A poco più di un anno dal lancio della seconda parte della missione ExoMars, a cura di ESA e Roskosmos, proseguono ferrati i preparativi sul rover, recentemente battezzato Rosalind Franklin.
Il 21 marzo è arrivata in Italia la piattaforma di atterraggio (lander), partita dalla Russia con un aereo Antonov. Nella sede di Torino della Thales Alenia Space verranno assemblati molti degli altri componenti in un ambiente sterile, per evitare una possibile contaminazione del suolo marziano con batteri terrestri, e verrà eseguita una serie di test per circa un anno, prima di andare a Bajkonur per il lancio a luglio del 2020.
La piattaforma di atterraggio è un pianale su cui poggerà il rover quando arriverà sulla superficie di Marte, e da lì scenderà lungo uno scivolo per proseguire l’esplorazione del pianeta. Nel corso degli anni si sono sviluppate diverse architetture di lander per i rover di Marte. Il primo rover ad esplorare la superficie fu Sojourner nel 1997, usando una piattaforma di tipo attivo che conteneva molte componenti elettroniche e scientifiche, tra cui il sistema di comunicazione radio verso l’orbiter, fotocamere e sensori atmosferici. Con i due rover gemelli successivi, Spirit e Opportunity, atterrati nel 2004, si passò a un lander di tipo passivo, trasferendo tutta la strumentazione a bordo dei rover, che ovviamente erano più pesanti. Curiosity, invece, fu l’unico rover arrivato su Marte a non aver usato affatto un lander, ma si posò dolcemente sulla superficie nel 2012 con l’aiuto di uno sky crane.
Con Rosalind Franklin si torna dopo più di 20 anni all’uso di una piattaforma di atterraggio di tipo attivo, con un sistema di alimentazione a energia solare e 16 strumenti scientifici per il monitoraggio dell’atmosfera, delle radiazioni, della temperatura del suolo e dei terremoti. Il lander, dato il suo ruolo primario per la missione, ha ricevuto anche un nome dall’agenzia spaziale russa: si chiamerà Kazačok, come il ballo folcloristico di origine ucraina.