. A dimostrazione del rinnovato focus sul programma Artemis, l’amministrazione amercana sostituisce a luglio il capo dell’esplorazione umana, William Gerstenmaier, reo di non credere abbastanza nei nuovi obiettivi.

Credit: NASA

Tornando su sviluppi un po’ più concreti, il 2019 ha visto a luglio l’esecuzione del test in volo della torre di fuga di Orion, svolto con pieno successo. Buone notizie anche per ESA e il settore aerospaziale europeo, con l’annuncio che l’agenzia spaziale europea fornirà altri due moduli di servizio per Orion, oltre a quelli delle missioni Artemis 1 e 2, tra cui anche quello per la presunta missione del nuovo sbarco lunare, Artemis 3.

Nel frattempo a luglio sono stati completati la costruzione e l’assemblaggio della capsula Orion destinata alla missione Artemis 1. La capsula ha poi cominciato, verso la fine dell’anno, l’ultima serie di test ambientali prima del lancio.

Anche lo Space Launch System ha fatto dei progressi nell’anno appena passato. In particolare lo stadio centrale del razzo destinato alla missione Artemis 1 ha completato tutti i test prima dell’assemblaggio finale. Quest’ultimo è avvenuto a dicembre ed ora il core stage è pronto per la cosiddetta green run, in cui verranno attivati per la prima volta insieme tutti i sistemi dello stadio. I progressi sono però stati meno veloci di quanto auspicato, e probabilmente Artemis 1 slitterà al 2021.

Starship

Dopo i primi avvistamenti verso la fine del 2018, all’inizio del 2019 SpaceX ha completato il primo prototipo di Starship, l’astronave promessa da Elon Musk che servirà per i suoi piani di colonizzazione di Marte. Come anticipato il design sembra uscire un po’ dalle illustrazioni di fantascienza degli anni ’50 del secolo scorso. Il prototipo è stato costruito per i primi test di accensione dei motori e controllo dell’atterraggio venendo quindi battezzato Starhopper.

Già a febbraio viene completata la costruzione di Starhopper e vengono effettuati i primi test sul rinnovato motore a metano Raptor. Successivamente vengono completati alcuni test di accensione, decollo ad altezze via via crescenti e atterraggio, tutti andati a buon fine.

Il prototipo di Starship. Credit: SpaceX

Durante l’estate è progredita la costruzione di due prototipi del mezzo orbitale vero e proprio, Starship Mark 1 e Mark 2, rispettivamente presso il sito di Boca Chica, in Texas, e al Kennedy Space Center, in Florida. Nessuno dei prototipi pare fosse destinato a voli orbitali, ma semplicemente a prove strutturali e di brevi accensioni dei motori. Purtroppo, comunque, durante un test di pressurizzazione il prototipo Mark 1 subisce danni rilevanti. Nuovi prototipi sono comunque in costruzione a Boca Chica, probabilmente quelli destinati ai test nello spazio.

Compagnie private e voli suborbitali

Anche il 2019 non ha visto l’esordio dei voli commerciali suborbitali, ma potremmo essere sempre più vicini. A inizio anno, infatti, durante uno dei test suborbitali Virgin Galactic riesce a trasportare per la prima volta un passeggero, Beth Moses, la direttrice dell’addestramento astronauti della compagnia. Il fatto che la compagnia abbia traslocato le ultime fasi di test presso lo Spaceport America in New Mexico è stato interpretato come un’ulteriore conferma dell’imminente inizio delle operazioni commerciali.

Non così rosee, invece, le prospettive per Stratolaunch. Dopo la morte del fondatore Paul Allen, la compagnia sembra aver perso motivazione e il suo futuro appare piuttosto incerto. È di inizio anno, infatti, la notizia che l’azienda rinuncia allo sviluppo in proprio di lanciatori, affidandosi ai pochi razzi aviolanciati attualmente disponibili sul mercato. Il tutto ha portato qualche mese dopo a speculazioni sulla possibile chiusura dell’azienda, per fortuna ancora non concretizzata. Unica nota positiva è, ad aprile, il completamento e l’inizio dei test in volo per l’enorme aereo che dovrebbe servire per lanciare i vettori.

L’aereo madre di Stratolaunch al decollo

Procede sempre lentamente, in accordo col proprio motto gradatim ferociter l’azienda di Jeff Bezos, Blue Origin. La compagnia ha continuato i test sul terzo prototipo del New Shepard, effettuando altri tre voli a gennaio, maggio e dicembre. I lavori sul quarto prototipo, quello che dovrebbe portare astronauti nello spazio in voli suborbitali, sono quasi completati, anche se l’esordio è stato recentemente rinviato al 2020. Nel 2019 Blue origin ha inoltre continuato i lavori sui motori BE-4 destinati a lanciatori orbitali (Vulcan di ULA e il New Glenn della stessa Blue Origin) e, come già menzionato nell’ambito del programma Artemis, ha annunciato di lavorare a un lander lunare.

Tornando in casa SpaceX, oltre a Dragon, CRS e Starship, ha fatto notizia nel 2019 lo spettacolare recupero con pieno successo dei tre booster, quello centrale e i due laterali, del Falcon Heavy durante il lancio del satellite Arabsat-6A, successo non ripetuto qualche mese dopo col terzo lancio del Falcon Heavy. In quest’ultimo, però c’è da segnalare un altro evento degno di nota: il lancio di Lightsail2, della Planetary Society, che riesce a dimostrare di poter manovrare in orbita utilizzando la vela solare. Altro evento degno di nota per l’azienda di Elon Musk è il lancio della costellazione di satelliti per telecomunicazioni Starlink. Due lanci sono avvenuti nel 2019 e un altro qualche giorno fa, a inizio 2020. Con 60 satelliti immessi in orbita a ogni lancio, SpaceX è già diventato l’operatore con il maggior numero di satelliti operativi in orbita e molti altri lanci sono pianificati per quest’anno.

Un’ultima segnalazione in questa sezione spetta a RocketLab, la compagnia neozelandese/americana che sembra aver aperto un nuovo mercato di piccoli lanciatori orbitali. L’azienda ha effettuato ben sei lanci del vettore Electron nel 2019, tutti coronati da successo, ma le notizia principale è, probabilmente, che RocketLab sta lavorando a una sua versione riutilizzabile e, nell’ultimo volo, ha cominciato a testare i profili di rientro del primo stadio.

I nove motori Rutherford del primo stadio dell’Electron (Credit: Rocket Lab)

ESA e settore spaziale europeo

In ambito europeo nel 2019 si è continuato a lavorare allo sviluppo del lanciatore Ariane 6, che si avvicina sempre più al momento dell’esordio. Nel lungo termine, invece, continua lentamente la ricerca e lo sviluppo del motore ibrido SABRE, un concetto di propulsore molto innovativo che dovrebbe in futuro equipaggiare lo Skylon. È continuato anche lo sviluppo di un altro spazioplano, lo Space Rider.

Tra le notizie non proprio positive per ESA, e l’Italia in particolare (essendo il nostro paese il principale sviluppatore del razzo vettore in questione), c’è il fallimento del lancio di un Vega. Un problema al secondo stadio, infatti, ha impedito l’immissione in orbita del satellite di osservazione della Terra Falcon Eye 1.

Rimanendo in tema italiano è stato finalmente nominato il nuovo presidente dell’ASI, Giorgio Saccoccia, che quindi succede a Roberto Battiston.

Per quel che riguarda l’esplorazione robotica sono rimaste attive anche nel 2019 le missioni su Marte Trace Gas Orbiter e Mars Express e gli osservatori spaziali Gaia e SOHO. Continua inoltre il suo lento viaggio verso Mercurio BepiColombo. L’anno passato è stato comunque dedicato in gran parte ai preparativi per la missione ExoMars 2020: il rover che verrà utilizzato per la missione è stato battezzato Rosalind Franklin, ma problemi ai paracadute durante i test rendono ancora incerto il lancio che attualmente è programmato per l’estate.

Il 2019 è stato anche l’anno della ministeriale ESA che, a dicembre, ha definito i finanziamenti e le priorità per i prossimi anni.

Il programma spaziale cinese

Anno abbastanza di stallo per il programma spaziale cinese. Le notizie principali arrivano dalla missione robotica Chang’e 4, con il rover lunare Yutu 2. L’atterraggio avviene con pieno successo proprio a inizio anno, e da allora il rover e i lander sono ancora pienamente operativi nella loro missione scientifica sul lato nascosto della Luna.

Yutu 2 appena scesa dalla piattaforma di Chang’e 4. Credit: CNSA

L’intero programma, però, è stato ostaggio del ritorno al volo del lanciatore pesante Lunga Marcia 5, dopo il fallimento del 2017. Dal successo del ritorno al volo di questo vettore, poi per fortuna avvenuto all’inizio di quest’anno, dipendevano infatti le sorti della prossima missione lunare di raccolta campioni, Chang’e 5, la prossima missione marziana HuoXing-1 e la costruzione della prossima stazione spaziale modulare. Rimanendo nell’ambito delle stazioni spaziali è rientrata in atmosfera ad aprile, stavolta in modo controllato, la seconda stazione spaziale cinese, TianGong-2.

Esplorazione robotica dello spazio

Dopo una serie di anni fantastici è stato un anno un po’ amaro per l’esplorazione robotica dello spazio. Oltre alle notizie già citate delle missioni europee e cinesi, il 2019 ha visto il fallimento di ben due atterraggi sulla Luna, quello del lander israeliano Beresheet e di quello indiano Vikram (ma l’orbiter Chandrayaan-2 è invece pienamente operativo).

Ci lascia dopo 15 anni sulla superficie di Marte anche il rover Opportunity, la cui missione verrà comunque ricordata come una di quelle di maggior successo sul pianeta rosso. Rimanendo sulla superficie marziana ci sono stati problemi per lo strumento HP3 di Insight, che avrebbe dovuto scavare alcuni metri nel sottosuolo marziano e invece, fino a ora, è rimasto vittima delle incognite del suolo di Marte. Sono continuati comunque i preparativi per la prossima missione della NASA, Mars 2020, che utilizzerà anche un piccolo elicottero come dimostratore tecnologico e verrà presto ribattezzata con un nuovo nome in attesa della partenza verso Marte di quest’estate.

Sull’asteroide Ryugu la missione giapponese Hayabusa 2 ha completato lo studio del piccolo corpo celeste, raccogliendo anche due campioni di roccia e polvere e ripartendo verso la Terra a fine anno.

Statistiche e curiosità

Anche nel 2019 ci sono stati solo 3 lanci orbitali con equipaggio (uno a marzo, uno a luglio e uno a settembre). In totale 9 persone sono andate in orbita, mentre 3 hanno provato l’ebbrezza di un volo suborbitale durante i test di Virgin Galactic.

Dei 9 astronauti portati in orbita l’anno scorso, quindi, quattro sono americani, tre russi, uno italiano e uno degli Emirati Arabi Uniti. Quattro di loro erano al primo lancio spaziale (Koch, Morgan, Meir, Al Mansouri), due erano al secondo lancio (Parmitano e Hague, anche se durante il primo lancio di quest’ultimo non si è raggiunta l’orbita) e ben tre al terzo (Skvorcov, Skripočka, Ovčinin, anche se per quest’ultimo vale lo stesso discorso di Hague). L’anno appena passato ha visto ben 11 attività extraveicolari, in deciso aumento rispetto all’anno precedente (otto).

Per quel che riguarda il totale dei lanci orbitali, il 2019 ha visto una diminuzione rispetto al 2018, con 96 lanci coronati da successo contro i ben 112 dell’anno precedente. Si tratta, comunque, del terzo miglior anno dal 1990, in cui si ebbero 114 immissioni in orbita. Come per il 2018, anche il 2019 ha visto la Cina guidare la classifica dei lanci orbitali (32), seguita dagli Stati Uniti (26) e, in leggera ripresa rispetto all’anno precedente, dalla Russia (22). Stabile il numero di lanci europei (8), seguiti poi da India (6) e Giappone (2).

Maggiori dettagli e curiosità rispetto alle statistiche dei lanci spaziali del 2019 si possono trovare in questo post di Forumastronautico.it.

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