Pieno successo per la EVA 53 di Hague e Koch
Anche se non è stata, come inizialmente programmato, la prima storica spacewalk tutta al femminile, la EVA 53 si è conclusa senza problemi, consentendo un nuovo passo avanti nella laboriosa sostituzione delle batterie della ISS.
Un problema di “taglie”
Nell’intenso programma di attività extraveicolari previste dopo l’arrivo della crew della Sojuz MS-12, la EVA del 29 marzo avrebbe dovuto impegnare Anne McClain e Christina Koch. La loro sarebbe stata la prima passeggiata spaziale compiuta da sole donne e, in questo periodo non troppo ricco di primati dell’era spaziale, NASA aveva dato all’evento una certa risonanza, salvo poi annunciare, quattro giorni prima, che Anne sarebbe stata sostituita dal collega Hague per un problema “legato in parte alla disponibilità di tute spaziali sulla stazione”.
Le EMU (Extravehicular Mobility Unit) utilizzate dalla NASA sulla Stazione Spaziale Internazionale sono ancora le storiche tute realizzate per il programma Shuttle, costituite, oltre che dal PLSS (lo “zaino” che ospita le riserve di ossigeno e tutti i sistemi di supporto alla vita), da tre parti principali: un torso rigido, da cui fuoriescono le braccia, il casco e una parte inferiore che contiene il bacino e le gambe. Tutti i pezzi sono realizzati in differenti dimensioni, per meglio adattarsi alle caratteristiche fisiche degli astronauti, ma comporli e configurarli perché possano essere utilizzati nello spazio richiede un certo lavoro.
Ecco perché in occasione delle tre spacewalk previste a breve distanza tra il 22 marzo e l’8 aprile, con protagonisti Nick Hague, Anne McClain, Christina Koch e David Saint-Jacques, i mission manager, avevano previsto l’impiego di due sole configurazioni, una con torso large e una di “taglia” medium. Quest’ultima sarebbe stata indossata da Christina e David, per i quali era prevista una sola passeggiata. Nick avrebbe utilizzato la large in entrambe le sue uscite, mentre per Anne sarebbero state disponibili la medium nella sua prima EVA e la large nella seconda (ossia quella del 29 marzo). Durante il suo addestramento presso il Neutral Buoyancy Laboratory di Houston aveva già avuto modo di provarle entrambe, senza particolari problemi.
Altra cosa però è utilizzare una tuta in piscina, ma sempre sotto gli effetti della normale gravità terrestre, un’altra è indossarla in assenza di peso. La McClain, nel corso dell’EVA 52, in cui è uscita insieme a Nick Hague, si è resa conto che la EMU con il torso di taglia media era quella più adeguata a lei per il lavoro nello spazio e che si sarebbe trovata in difficoltà con quella più grande.
Una rapida consultazione con i colleghi e con il controllo missione a terra ha permesso di individuare la soluzione più adeguata al problema: uno scambio delle assegnazioni per le spacewalk 53 e 54; Hague ha preso perciò, al fianco della Koch, il posto di McClain che l’8 aprile parteciperà alla EVA 54 con Saint-Jacques. Sulla ISS è presente infatti un altro torso medium, utilizzando il quale sarebbe stato possibile mantenere gli abbinamenti previsti inizialmente, ma il tempo di lavoro per preparare la nuova configurazione – stimato in 12 ore – avrebbe avuto un costo troppo alto, se si pensa che il valore di un minuto di attività di un astronauta sulla ISS è di circa 20.000 euro.
Il solo prezzo che NASA ha dovuto pagare in questa vicenda è stato in termini di immagine, dal momento che la notizia della prima EVA di sole donne aveva avuto una certa eco sui media e suscitato interesse nel pubblico. Dopo l’annuncio del cambio di programma, le vivaci reazioni sui social hanno indotto l’agenzia spaziale USA ad intervenire per precisare che le assegnazioni dei compiti agli astronauti vengono fatte sulla base delle loro competenze e non del loro sesso, che la dotazione delle tute degli astronauti non è affatto carente e che la soluzione adottata per far fronte al problema era quella più veloce e sicura.
La stessa McClain ha sottolineato in un tweet che i mission manager avevano agito tenendo conto di una sua valutazione.
EVA 53: ancora al lavoro sulle batterie
Alle 12.42 del 29 marzo (ora italiana) la EVA 53 di Hague e Koch è iniziata ufficialmente con l’attivazione delle batterie delle rispettive EMU. Nick, che portava le fasce rosse di EV-1, indossava quella contraddistinta dal numero di serie 3006, mentre quella di Christina, EV-2, era la EMU 3008.
Per i due astronauti, entrambi al loro primo volo, si trattava di una delle loro prime esperienze fuori dalla ISS (la primissima per la Koch, la seconda per Hague) ma, sulle loro spalle, i due rispettivi PLSS, rappresentavano un pezzo di storia dell’astronautica, essendo stati utilizzati in più di 40 spacewalk (per l’esattezza 45 per il 1006 e 41 per il 1008, compresa la EVA 53); nella sua versione originale il PLSS 1006 era a bordo del Columbia in occasione della seconda missione Shuttle nel novembre del 1981.
Obiettivo principale della EVA 53 era provvedere alla installazione di un nuovo set di tre batterie agli ioni di litio (Li-Ion), al posto delle precedenti sei al nichel-idrogeno (Ni-H2), collocate in un’area denominata Integrated Electronics Assemblies (IEA), in corrispondenza della sezione P4 del truss, il traliccio che sostiene le otto coppie di pannelli solari della stazione.
P4 si trova alla base delle due coppie più interne di pannelli solari, sul lato sinistro della stazione (“P” sta per “port”, ossia “babordo”), la stessa zona ove, sul lato opposto, avevano lavorato Hague e McClain una settimana prima. Nel corso dell’EVA 52 sono state installate le batterie che alimentano il canale 4A, mentre durante la spacewalk del 29 marzo l’oggetto delle operazioni erano quelle del canale 2A.
Se gli astronauti avessero effettivamente dovuto rimuovere le vecchie batterie, una per una, e sostituirle con le nuove, due spacewalk non sarebbero state sufficienti; in realtà gran parte del lavoro era già stato effettuato roboticamente. Tra il 26 e il 27 marzo i tecnici di terra, utilizzando il manipolatore Dextre, hanno provveduto a smontare cinque delle sei vecchie batterie e a rimontare tutte e tre le nuove, arrivate lo scorso settembre a bordo del cargo giapponese HTV-7. A EV-1 ed EV-2 spettava soltanto il compito di posizionare le piastre che dovevano occupare lo spazio lasciato libero da tre batterie non più necessarie e di effettuare le connessioni elettriche.
All’interno delle nuove batterie agli ioni di litio non sono più presenti i contenitori pressurizzati per l’idrogeno gassoso che si trovano nelle vecchie e sono perciò più leggere e meno ingombranti. Nei fatti, una batteria Li-Ion sostituisce due Ni-H2. Dal momento però che per, ciascun canale di potenza, le sei vecchie batterie sono collegate a coppie, in serie, non è possibile, all’atto dell’aggiornamento, lasciare vuoti gli slot liberati dalle tre non più necessarie.
Di qui l’esigenza di adattatori (Adapter Plate o AP), delle piastre del peso di 37 kg che danno la possibilità di chiudere il circuito di ciascuna vecchia coppia, ma anche di ospitare, scollegate e inattive, le batterie rimosse che non possono essere diversamente smaltite attraverso il cargo che ha portato i rimpiazzi sulla stazione spaziale.
Hague e Koch hanno iniziato la loro EVA recuperando due piastre AP dall’Exposed Pallet, la piattaforma per il carico non pressurizzato del cargo HTV-7. Il veicolo giapponese, chiamato anche Kounotori-7, è rientrato distruttivamente in atmosfera a conclusione della sua missione nel novembre 2018, ma il “pallet” con le nuove batterie sulla ISS era stato rimosso e collocato su un punto di appoggio temporaneo sul truss, la Mobile Base System Payload ORU Accommodation (MBS POA).
I due adattatori sono stati installati negli slot lasciati liberi dall’attività robotica, il 6 e il 4, e l’operazione è stata ultimata con il collegamento dei rispettivi cablaggi. In seguito Nick, con l’aiuto di Christina, ha rimosso l’unica batteria Ni-H2 ancora in sede dallo slot 2 e l’ha fissata sulla piastra appena inserita nella posizione 4, liberando lo spazio per un terzo AP. A circa 3 ore e mezza dall’uscita da Quest, i due spacewalker hanno perciò fatto ritorno all’Exposed Pallet per prendere l’ultima piastra che hanno poi inserito nello slot 2 e collegato.
Con questa operazione si chiudeva la parte principale dell’EVA, lasciando ad Hague e Koch il tempo per completare altri compiti secondari.
A Nick veniva chiesto di scollegare una delle nuove batterie installate il 22 marzo sull’altro lato del P4, precisamente quella che occupa lo slot 3, e di allentarne i bulloni. Nei giorni scorsi i tecnici non sono riusciti ad attivarne il caricamento e non è chiaro se il problema dipenda da un guasto della batteria stessa o dell’elettronica che la controlla. Dopo la fine della EVA 53 si provvederà a ripristinare attraverso il braccio robotico le due vecchie batterie e a sottoporre ad esame i due pezzi sospetti. Non è escluso che la batteria o il controller vengano fatti rientrare successivamente a terra, a bordo di una capsula Dragon.
I due astronauti si recavano infine sul segmento P6 per collocare dei corrimano (gap spanner) in vista dell’installazione delle nuove batterie in quella zona. Questa ulteriore sostituzione è prevista per l’ottobre prossimo, dopo l’arrivo di un nuovo cargo giapponese (l’HTV è l’unico veicolo utilizzato per trasportare le batterie). A differenza di quanto avvenuto in questi giorni per le batterie in P4 e nel 2017 per quelle collocate in S4 (“S” sta per “starboard”, ossia “dritta”, cioè “destra”), il lavoro di sostituzione sui dispositivi che servono i pannelli solari più esterni (situati in P6 e S6) non potrà avvenire attraverso il braccio robotico e quindi richiederà più tempo e più spacewalk.
Terminati i loro compiti aggiuntivi Nick e Christina facevano ritorno all’airlock. La EVA 53, la spacewalk numero 215 nella storia della stazione spaziale, si concludeva dopo 6 ore e 45 minuti.
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