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ULA userà componenti del nuovo Vulcan sugli Atlas V

Tutte le componenti del Vulcan. Photo: ULA

Tutte le componenti del Vulcan. Photo: ULA

La United Launch Alliance, la società formata da Boeing e Lockheed-Martin per la commercializzazione dei lanci Delta e Atlas, ha dichiarato di voler utilizzare alcuni componenti del suo futuro vettore Vulcan sui prossimi lanci degli Atlas 5 previsti per quest’anno. L’intenzione è quella di sfruttare e, in un certo senso, passare al nuovo vettore, il cui primo lancio è previsto per il 2021, tutta l’eredità di affidabilità e sicurezza che il predecessore si è guadagnato sul campo.

Attualmente infatti il razzo di ULA (prodotto inizialmente da Lockheed-Martin ma confluito nella nuova società) ha un registro di volo di tutto rispetto e “battuto” solo dall’europeo Ariane 5 per quanto riguarda il numero di lanci consecutivi coronati da successo: ben 79 missioni portate a termine consecutivamente a partire dal debutto il 21 agosto 2002 e ferme attualmente all’ultima missione del 17 ottobre 2018. Il vettore europeo può vantarne 89 fino all’ultimo lancio del 5 febbraio 2019. Entrambi i vettori devono comunque mettere delle postille poiché per lo statunitense c’è da segnalare la decima missione del 15 giugno 2007 in cui l’orbita raggiunta era più bassa del previsto ma il cliente (il National Reconnaissance Office) ha potuto comunque utilizzare il satellite. Mentre per il suo “rivale” europeo va segnalata la missione del 25 gennaio 2018 in cui si sono persi i segnali con lo stadio superiore ma i satelliti sono stati comunque rilasciati in automatico, seppure in un’orbita diversa. Anche in questo caso i clienti (NASA e la compagnia di telecomunicazioni di Abu Dhabi AlYahsat) sono riusciti a utilizzare comunque i carichi inviati nello spazio.

Pur con questa postilla, dalla sua il razzo Atlas V ha la possibilità di contare solo missioni portate a compimento senza nessun fallimento, mentre Ariane 5 deve scontare il fallimento della missione V-157 dell’11 dicembre 2002 quando il razzo è stato auto-distrutto dal sistema di sicurezza a causa di un malfunzionamento di un motore del primo stadio. ULA ha sempre puntato molto sulla totale affidabilità del vettore, soprattutto quando si è trattato di competere per lanci governativi statunitensi, ma usava questo fattore per sgomitare parecchio anche nel mercato commerciale, in competizione con il rivale europeo e, ultimamente, con SpaceX.

La situazione sarà radicalmente diversa con l’avvento del nuovo vettore, che potrà sì competere con i nuovi concorrenti dal punto di vista economico, ma si troverà con una storia di lanci azzerata e senza le “stellette” che può vantare il vecchio Atlas V. Lo dimostrano le parole di Marco Caceres, un analista della Teal Group, azienda specializzata nell’analisi del mercato di lanci e più in generale di quello delle forniture aerospaziali.

Il successore (il Vulcan, ndr) dovrà essere affidabile quanto il precedente, l’Atlas V. E dovrà essere economico, perché altrimenti non potrà realmente competere a livello commerciale contro SpaceX.

Con queste premesse e queste analisi di terze parti si capisce bene perché ULA sia piuttosto restia a mettere da parte la grossa eredità di “affidabilità” del suo vecchio vettore, che ricordiamo andrà in pensione non solo per questioni economiche, ma anche a causa dell’uso di motori di produzione russa non più utilizzabili in ambito USA. Non sorprende quindi che stia cercando di travasare questa eredità sul nuovo vettore. Infatti Tiphaine Louradour, presidente alle vendite globali per i lanci dell’azienda, in una recente intervista ha dichiarato:

Stiamo costruendo questo lanciatore basandoci sulla nostra esperienza con i razzi Atlas e Delta. Per quanto possibile stiamo riducendo i rischi della nuova generazione di lanciatori.

La prima mossa era stata già messa in cantiere durante la progettazione del nuovo razzo, quando si era pianificato di utilizzare le stesse rampe di lancio e infrastrutture a terra, ma non solo. Il Vulcan userà lo stesso stadio superiore, Centaur, del suo predecessore ma ovviamente adattato e migliorato con serbatoi di combustibile maggiorati e spinto da una variante del motore RL10 della Aerojet Rocketdyne. Questo stratagemma porterà sicuramente l’azienda a ricordare già al primo lancio la lunga serie di successi di questo stadio e rimarcare l’affidabilità del servizio offerto.

Ottobre 2018: arrivo a Cape Canaveral del secondo del stadio Centaur con due motori che sarà parte del vettore Atlas V di ULA destinato al primo volo senza equipaggio della capsula CTS -100 Staliner. Credit: NASA

L’altra mossa messa in campo da ULA sarà quella di utilizzare dei componenti del Vulcan già sui prossimi lanci degli Atlas V in una sorta di “continuità” di operazioni fra i due vettori, quasi a voler dire che si tratta di una semplice evoluzione e non di un progetto completamente nuovo con nessun lancio alle spalle. Anche questa mossa è stata studiata già in fase di progettazione del nuovo razzo quando nel 2015 venne scelta l’allora Orbital ATK, confluita oggi nella Northrop Grumman Innovation System, per la fornitura dei razzi ausiliari solidi GEM-63XL per il Vulcan. Contestualmente venne presa la decisione di cambiare anche i razzi ausiliari solidi dell’Atlas V, dismettendo quelli forniti dalla Aerojet Rocketdyne e passando agli stessi GEM-63, una versione leggermente più corta (2 metri) rispetto a quelli previsti per il nuovo razzo.

Il primo volo del vecchio vettore di ULA con i nuovi razzi ausiliari era previsto per luglio 2019 nella missione STP-3 ma, come ha chiarito la portavoce di Northrop Grumman Kay Anderson, i risultati di un test di accensione svoltosi a settembre 2018 hanno messo in luce che le prestazioni del razzo trarrebbero grande vantaggio dai miglioramenti all’ugello studiati dal produttore e quindi si è deciso di implementarli subito, questo però ha comportato un rinvio del loro primo utilizzo sull’Atlas V al 2020.

I razzi ausiliari non sono l’unica tecnologia che l’azienda intende trasferire sul nuovo lanciatore e così il primo componente del Vulcan a “debuttare” già sul predecessore saranno le 2 metà della copertura del carico. Componente spesso sottovalutato perché ritenuto poco tecnologico, ultimamente ha fatto notizia per i tentativi di SpaceX di recupero e riutilizzo con conseguente risparmio di svariati milioni, a tanto infatti ammonta il costo di queste protezioni. Quelle utilizzate da ULA sono fornite, come per altri molti attori del mercato lanciatori, dalla svizzera Ruag e sono realizzate in materiali compositi che garantiscono le consuete caratteristiche di robustezza e leggerezza necessarie a proteggere il carico dall’attrito dell’aria durante l’attraversamento degli strati più densi dell’atmosfera terrestre.

Il magazzino di assemblaggio finale di Ruag in Svizzera Credits: Ruag

La nuova copertura sarà realizzata con un processo denominato “out-of-autoclave”, letteralmente “fuori dall’autoclave”. Normalmente la fibra di carbonio dopo essere stata “tessuta” e stesa sul supporto che le darà la forma, viene immersa in una matrice resinosa che necessita di un passaggio in autoclave dove grazie alle temperature e alle pressioni generate avviene la polimerizzazione dei componenti che poi manterrà in posizione le fibre di carbonio vere e proprie. Ovviamente si tratta di un processo delicato, piuttosto laborioso e lungo che necessita di autoclavi sufficientemente grandi per contenere i vari pezzi. Nel caso delle coperture questo comportava necessariamente dei costi elevati (dovuti alla strumentazione ma anche alle ore di lavorazione) e il dover spezzare l’ogiva in vari pezzi con conseguente aumento dei pesi.

Il nuovo tipo di lavorazione proposto dall’azienda svizzera in collaborazione con ULA (lo stabilimento di produzione è in realtà negli Stati Uniti, a Decatur, accanto agli impianti di produzione della stessa ULA) non prevede il passaggio in autoclave, verranno quindi ridotti i tempi di produzione e non ci sarà la necessità di utilizzare queste strutture. Nello stesso tempo ogni metà copertura verrà prodotta in un unico pezzo, riducendone il peso, cosa che non può che essere gradita da un razzo. Ovviamente ci sarà anche un abbattimento dei costi di produzione che andrà a riflettersi sui costi di lancio del nuovo Vulcan.

Ritornando alle strategie di marketing della ULA, queste risultano abbastanza chiare nelle parole della Louradour, che durante l’intervista ha affermato che l’esperienza che l’azienda ha accumulato nel far evolvere la famiglia Atlas negli anni ’90 del secolo scorso, fino all’attuale Atlas V, dovrebbe dare ai clienti la certezza che l’azienda può fare la stessa operazione nel trasferire l’affidabilità da un lanciatore all’altro, aggiungendo alla fine:

Sappiamo che è difficile, ma sappiamo come farlo e penso che sia qualcosa che ci metterà in una posizione di favore nei primi anni 2020.

Il primo volo del nuovo vettore Vulcan è previsto per il 2021, seguito dal secondo dopo due o tre mesi. Questa strategia della ULA è volta alla ricerca di clienti commerciali per i primi voli. Va ricordato infatti che le regole dell’aviazione militare degli Stati Uniti (USAF) per partecipare ai bandi di assegnazione dei contratti di lancio per le proprie missioni, che sono l’attuale principale mercato degli Atlas e di ULA, prevede che il candidato abbia portato a termine con pieno successo almeno due lanci orbitali.

Fonte: ULA

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