NASA in piena tabella di marcia per il ritorno sulla Luna
Mentre si avvicinano alcune scadenze importanti riguardo alla decisione del congresso degli Stati Uniti di finanziare o meno l’accelerazione del programma Artemis, la NASA va avanti con i suoi piani e le cose sembrano procedere davvero bene: i lavori per la costruzione del Gateway lunare sono già in corso, il primo stadio della missione Artemis 1 è quasi completo e altri partner internazionali si stanno dimostrando interessati a partecipare al programma.
Dai giorni dell’annuncio del vicepresidente Pence di tornare sulla Luna entro il 2024, polemiche e commenti fin troppo entusiasti sull’argomento non sono certo mancati; da allora ne è passata di acqua sotto i ponti e la missione verso la Luna si sta lentamente delineando, anche se il futuro rimane sempre incerto, come per tutte le missioni spaziali, ma soprattutto per questa che risulta di proporzioni immani rispetto a quelle a cui siamo abituati.
Le capacità tecniche di andare sulla Luna ci sono tutte, ovviamente, anche se i recenti fallimenti indiani e israeliani tengono alzata l’asticella del rischio; la volontà politica e i finanziamenti sono messi più in discussione. Per quanto riguarda il presente anno però, la NASA ha usato parte del budget per accelerare il programma Artemis, a cui di fatto è stato dato un nome proprio nel 2019.
Per quanto concerne il Gateway lunare, avamposto fondamentale senza il quale la missione sarebbe solamente una copia del programma Apollo, la NASA ha già assegnato i contratti di produzione per i due moduli principali, PPE (Power and Propulsion Element) e HALO (Habitation and Logistic Outpost). Il PPE è stato assegnato già a maggio di quest’anno a Maxar Technologies e dovrà essere pronto per il lancio del 2022. Il fornitore non parte da zero per la progettazione e costruzione del modulo, bensì utilizza la struttura già collaudata dei satelliti della serie 1300 da modificare per le esigenze della NASA. Il modulo fornirà alla stazione spaziale lunare l’energia necessaria alle operazioni, la propulsione per le correzioni di rotta necessarie durante la vita operativa, sarà predisposto anche come stazione di rifornimento per altri moduli verso la Terra o la Luna, e sarà attrezzato anche per alloggiare dei carichi all’esterno.
Il modulo HALO è basato anch’esso su un hardware già esistente, più o meno, da riadattare alle esigenze della NASA. Costruito da Northrop Grumman Innovation System (NGIS), la stessa compagnia che fornisce il veicolo di rifornimento Cygnus per la ISS, verrà riadattato dal cargo esistente aggiungendo un compartimento ai 3 esistenti, in modo da renderlo più capiente. In realtà non c’è ancora un vero contratto in essere tra le due società per la costruzione del modulo, ma la NGIS è l’unica che lo può realizzare in tempo per lo sbarco del 2024, come ha stabilito la NASA al termine della gara relativa al NextSTEP-2. NGIS è già al lavoro e dovrà completare HALO per il 2023, quando il modulo verrà lanciato per essere aggiunto al PPE. Sarà un nodo fondamentale per il Gateway, con il sistema di distribuzione dell’energia, 4 porte di aggancio per il docking delle navette, comandi della stazione e sistema di controllo. Il Gateway minimale, con solo PPE e HALO, sarà il minimo necessario per supportare la prima missione, Artemis 1, sulla superficie della Luna.
La NASA ha accelerato anche i lavori relativi al razzo SLS, elemento fondamentale per la riuscita del programma, che dovrebbe vedere il volo inaugurale entro il 2020 per restare in tabella di marcia. A New Orleans è stata completata l’integrazione delle 5 sezioni del primo stadio, con l’aggiunta della sezione motori al resto del razzo eseguita il 19 settembre. Durante l’autunno la Boeing, la ditta appaltatrice del razzo, completerà il lavoro con l’inserimento dei 4 motori RS-25 forniti da Aerojet Rocketdyne, gli stessi che tempo fa fecero volare l’iconico Space Shuttle.
Il primo stadio è stato sottoposto con successo a test di tenuta strutturale in condizioni simili a quelle che dovrebbe affrontare nelle prime fasi del decollo, per testare la solidità del serbatoio dell’idrogeno. Le tappe sono tante e i test da superare difficili prima di arrivare al primo volo di Artemis 1, che di fatto è esso stesso un test per le future missioni con equipaggio umano. Il prossimo passo importante, la cui riuscita è fondamentale per il programma, è il Green Run Test. Si tratta di una simulazione completa di 8 minuti di tutti i sistemi contemporaneamente, che corrisponde esattamente al tempo di volo del primo stadio. È un test molto importante che verifica l’effettiva funzionalità del razzo nella sua integrità. Allo Stennis Center si stanno già esercitando presso il Test Stand B-2 con un modellino a grandezza naturale per controllare l’efficienza della struttura che dovrà sollevare e posizionare il pesante mezzo.
Si lavora anche in rampa di lancio, al pad 39B del Kennedy Space Center, quello delle grandi occasioni, costruito per il programma Apollo e utilizzato dallo Space Shuttle. Vedrà il volo inaugurale del razzo SLS con la missione Artemis 1, e anche qui i test procedono. L’ultimo si è svolto il 16 settembre, quando la rampa è stata inondata con circa 1.700.000 litri di acqua in soli 30 secondi. Al momento del lancio il razzo SLS genererà un rombo da 176 decibel e il muro d’acqua della rampa di lancio servirà a diminuire il suono alla partenza che con la sua intensità potrebbe danneggiare anche elementi in cemento.
Gli altri partner internazionali, vecchi e nuovi, non sono certo rimasti a guardare . Il Gateway sarà l’avamposto successivo a cui si dedicherà il MCS, Multilateral Coordination Board, l’ente formato dai partner della ISS. E alcuni di essi sono già all’opera. L’ESA, oltre a costruire il modulo di servizio per la capsula Orion, ha collaborato con la NASA per stabilire la rotta della nave (un’orbita di tipo NRHO, che verrà testata l’anno prossimo col precursore CAPSTONE), e sta programmando già la missione Heracles, tra Gateway e superficie della Luna, con Giappone e Canada. Quest’ultimo è già alle prese con il Canadarm 3, un braccio robotico per il Gateway simile a quello già realizzato per la ISS. I lavori per i moduli definitivi del gateway, quelli che verranno installati dopo il 2024, non sono invece ancora cominciati.
Altri partner si affacciano all’orizzonte, come l’Australia, il cui governo ha annunciato di recente di voler collaborare alla realizzazione del programma Artemis. Questa novità non fa che esaltarne l’importanza. L’Australia è una piccola nazione per quanto riguarda l’esplorazione spaziale e l’agenzia spaziale del paese può contare su un budget molto ridotto in confronto a quella statunitense: il rapporto è di circa uno a duemila, 10 milioni contro 20 miliardi. Il primo ministro ha promesso di triplicare il budget per riuscire a farsi spazio tra le altre agenzie partner. Dal canto suo, l’agenzia del nuovissimo continente può vantare una remota collaborazione con la NASA durante il programma Apollo, grazie alla stazione di tracciamento di Honeysuckle Creek, che servì ad aumentare la copertura radio per la comunicazione con l’equipaggio, a quei tempi molto limitata. Col passare degli anni la NASA ha ampliato le infrastrutture nell’isola, stabilendo anche una base per il Deep Space Network, il sistema più avanzato di comunicazione radio con lo spazio profondo; l’antenna presente a Canberra con i suoi 70 metri di diametro è una delle antenne mobili più grandi al mondo. Le tecnologie che porta in dote l’agenzia australiana riguardano principalmente la robotica, l’automazione e il controllo remoto, sviluppate per la gran parte nel settore minerario, di cui è leader nel mondo.
Sembra proprio che il programma viaggi con il vento in poppa e che la NASA si stia godendo questo momento spettacolare, nel senso letterale del termine dopo la vittoria di ben due Emmy Award e la popolarissima chiacchierata tra Brad Pitt e Nick Hague, in preparazione del nuovo film Ad Astra. Ma ci sono insidie di altro tipo da superare. La prossima data importante da non dimenticare è il primo ottobre, quando il congresso dovrebbe deliberare i finanziamenti delle varie agenzie federali per il 2020. Non c’è un accordo per ora, né per la NASA né per alcune delle altre agenzie federali, e probabilmente non si arriverà a una decisione definitiva in una sola settimana. L’agenzia spaziale si troverà in un regime di CR, Continuing Resolution, fin quando ci sarà copertura finanziaria o fin quando si troverà un accordo definitivo. L’amministratore della NASA Jim Bridenstine ha dichiarato che se il congresso non concederà gli 1,6 miliardi aggiuntivi richiesti, la data del 2024 slitterà sicuramente. I soldi non devono arrivare subito, qualche mese di tolleranza c’è, ma il budget 2020 deve essere coperto. A remare contro c’è anche la spinosa questione del direttore del dipartimento di esplorazione umana, che è stato messo alla porta a luglio e di fatto non è ancora stato trovato un vero sostituto. Un altro rischio da non sottovalutare è uno scontro tra le istituzioni politiche, come è successo l’anno scorso, che ha portato alla chiusura del governo federale per diverse settimane. Allora le attività non fondamentali della NASA vennero bloccate e circa il 90% dei dipendenti dell’agenzia rimase a casa con le mani in mano. Un evento simile non se lo augura nessuno, né la NASA, né il Congresso, il presidente o il senato, ma gli scontri politici a volte portano danni anche a chi dalla politica vuole starne fuori e preferisce guardare le stelle.
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Grazie degli aggiornamenti! Felice che proceda tutto bene. Spero che il Congresso approvi il budget per il progetto e non facciano problemi.