Curiosity vaga in un antico lago prosciugato su Marte
Il pianeta rosso è indubbiamente il più studiato di sempre oltre alla Terra. Vanta ben 50 anni di esplorazioni tramite sonde robotiche, tra tante missioni di successo e tanti fallimenti, visto che non è facile arrivare su Marte. Orbiter, lander e rover hanno fornito in questi anni immagini e dati scientifici precedentemente inimmaginabili, che hanno permesso di conoscere non solo l’aspetto attuale del pianeta, ma anche di risalire alla sua storia di migliaia, milioni e miliardi di anni fa.
A oggi orbitano attorno a Marte ben 6 sonde, con a disposizione i migliori strumenti che la tecnologia fornisce, consentendo di rivelare dallo spazio anche la presenza di piccolissime molecole. È il caso del Trace Gas Orbiter, che riesce a rilevare la presenza di metano nell’atmosfera fino alla concentrazione irrisoria di 0,05 parti per miliardo in volume. Però, nonostante la precisione degli strumenti in orbita, molte cose possono sfuggire da così lontano, per questo sono necessari un paio di occhi in più sulla superficie per scrutare meglio i dettagli.
Il rover Mars Science Laboratory della NASA, più informalmente conosciuto come Curiosity, è da 7 anni in giro su Marte nel cratere Gale a scrutare la superficie da vicino e da lontano, mandando sulla Terra immagini dettagliate di singoli ciottoli e affascinanti panoramiche dei dintorni della sua zona di operazione. Le informazioni fornite dal rover hanno permesso di ricostruire la storia geologica sia del cratere che del pianeta stesso fino a 4,2 miliardi di anni fa. Un grosso contributo a questa scoperta è arrivato da alcuni piccoli composti trovati sulla superficie.
Si tratta in generale di sali trovati in concentrazioni superiori a quelle attese, in particolare solfati, che potevano formarsi solo in un’era geologica caratterizzata dalla presenza di acqua poco profonda che lentamente è evaporata. Il rover ha trovato nel suolo sotto di sé una concentrazione elevata di solfato di calcio, un composto con cui hanno familiarità anche i bambini della prima elementare, che lo usano per tracciare tratti bianchi sulla lavagna nera. Curiosity ha anche scovato delle pepite di solfato di magnesio in un sottile strato di roccia, un dettaglio praticamente impossibile da rivelare dall’orbita.
Da questi nuovi indizi gli scienziati sono riusciti a elaborare una teoria consistente con i numerosi altri indizi acquisiti dal rover stesso e dalle altre sonde presenti e passate dedicate all’esplorazione di Marte. Il cratere Gale si formò circa 3,7 miliardi di anni fa a causa di un impatto con un asteroide di marcate dimensioni, lasciando una grossa depressione circolare attorno a un picco molto elevato, il monte Sharp, che raggiunge un’altezza di 5500 metri; un profilo simile a quello creato da una goccia che cade su una superficie liquida. Essendo un periodo caratterizzato da abbondante presenza di acqua allo stato liquido, questa cominciò a filtrare pian piano dal terreno, aggiungendosi alla neve che si scioglieva e all’acqua che veniva portata dai fiumi, con sabbia, ghiaia e sedimenti.
Questo processo durò per milioni di anni, permettendo l’accumulo di materiale sul fondo del lago che pietrificandosi lasciò stampata per sempre, nelle sue profondità, la storia geologica del pianeta, con ogni metro di sedimenti che racconta circa centomila anni di eventi. Quando Marte perse il suo campo magnetico, la protezione contro il vento solare cedette e l’atmosfera venne strappata via in gran parte. Con essa si perse anche la possibilità di avere l’acqua allo stato liquido in superficie. Vento e sabbia iniziarono un lento processo di erosione in prossimità del bordo del cratere, scoprendo strati di roccia che sono oggi le pagine del libro di storia planetaria che hanno aspettato miliardi di anni prima che qualcuno andasse lì a leggerle.
Curiosity è lì proprio per leggere questo libro, sta scalando lentamente il monte Sharp, osservando i vari strati di roccia, analizzandone dettagliatamente la composizione e risalendo nel tempo dalla nascita del cratere fino a periodi più recenti. I cristalli di solfato di magnesio raccontano che in quel punto l’acqua era poco profonda e che si formarono pozzanghere e stagni che con l’evaporazione aumentavano la concentrazione del sale, fino ad arrivare a un punto in cui il solfato precipitava e si accumulava come piccole macchie nelle rocce. L’acqua è rimasta a lungo infiltrata nelle rocce, sia durante il periodo umido che agli inizi del periodo arido, lasciando un ambiente in condizioni stabili per centinaia di milioni di anni. Un periodo abbastanza lungo da consentire alla vita, se mai fosse esistita, di proliferare, in condizioni di umidità, temperatura e salinità compatibili con la vita come la conosciamo sulla Terra, e con tutti gli elementi necessari a disposizione.
Curiosity continua per la sua strada, lavorando giorno e notte grazie alle sue batterie al plutonio. Le scoperte che farà in futuro aggiungeranno altri dettagli alla storia passata, e presto non sarà solo. Nel 2020 partirà alla volta di Marte il suo gemello, Mars 2020, stesso modello di rover di Curiosity ma con qualche miglioramento e qualche strumento aggiuntivo. Arriveranno rinforzi anche dall’ESA e da Roskosmos, con il rover Rosalind Franklin che atterrerà grazie al lander Kazačok. Nel futuro più lontano si prevede addirittura di riportare sulla Terra dei campioni di suolo di Marte, per poterli analizzare con strumenti più raffinati. Ogni missione contribuisce in modo sostanziale alla conoscenza del pianeta rosso e dell’evoluzione del sistema solare, aiutando a comprendere come si possano formare condizioni sostenibili per la vita al di fuori della Terra. Se un giorno potremo stabilire un insediamento umano su un altro corpo celeste, se verranno rivelate tracce di attività biologica extraterrestre e se riusciremo a sfruttare le risorse fuori della Terra, il merito non sarà solo della missione che compierà l’atto, ma di tutte le missioni precedenti che avranno costituito un singolo mattone della torre che ci permetterà di guardare lontano.
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Davvero interessante grazie ai piccoli esploratori meccanici sembra di ripercorrere dal vivo la storia geologica di Marte con ormai la certezza della presenza sul pianeta rosso di acqua ormai evaporata
Molto interessante e affascinante, ottimo articolo. Avanti tutta Curiosity!