Dal 2020 sarà possibile utilizzare la Stazione Spaziale Internazionale a pagamento per scopi industriali, commerciali e scientifici. A comunicarlo è stata la NASA stessa, vediamo a quali condizioni e soprattutto perché si è verificata un’apertura simile.
Spolverando gli archivi, si scopre che in passato ci fu già qualche evento di monetizzazione di una stazione spaziale a cura di un ente spaziale pubblico. Era il 1997 quando il cosmonauta post-sovietico Vasilij Vasil’evič Cibliev a bordo della stazione spaziale Mir dovette interrompere la manutenzione di un generatore dell’ossigeno per girare uno spot commerciale per una multinazionale del latte israeliana. La caduta del comunismo aprì tutte le porte al mercato, sulla Terra e sullo spazio.
Un altro episodio eclatante risale agli albori dell’attuale stazione spaziale, la ISS, quando un accordo con l’agenzia spaziale russa permise al ricco imprenditore Dennis Tito di salire a bordo di una navicella Sojuz e diventare di fatto il primo turista spaziale della storia. Il magnate stette a bordo della ISS per 8 giorni e condusse attività da normale astronauta, inclusi esperimenti scientifici. A quei tempi la NASA guardò con disgusto alla scelta dell’agenzia rivale/collega, considerando inappropriato che un non professionista mettesse piede sulla Stazione Spaziale Internazionale.
Gli anni passano, le persone cambiano, i miti cadono: ad aprile del 2018 arriva per la prima volta a capo della NASA un non-scienziato, un politico per la precisione, Jim Bridenstine, portando con sé un’idea che costituisce un punto di rottura con le amministrazioni precedenti. La sua linea dirigenziale è molto aperta verso la partnership con aziende private e già da tempo la NASA aveva avviato alcuni programmi di collaborazione, come il Commercial Resupply Services o il Commercial Crew Development per l’invio di merci e persone verso la ISS tramite partner privati.
Bridenstine si spinge un po’ oltre, e ad agosto del 2018 propone per la prima volta l’inserimento della sponsorizzazione nei programmi spaziali. Ammette lui stesso di non sapere se la cosa sia effettivamente possibile e si promette di investigare per trovare soluzioni compatibili con il prestigio che la NASA riveste come agenzia spaziale leader del mondo. L’idea ha un duplice scopo: accaparrarsi un flusso di cassa nuovo per integrare il budget federale e diffondere il marchio NASA tramite prodotti di consumo per ispirare le nuove generazioni.
Venerdì scorso l’agenzia federale ha annunciato tramite il proprio sito l’apertura della ISS a nuove possibilità commerciali e all’utilizzo da parte di astronauti privati. È un po’ una semi-apertura, non un’apertura totale verso le attività commerciali, infatti le restrizioni sono molto severe. Prima di tutto, non tutte le attività commerciali possono essere effettuate, non si torna al latte israeliano. Le attività permesse devono avere una correlazione con le missioni NASA o richiedere necessariamente un ambiente di microgravità per essere eseguite o ancora essere un precursore dello sviluppo dell’economia in orbita terrestre bassa.
Inoltre, non devono essere invasive: non possono richiedere la collaborazione di altri astronauti per più di 90 ore, non devono portare a bordo più di 175 kg di materiale, che ovviamente è soggetto anche a molti altri criteri di sicurezza. Gli astronauti privati non possono soggiornare per più di 30 giorni e non si possono accettare clienti per più di due volte l’anno. La NASA mette a disposizione anche una porta di attracco, nel caso un’azienda privata volesse inviare un proprio modulo da agganciare alla ISS, sempre seguendo i rigidi protocolli di sicurezza richiesti per questo tipo di operazioni.
I costi sono in linea con le normali attività spaziali, dell’ordine di qualche milione di dollari per quanto riguarda il lancio e dell’ordine di qualche decina di migliaia di dollari al giorno per quanto riguarda la permanenza a bordo e l’uso di risorse della stazione: aria, acqua, energia, collegamenti verso la Terra, servizi igienici, ecc.
Insomma, non alla portata di un comune cittadino, ma sicuramente un prezzo abbordabile per una multinazionale di medie dimensioni. L’annuncio della NASA fa gola a molte aziende che da anni investono per essere in prima fila quando la space economy esploderà. Non ha tardato ad arrivare, ad esempio, il tweet di Bigelow Aerospace che si dichiara già pronta a mandare un modulo gonfiabile da attaccare alla ISS, capace di ospitare ben 16 persone.