Dal nostro inviato a Houston
Dopo 11 giorni di missione per un totale di 241 ore, 151 orbite ed aver completato i principali obbiettivi, oggi l’equipaggio dell’Apollo 9 è rientrato a Terra con un perfetto spashdown nell’Oceano Atlantico.
La fase di rientro era iniziata qualche ora prima con l’accensione del propulsore SPS, in senso opposto alla direzione del moto, per la frenata che ha costretto la navicella a ricadere in maniera controllata in atmosfera. Degno di nota il fatto che, grazie all’ultima accensione effettuata ieri, l’Apollo 9 si trovava in un’orbita ellittica che gli avrebbe permesso di rientrare anche nel caso di guasto all’SPS, solamente frenando con i piccoli propulsori per il controllo d’assetto.
Il “deorbit burn” è durato 12 secondi ed è stato effettuato un’orbita dopo quanto inizialmente previsto, a causa del meteo non favorevole nella zona di ammaraggio. Pochi minuti dopo è avvenuta la separazione tra il modulo di comando, con a bordo gli astronauti, ed il modulo di servizio, che quindi si è disintegrato ricadendo in maniera distruttiva in atmosfera ed infine nell’oceano.
La capsula Apollo, grazie allo scudo termico, ha continuato indenne la sua corsa attraverso gli strati dell’atmosfera, rallentando grazie all’attrito dell’aria sempre più densa ed alla fine sostenuta dai tre grandi paracadute principali.
L’impatto con l’oceano è avvenuto alle 17.00 GMT, a poco più di 5 km dalla portaelicotteri U.S.S. Guadalcanal e 600 km a nord dell’isola della Repubblica Dominicana. La capsula galleggiante è stata messa in sicurezza dalla squadra di recupero ed i tre astronauti sono stati issati a bordo di un elicottero che li ha quindi portati a bordo della nave.
Tra qualche mese sarà la volta dell’Apollo 10, con a bordo Thomas Stafford, Eugene Cernan e John Young, che dovranno compiere le stesse manovre dell’Apollo 9, ma in orbita lunare. Una vera e propria prova generale per lo sbarco sulla Luna che, a questo punto, avverrà durante l’estate con la missione Apollo 11.
Foto credit, NASA.