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ExoMars TGO, presentati i primi risultati

L’inaspettata scarsità di metano, l’impatto della grande tempesta di sabbia dello scorso anno, la distribuzione del vapore acqueo e della polvere presenti in atmosfera e la mappatura dell’acqua sotto la superficie, sono i principali risultati del primo anno di operatività della sonda TGO in orbita intorno a Marte.

Con una conferenza tenutasi lo scorso 10 aprile presso la European Geosciences Union a Vienna, due articoli pubblicati sulla rivista Nature e uno studio presentato all’Accademia delle Scienze russa, sono stati resi noti i primi studi derivanti dai dati che la sonda Trace Gas Orbiter (TGO) ha raccolto a partire dall’aprile 2018.

La missione ExoMars, nata dalla collaborazione tra ESA e Roscosmos e partita nel marzo 2016 dal cosmodromo di Bajkonur in Kazakistan, si componeva della sonda orbitale TGO e del lander Schiaparelli Entry Descent and Landing Demonstrator Module (EDM). Dopo 8 mesi di viaggio, Schiaparelli si separò dalla sonda madre TGO ed iniziò la discesa controllata verso la superficie. Purtroppo un errore nel software di controllo fece spegnere in anticipo i motori di frenata, condannando il lander a schiantarsi al suolo a una velocità di oltre 500 km/h.

Contemporaneamente la sonda TGO si inserì correttamente in un’orbita fortemente ellittica intorno a Marte e impiegò più di un anno, sfruttando a ogni passaggio il flebile attrito dell’alta atmosfera, per circolarizzare l’orbita a 400 km di altezza e verso la fine dell’aprile 2018 iniziare la missione scientifica.

La grande tempesta di polvere ed il vapore acqueo

Nel giugno seguente Marte fu avvolto da una tempesta di polvere globale, un evento molto raro e un’opportunità unica, purtroppo fatale al rover Opportunity di NASA, per monitorare gli effetti dell’aumento della polvere sul vapore acqueo atmosferico.
Sfruttando la parziale occultazione del sole da parte delle polveri, i due spettrometri di bordo, NOMAD (Nadir and Occultation for Mars Discovery) ed ACS (Atmospheric Chemistry Suite), hanno ottenuto le prime misurazione ad alta risoluzione della composizione chimica dell’atmosfera marziana. «La misura del profilo verticale dell’acqua in condizioni di tempesta di polvere globale ha permesso di determinare gli effetti del riscaldamento atmosferico sulla distribuzione del vapore acqueo», spiega Giancarlo Bellucci, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) che collabora allo studio.
«In condizioni normali, infatti, il vapore acqueo condensa sotto i 40 km. A causa della tempesta globale, invece, l’atmosfera si riscalda e il vapore acqueo può migrare a quote più elevate. Questo meccanismo era previsto dai modelli di circolazione atmosferica ma questa è la prima volta che viene osservato. La sonda TGO, inoltre, ha anche misurato per la prima volta la distribuzione verticale di un isotopo dell’acqua, importante per la comprensione della storia dell’acqua su Marte».

L’acqua semi-pesante, in cui uno dei due atomi di idrogeno viene sostituito da un atomo di deuterio (idrogeno con un neutrone in più nel nucleo), è stata rilevata fino ad 80 km di altitudine, indicando quindi come alcuni atomi di idrogeno, in particolari condizioni, possano liberarsi nello spazio.

Il mistero del metano

Tenendo fede al nome della sonda, Trace Gas Orbiter, tra aprile e agosto 2018 gli spettrometri NOMAD ed ACS hanno dettagliatamente misurato le concentrazioni dei gas rari nell’atmosfera marziana, la cui somma totale non supera l’1% in volume.
Di particolare interesse è la ricerca del metano in quanto, oltre ad indicare alcuni processi geologici, può essere un sottoprodotto dei cicli vitali.
Sulla Terra la concentrazione del metano atmosferico è pari a 1800 parti per miliardo in volume (ppbv), di cui il 95% deriva da processi biologici. Il 5% restante è stato prodotto milioni o miliardi di anni fa, rimasto intrappolato nel sottosuolo e liberato da eventi geologici. Dato che il metano, distrutto dalla radiazione solare, ha una vita di poche centinaia di anni, la sua presenza è indice di processi relativamente recenti.

Le ricerche passate del metano marziano hanno dato risultati controversi, in cui la presenza è risultata sporadica e molto variabile nel luogo di misurazione e nel tempo, forse anche a causa della sensibilità degli strumenti utilizzati.

Storico delle misurazioni del metano nell’atmosfera di Marte

Utilizzando i telescopi terrestri sono stati misurati fino a 45 ppbv, il rover Curiosity di NASA ha riportato valori compresi tra 0,2 e 0,7 ppbv, mentre la sonda europea Mars Express in orbita attorno al pianeta ha misurato valori fino a 10 ppbv.

I nuovi risultati forniti da TGO, i più accurati e globali mai ottenuti, indicano un limite superiore di 0,05 ppbv, quindi fino a 100 volte inferiore ai valori registrati in passato. Tale valore corrisponde a 500 tonnellate di metano disperse nella globalità dell’atmosfera ed emesse in un massimo di 300 anni, quindi un valore estremamente basso.

«Il metano su Marte sembra apparire e scomparire velocemente» continua Giancarlo Bellucci, «suggerendo la presenza di un meccanismo di distruzione in grado di rimuovere efficientemente tale gas dall’atmosfera. Diversi meccanismi sono già stati proposti e alcuni di questi sembrano essere in grado di spiegare le variazioni spazio-temporali osservate. Tuttavia, si tratta ancora di risultati preliminari di simulazioni o di esperimenti eseguiti in laboratorio su campioni limitati, la cui validità e importanza statistica dovrà essere dimostrata da ulteriori studi».

«Il metano potrebbe essere prodotto all’interno del pianeta e la sua migrazione e fuoruscita nell’atmosfera potrebbe avvenire solo in certe zone, geologicamente idonee, specialmente dove esistono faglie e fratture nelle rocce», chiarisce Giuseppe Etiope, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). «Abbiamo già verificato in studi precedenti che, come sulla Terra, questa fuoriuscita di gas dalle rocce può essere episodica e saltuaria. Questo spiegherebbe in parte le variazioni di metano rilevate finora. Rimane però l’ipotesi del meccanismo di rimozione rapida del gas dall’atmosfera: questo è l’aspetto da scoprire nel prossimo futuro. Comunque la sonda TGO non rileva metano in concentrazioni al di sotto di 0,05 ppbv. Con questo limite è ancora possibile avere emissioni locali di metano, simili ad alcune osservate sulla Terra, che una volta diluite nell’atmosfera marziana darebbero luogo a una bassa concentrazione di fondo. Il metano potrebbe dunque essere rilevato solo in prossimità della zona di emissione e in un periodo non troppo lontano dall’evento di rilascio».

Mappatura dell’acqua sub superficiale

Se la presenza del metano rimane ancora incerta, il fatto che in passato Marte abbia avuto acqua liquida in superficie è ormai assodato e, seppur sotto forma di ghiaccio o minerali idrati, in parte è ancora presente. Lo studio e la mappatura dei depositi d’acqua è di primaria importanza, soprattutto perché dove c’è acqua ci potrebbero essere forme di vita.

Per questo motivo la sonda TGO è equipaggiata con lo strumento FREND ( Fine Resolution Epithermal Neutron Detector) un rilevatore di neutroni per la mappatura degli atomi di idrogeno, con capacità di penetrare fino a un metro sotto la superficie. L’idrogeno è un indicatore diretto della presenza di acqua e può inoltre indicare depositi di minerali formatisi in presenza di essa.

La mappatura parziale dei depositi di acqua. Il minimo è rappresentato dal rosso ed il massimo dal blu.

Per poter produrre risultati al massimo della propria capacità FREND dovrà lavorare per almeno un anno marziano (due anni terrestri), quindi la mappa presentata a Vienna rappresenta solo un primo parziale risultato, comunque di risoluzione superiore alle precedenti misurazioni.

«In soli 131 giorni di operatività FREND ha già prodotto una mappatura notevolmente superiore rispetto ai 16 anni di lavoro del suo predecessore installato sulla sonda Mars Odyssey della NASA», afferma Igor Mitrofanov, principal investigator di FREND presso l’Accademia delle Scienze di Mosca. «I dati stanno continuamente arrivando e arricchendo la mappatura, i risultati ottenuti alla fine saranno il nuovo punto di riferimento per quanto riguarda i depositi di acqua superficiale ed appena sotto la superficie. Questo sarà di grande importanza per capire cosa è successo nell’evoluzione del pianeta e naturalmente di cruciale importanza per le future esplorazioni».A parte le due regioni polari, ovviamente molto ricche di acqua, la mappatura di TGO sta evidenziando in dettaglio dei depositi presenti in regioni notoriamente secche, quali per esempio quelle equatoriali.

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Fonte e foto credit: ESA e Media INAF

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