L’incidente che l’11 ottobre scorso ha impedito alla Sojuz MS-10 di Aleksey Ovchinin e Nick Hague di raggiungere la ISS ha mostrato in modo chiaro quanto sia fragile il sistema che assicura il ricambio degli equipaggi sull’avamposto spaziale, dopo il ritiro dello Shuttle nel 2011. Il razzo e la capsula Sojuz costituiscono certamente un veicolo affidabile, collaudato in decenni di esperienza e dotato di efficienti sistemi di sicurezza – la loro pronta reazione all’anomalia lo ha apertamente dimostrato –; ma si tratta comunque di una soluzione unica, non sostituibile in caso di problemi che nelle tecnologie spaziali non possono mai essere completamente esclusi.
Fortunatamente, le conclusioni delle indagini sull’avaria hanno rapidamente identificato la cause in un fattore contingente (un errore di assemblaggio), facendo svanire le ipotesi più nere di un rinvio di mesi del successivo volo abitato, che avrebbero comportato la necessità di lasciare temporaneamente la stazione senza persone a bordo. Ma come si può essere certi che l’eventualità di circostanze simili, specialmente in questi momenti di difficoltà della cosmonautica russa, non torni a ripresentarsi?
Accelerare il Commercial Crew?
È difficile non avvertire l’urgenza di superare la situazione attuale attraverso il ripristino di sistemi di trasporto alternativi alla Sojuz e non pensare, di conseguenza, che i vertici della NASA dovrebbero prendere una decisa iniziativa per evitare che il programma Commercial Crew accumuli ulteriori ritardi nello sviluppo di navicelle che, secondo i piani iniziali, dovevano essere in grado di volare già nel 2015.
Ciò, tuttavia, secondo l’Aerospace Safety Advisory Panel (ASAP) di NASA, è esattamente quanto non deve avvenire. L’organo consultivo indipendente che si occupa della sicurezza dei voli aerospaziali, che ha tenuto la sua ultima riunione pubblica quadrimestrale proprio l’11 ottobre, ha manifestato chiaramente, per bocca del suo presidente, Patricia Sanders, la preoccupazione che
forzature nella tempistica, spinte da una mancanza, reale o percepita, di un sistema di trasporto degli astronauti alla stazione spaziale internazionale […] possano determinare una pericolosa situazione in cui la ricerca di solide soluzioni ingegneristiche venga messa da parte, i programmi di verifica vengano ritardati o cancellati e siano prese decisioni di procedere sulla base di elementi insufficienti.
Tanto più che qualsiasi accelerazione sarebbe del tutto impossibile, in un quadro che vede sia SpaceX che Boeing piuttosto lontane dal poter rispettare il calendario dei voli per i test senza e con equipaggio
dato il numero di problemi tecnici che ancora devono essere risolti, l’insieme di test di qualifica e di affidabilità da completare e il corposo lavoro di verifica che deve essere portato a termine.
Le date che ASAP ritiene irrealistiche sono quelle aggiornate soltanto poche settimane fa e che prevedono la missione Demo-1 di SpaceX, con la Dragon V.2 senza equipaggio, per il gennaio 2019, seguita da quella con gli astronauti a bordo (Demo-2) a giugno; mentre Boeing dovrebbe effettuare l’Orbital Flight Test della Starliner (senza equipaggio) a marzo e il Crew Flight Test (con equipaggio) ad agosto, sempre nel 2019.
Le motivazione della posizione del comitato consultivo sono state illustrate nel corso della riunione, con approfondimenti relativi sia a SpaceX che a Boeing.
I problemi che SpaceX non ha ancora risolto
Il rappresentante di ASAP che ha parlato di SpaceX, Donald McErlean, ha notato che, nonostante visibili progressi nello sviluppo dell’hardware (la Dragon di Demo-1 è già da qualche tempo a Cape Canaveral), rimangono da risolvere alcuni problemi.
In primo luogo quello del nuovo serbatoio dell’elio (COPV) del secondo stadio del Falcon 9. Come è noto, secondo le indagini di SpaceX, sarebbe stata la struttura di tale serbatoio la causa dell’incidente che nel 2016 ha distrutto sul pad, durante l’imbarco dei propellenti, il razzo che avrebbe dovuto lanciare il satellite Amos-6. Si tratta di un argomento delicato, dal momento che il Falcon 9, usando ossigeno liquido “superfreddo” (cioè a temperature prossime al punto di fusione), necessita che il riempimento dei serbatoi venga effettuato poco prima del liftoff, con l’equipaggio a già bordo (il cosiddetto “load and go”), pratica mai utilizzata in passato ma che la NASA sembra propensa ad accettare.
L’azienda di Hawthorne ha risolto inizialmente il problema modificando le procedure di riempimento dei serbatoi ma, in occasione del primo volo senza equipaggio della Dragon V.2, dovrebbe essere sperimentato un nuovo COPV. Secondo McErlean la nuova soluzione
deve essere accettata e certificata, giudicata da entrambe le parti priva delle caratteristiche che hanno causato il fallimento. […] Eventuali modifiche della configurazione dovranno essere finalizzate prima del lancio di prova senza equipaggio.
Le procedure di sicurezza richiedono inoltre che il Falcon-9 così aggiornato debba volare sette volte, prima di poter essere utilizzato in una missione con astronauti a bordo.
McErlean ha poi parlato, senza aggiungere ulteriori dettagli, di anomalie relative ai paracadute della Dragon V.2, verificatesi durante i test, che avrebbero riscontro anche nei voli della versione cargo della capsula, rivelando un problema di progettazione in un sistema ovviamente critico per la sicurezza dell’equipaggio. ASAP al momento non è in grado di dire quali misure SpaceX dovrà applicare per risolvere tale difficoltà, ma se fosse necessaria, una modifica di progetto comporterebbe la ripetizione dei test di qualificazione e certificazione dei paracadute, con inevitabili ripercussioni sulla tempistica dei voli.
L’esponente del comitato per la sicurezza si è poi tolto un sassolino dalla scarpa, facendo riferimento, senza citarne l’autore, alle dichiarazioni del vicepresidente di SpaceX Hans Koenigsmann che qualche settimana fa, parlando all’International Astronautical Congress, aveva minimizzato il lavoro ancora necessario per completare la certificazione della Dragon, definendolo “burocrazia”.
Anche se la certificazione può richiedere l’impiego di carta, – ha puntualizzato – il lavoro non è puramente “cartaceo” […]. In qualsiasi progetto certificato, il contraente è tenuto a inviare dati alla NASA tramite il Piano di Certificazione […]. Quando questi dati vengono inviati, gli ingegneri della NASA possono esaminarli e convalidare che il contraente ha dimostrato che la condizione di certificazione è stata soddisfatta. […] Ciò è estremamente importante e non dovrebbe essere considerato una vuota perdita di tempo. […] Deve essere svolta una considerevole quantità di lavoro tecnico prima che la NASA possa dire che il progetto è abbastanza sicuro da poter trasportare l’equipaggio.
Le anomalie dello Starliner
Un altro membro del comitato, Christopher Saindon, ha riferito in merito allo sviluppo del CST-100 Starliner. Anche Boeing ha incontrato problemi con i paracadute. Durante il terzo test di qualifica “il sistema non ha funzionato come atteso” ha detto, senza chiarire i dettagli.
I test sono stati interrotti per poter identificare e risolvere l’anomalia e ciò difficilmente avverrà senza conseguenze sul calendario dei lanci. Prima di effettuare la missione CTF (quella con equipaggio), Boeing dovrà infatti completare altri due test di qualifica, più i sei necessari per la certificazione. Tutte operazioni che richiedono tempo, e che devono essere svolte con le giuste condizioni meteo.
Un altro motivo di ritardo per lo Starliner è stata l’anomalia verificatasi in giugno, durante un test di accensione dei motori del sistema di abort, nella Test Facility della NASA a White Sands, nel Nuovo Messico. I motori, prodotti da Aerojet Rocketdyne, che saranno integrati nel modulo di servizio della capsula di Boeing hanno funzionato regolarmente per tutta la durata del test ma, al momento dello spegnimento, parecchie valvole non si sono chiuse regolarmente, determinando la dispersione del propellente ipergolico.
Saindom ha riferito dei progressi di Boeing nell’individuare la causa del problema che è stato osservato solo nei test in cui i quattro motori funzionavano contemporaneamente, ma non nelle prove dei singoli propulsori, e che quindi – si è compreso – è collegato ad una risonanza armonica dell’intero sistema (il cosiddetto “effetto colpo d’ariete”). La soluzione, che ha richiesto alcune modifiche sia all’hardware che al software, sarà verificata in un nuovo test di accensione, che è ancora da effettuare. Solo allora lo Starliner potrà svolgere il pad abort test (ossia la prova del sistema di fuga dalla piattaforma di lancio), che secondo il precedente calendario doveva avvenire l’estate scorsa ma che ora potrebbe collocarsi tra il volo unmanned e quello con equipaggio.
Un ulteriore problema che Boeing deve risolvere è quello che si è manifestato durante i test di qualifica del sistema di separazione della capsula dal modulo di servizio. I “bulloni pirotecnici” hanno funzionato, nel senso che la separazione è avvenuta, tuttavia le cariche esplosive non si sono comportate come previsto, producendo detriti che, in volo, potrebbero creare situazioni di pericolo. Al momento la causa di questa anomalia non è ancora stata determinata, anche se gli ingegneri di Boeing e NASA hanno messo a punto una soluzione transitoria per mitigarla.
Sia McErlean che Saindon hanno sottolineato che quanto da loro riferito costituisce solo una esemplificazione non esaustiva delle sfide che le due aziende impegnate nel programma Commercial Crew dovranno affrontare per ultimare il processo di certificazione, ma sufficiente a documentare i dubbi nutriti da ASAP sulla possibilità che calendario concordato con NASA sia rispettato.
Su queste basi il comitato per la sicurezza ha ritenuto opportuno verbalizzare tra le proprie raccomandazioni un invito alla leadership della NASA “a collaborare con l’Amministrazione e il Congresso per garantire l’accesso continuo alla ISS per gli astronauti degli Stati Uniti fino a quando non sarà stabilita la capacità degli Stati Uniti di trasportare equipaggio alla ISS”. Non è chiaro come ciò possa avvenire (non ci sono i tempi per acquistare nuovi voli su Sojuz), se non occupando i posti che le attuali strategie di Roscosmos (che limitano a due cosmonauti la presenza russa sulla stazione spaziale) lasciano periodicamente liberi.
Fonte: Aerospace Safety Advisory Panel