Cosa sono le finestre di lancio
Nel 2019 non è partita né partirà nessuna missione per Marte, ma nel 2020 saranno ben quattro le missioni a partire, e tutte nel mese di luglio. Nel 2021 di nuovo nessuna missione, come mai? Lo spazio ha una specie di orario di apertura? Lo gestisce la politica o la fisica? In realtà i razzi spaziali hanno solo un periodo di tempo prefissato per poter partire, chiamato finestra di lancio, altrimenti non potranno raggiungere il loro obiettivo. Quanto dura questa finestra? Da cosa dipende la durata? La risposta non è sempre la stessa e ci sono molti fattori da tenere in considerazione.
Missioni in orbita terrestre
Ogni destinazione nello spazio ha i suoi vincoli a Terra. Meno specifici sono gli obiettivi, meno restrizioni ci sono. Ad esempio, per la prima missione spaziale in assoluto, lo Sputnik 1, l’unico obiettivo era arrivare in orbita e non c’era nessuna restrizione a data e ora del lancio. Le missioni spaziali con un obiettivo specifico in orbita terrestre bassa, solitamente richiedono l’inserimento in un’orbita con dei parametri specifici. L’inclinazione dell’orbita e il luogo di lancio forniscono già alcune limitazioni alla finestra di lancio, che sono sia tecniche che politiche.
Prendiamo il caso della Stazione Spaziale Internazionale, verso la quale ogni anno si effettuano decine di lanci tra rifornimenti e cambio di equipaggio. La ISS si muove in orbita terrestre bassa tra 300 e 400 chilometri di quota e con un’inclinazione orbitale di 51,56 gradi.
Come primo vincolo stringente, se il carico da lanciare deve raggiungere un veicolo già in orbita, i due piani orbitali devono coincidere, altrimenti sarebbe necessaria una gran quantità di propellente per cambiare piano orbitale dopo del lancio. Dato che la Terra ruota, bisognerà aspettare il momento esatto nel quale il piano orbitale del veicolo già in quota intersechi la superficie della Terra nel luogo di lancio. Questa è sì una condizione necessaria, ma potrebbe non essere sufficiente; può accadere, infatti, che la navicella lanciata arrivi nell’orbita desiderata in un momento in cui la nave madre sia già passata da tempo o debba ancora arrivare, costringendo a sprecare carburante prezioso per colmare il divario tra i due oggetti orbitanti. La distanza angolare in un’orbita viene comunemente chiamata angolo di fase.
La finestra di lancio si riduce a un solo istante per ottenere i valori desiderati di inclinazione orbitale e angolo di fase, o detta in modo più semplice per il nostro caso, quando la Stazione Spaziale Internazionale passa sopra il complesso di lancio. In caso di lancio mancato bisognerà aspettare non meno di 24 ore prima che il piano orbitale torni in posizione favorevole, ma non è detto che lo sia anche l’angolo di fase; se il razzo lanciatore lo prevede, si può procedere a un lancio in condizioni meno favorevoli, utilizzando più carburante per correggere la rotta, altrimenti bisogna posticipare ulteriormente la data di lancio.
Alcuni luoghi di lancio hanno restrizioni maggiori rispetto ad altri, e non per questioni tecniche. Ad esempio il cosmodromo di Bajkonur, dal quale avvengo attualmente tutti i lanci con equipaggio, si trova in una posizione abbastanza sfavorevole. La sua latitudine è elevata ed è relativamente vicino alla Cina, sul territorio della quale, per motivi politici, non sarebbe opportuno che un razzo russo andasse a precipitare: per questo motivo, oltre al piano orbitale e la fase bisogna controllare anche la direzione con cui la ISS sorvola il cosmodromo. Di fatto, da Bajkonur c’è solo una direzione verso la quale si può lanciare un razzo per un rendezvous con la ISS, ed è esattamente il motivo per cui si è scelto il valore di 51,56° di inclinazione per il piano orbitale: è il valore minimo che permetteva un lancio dal cosmodromo. Un valore di inclinazione più alto avrebbe ancora permesso lanci di questo tipo ma con un carico utile disponibile minore. Questo vincolo non riduce la finestra di lancio che già di per sé è istantanea, ma riduce la frequenza con cui si ripresentano le opportunità di lancio.
Ai tempi dello Space Shuttle c’erano altre restrizioni di tipo tecnico che impedivano il lancio verso la ISS per interi mesi. L’orbiter aveva un sistema di regolazione termica funzionante tramite rollio: per evitare il surriscaldamento del lato rivolto verso il sole, girava lentamente, più o meno come si fa in un barbecue per non bruciare la carne. Mentre era ancorato alla ISS, non poteva cambiare assetto e quindi questa funzionalità veniva meno. Si doveva pertanto evitare che durante una missione STS la stazione spaziale si trovasse in un’orbita ad alto beta (abbiamo già parlato di queste orbite in occasione di un lancio recente) per evitare il surriscaldamento dei sistemi. Quindi le finestre di lancio si ripetevano quasi giornalmente per alcuni mesi mentre erano totalmente assenti per altri mesi, appunto quando la ISS si trovava in orbita ad alto beta.
Missioni sulla Luna
Oltre a tutti i vincoli sul luogo di partenza, anche la scelta di un sito di atterraggio sulla Luna, a più di 300.000 km dalla Terra, influisce in differenti modi sulla finestra di lancio dalla Terra. Questa implicazione presenta alcuni motivi piuttosto ovvi, altri meno.
Consideriamo ad esempio le missioni del programma Apollo, che hanno portato l’uomo sulla superficie della Luna. Chiaramente, il luogo di atterraggio non doveva attraversare la lunga notte lunare quando l’equipaggio avrebbe dovuto esplorare la zona, e questo già riduceva a 7 giorni al mese il periodo in cui era possibile partire. Ma ci sono molti altri fattori da tenere in considerazione.
Innanzitutto l’azimut del lancio, cioè la direzione di lancio dal Kennedy Space Center (KSC). Astronauti e ingegneri avevano bisogno di poco più di un’ora dopo il lancio per effettuare tutti i controlli prima di lasciare la Terra per dirigersi sulla Luna e necessitavano di un’orbita terrestre di parcheggio per questo scopo. Una volta calcolata l’orbita per il lancio, andava scelta l’angolazione giusta per inserirsi in tale orbita; per motivi di sicurezza, l’azimut, cioè l’angolo tra la direzione di lancio e la direzione Nord, doveva essere compreso tra 72° e 108° (verso Est, quindi, con una deviazione massima di 18°), altrimenti in caso di interruzione della missione l’equipaggio non avrebbe potuto effettuare un rientro in mare.
I vincoli tecnici lasciavano comunque un’ampia finestra di lancio di circa 2 ore e mezza ogni giorno per una settimana al mese. Per quanto era possibile, senza interferire con la missione primaria, venivano preferite finestre di lancio durante il giorno, sia per motivi di sicurezza sia per avere una copertura mediatica migliore. In caso di annullamento della missione dopo il lancio, recuperare l’equipaggio in notturna comportava un rischio maggiore; anche in caso di rientro dopo l’inserimento in orbita, all’equipaggio sarebbe stato d’aiuto avere la linea d’orizzonte ben visibile in caso di manovre manuali da eseguire velocemente. Senza considerare che uno degli obiettivi dell’intero programma Apollo era di tipo mediatico, in un contesto di guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica, e la propaganda avrebbe preso meglio piede con belle foto e filmati del decollo durante il giorno.
La tabella di seguito mostra data e ora effettive e finestre di lancio delle 9 missioni Apollo che hanno raggiunto l’orbita o la superficie della Luna (le missioni Apollo precedenti e la missione Apollo 9 sono state condotte in orbita terrestre).
Missione Apollo | Data di lancio | Ora di lancio (EST) | Inizio finestra di lancio | Fine finestra di lancio | Durata finestra di lancio | Azimut |
---|---|---|---|---|---|---|
8 | 21/12/68 | 7:51:00 | 7:50:22 | 12:31:40 | 4:41:18 | 72,124° |
10 | 18/5/69 | 12:49:00 | 12:49:00 | 17:09:00 | 4:20:00 | 72,028° |
11 | 16/7/69 | 9:32:00 | 9:32:00 | 13:54:00 | 4:22:00 | 72,058° |
12 | 14/11/69 | 11:22:00 | 11:22:00 | 14:28:00 | 3:06:00 | 72,029° |
13 | 11/4/70 | 14:13:00 | 14:13:00 | 17:36:00 | 3:23:00 | 72,043° |
14 | 31/1/71 | 16:03:02 | 15:23:00 | 19:12:00 | 3:49:00 | 75,558° |
15 | 26/7/71 | 9:34:00 | 9:34:00 | 12:11:00 | 2:37:00 | 80,088° |
16 | 16/4/72 | 12:54:00 | 12:54:00 | 16:43:00 | 3:49:00 | 72,034° |
17 | 7/12/72 | 0:33:00 | 21:53:00 (6 luglio) | 1:31:00 | 3:38:00 | 91,503° |
Da notare come solo una sia stata lanciata in notturna, l’Apollo 17, l’ultima, quando ormai le procedure era ben consolidate e la propaganda era scesa al minimo. Quasi tutte le missioni sono partite subito dopo l’apertura della finestra di lancio, alcune esattamente allo stesso secondo di apertura, segno che non c’è stato nessun problema in rampa di lancio che ha causato ritardo. La missione Apollo 14 è stata ritardata di meno di un’ora a causa delle cattive condizione meteo, ma il tempo si è schiarito quasi subito. La missione Apollo 17, invece, ha avuto un ritardo maggiore, di circa 3 ore, a causa di un problema tecnico che è stato risolto prima della chiusura della finestra di lancio di quel giorno. È importante osservare come l’angolo di azimut delle missioni partite all’inizio della finestra sia al massimo di qualche decimo sopra i 72°, proprio perché era questo il principale vincolo tecnico che stabiliva inizio e fine della finestra (Apollo 15 ha subito restrizioni della finestra di lancio a causa di altri vincoli di missione).
Un’ultima considerazione: dall’orbita di parcheggio per inserirsi in orbita di trasferimento verso la Luna (TLI, Trans-Lunar Injection) è necessario accendere i motori per qualche minuto, all’incirca quando la posizione del razzo è vicino all’antipodo della posizione della Luna nel giorno di arrivo. Senza scendere nei dettagli tecnici, una manovra di TLI effettuata sopra l’oceano Pacifico inietta la navicella Apollo in una traiettoria che arriva in prossimità della Luna a Nord rispetto al piano orbitale lunare, mentre una TLI sopra l’oceano Atlantico conduce alla Luna da Sud. La scelta dell’obiettivo della missione sulla Luna, e quindi del luogo di atterraggio, influiva sul tipo di orbita di parcheggio terrestre dove il Saturn V si doveva collocare, e quindi anche sulla finestra di lancio.
Missioni su Marte
Un caso singolare è Marte, il pianeta con il periodo sinodico rispetto alla Terra maggiore di tutti, ben 780 giorni, più di due anni. Abbiamo già approfondito il discorso su come arrivare su Marte, ma avevamo parlato solo di tipi di orbite, del rispettivo costo energetico, soprattutto ∆V, e delle manovre di inserimento in orbita e atterraggio. Non avevamo accennato su quando era possibile partire. Marte orbita attorno al Sole a una distanza di una volta e mezza quella della Terra, con un periodo orbitale doppio. La vicinanza delle due orbite fa sì che il periodo sinodico, il tempo in cui i due pianeti si ripresentano nella stessa posizione relativa, sia molto elevato.
Una finestra di lancio si riproporrà quindi ogni 780 giorni per un trasferimento di Hohmann dall’orbita della Terra all’orbita di Marte, che dura circa 200–270 giorni. Considerando in prima approssimazione le orbite dei due pianeti circolari e complanari, il centro della finestra è il giorno ideale per partire in termini di delta V, quando l’angolo che i due pianeti formano col Sole è di circa 44° e la Terra insegue Marte.
In realtà le cose sono decisamente più complicate, sia perché le orbite sono ellittiche, sia soprattutto perché non sono complanari. Per stabilire data e ora di partenza e di arrivo di una missione per Marte si traccia quello che in gergo si chiama porkchop plot, proprio perché il grafico ottenuto è formato da due grossi lobi messi vicini che richiamano la tipica forma della costoletta di maiale, a detta del JPL, la prima portata per un viaggio su Marte.
Intanto è bene notare che questo è un problema di cui si discute da ben 300 anni, addirittura prima della nascita dell’astronautica. Fu Lambert il primo a formulare un problema simile di meccanica celeste: semplificando il suo enunciato diceva che in un sistema gravitazionale centrato, come ad esempio il campo gravitazionale del Sole escludendo i pianeti, dato un punto e una data di partenza e un punto e una data di arrivo, esiste una traiettoria orbitale che congiunge i punti alle date stabilite. Passando dalla matematica all’astronautica, non è più tanto importante sapere che esiste un’orbita, quanto sapere il carburante che si consuma per attestarsi su quella traiettoria. E qui che entrano in gioco questi grafici a costoletta: il grafico, come quello qui sotto, rappresenta il costo in termini di ∆V di un viaggio Terra-Marte con partenza nell’asse delle ascisse e arrivo nell’asse delle ordinate. Il colore rappresenta il ∆V necessario partendo e arrivando alle date specificate.
Prendendo ad esempio il 2018 come finestra di lancio, l’unica sonda ad essere stata inviata è stata InSight, che aveva una finestra di lancio variabile dal 5 maggio all’8 giugno, per arrivare il 26 novembre 2018. Dal grafico evidenziato sopra, si può affermare che gli ingegneri del Jet Propulsion Lab hanno fatto proprio un bel lavoro (e non hanno bisogno che siamo noi a dirglielo). Hanno scelto una finestra di lancio molto vicina al minimo di energia richiesto per arrivare su Marte in quell’anno, minimizzando così il più possibile il carburante per arrivare a destinazione e lasciando più spazio agli strumenti scientifici. Sebbene dal grafico risulti un po’ di flessibilità sia per la data di partenza che per quella di arrivo, alcuni vincoli scientifici hanno imposto che la data di arrivo sia esattamente un giorno preciso a un orario fissato, per permettere l’atterraggio in una zona prestabilita.
La natura del grafico a due lobi ha una motivazione matematica di fondo che non approfondiremo in questo articolo. I due lobi rappresentano i due tipi di traiettoria che la sonda può tracciare, a seconda che il tracciato sia minore o maggiore di un semiellisse, chiamati rispettivamente di tipo I o di tipo II. Il punto di intersezione dei due lobi rappresenta la traiettoria che è un semiellisse preciso.
Missioni nel resto del sistema solare
Le cose si complicano ancora di più se si vuole andare più lontano. Le traiettorie utilizzate in questi casi non sono semplici manovre di Hohmann, per risparmiare energia si utilizzano uno o più pianeti per sfruttare l’effetto fionda gravitazionale e aumentare la velocità della sonda. Il che vuol dire che i pianeti intermedi, di cui si sfrutta l’energia gravitazionale, devono essere anch’essi posizionati bene rispetto la nostra traiettoria, e questo chiaramente vincola ulteriormente la finestra di lancio.
Ad esempio, alla fine degli anni 1960, più o meno in concomitanza con la missione clou del programma Apollo, la 11, la NASA verificò un allineamento particolare dei 5 pianeti esterni (Plutone era considerato un pianeta a quel tempo) che si sarebbe riproposto solo nel 2150. Pianificò allora un programma di esplorazione ambizioso, con due lanci verso Giove, Saturno e Plutone e due lanci verso Giove, Saturno, Urano e Nettuno da lanciare entro una finestra di tempo di pochi mesi nel 1977. A causa del budget il programma si ridusse a soli due lanci totali, Voyager 1 e Voyager 2, e si preferì sacrificare la visita di Plutone per permettere una deviazione verso la luna principale di Saturno, Titano, considerata prioritaria da un punto di vista scientifico rispetto al pianeta nano.
Un altro esempio di finestra di lancio unica è stato quello della sonda spaziale Rosetta, lanciata con un razzo Ariane 5 e progettata per visitare la cometa Wirtanen dopo una serie ripetuta di fionde gravitazionali, un percorso praticamente unico. Un malfunzionamento del razzo ha provocato un ritardo della missione che ne ha alterato completamente l’esito: Wirtanen non era più raggiungibile con il ∆V a disposizione e si è dovuto scegliere la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko come nuovo obiettivo.
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Molto interessante
Grazie
Molto molto interessante che coinvolge anche gli scarsamente tecnici. Da memorizzare
Articolo molto istruttivo, complimenti come sempre per la qualità di questo sito.