Lo scorso 26 aprile le due agenzie spaziali hanno firmato un accordo d’intesa per studiare congiuntamente la possibilità di riportare a Terra dei campioni di suolo marziano tramite una missione robotica.
Da quando negli anni ’60 è iniziata l’esplorazione di Marte, prima con sonde di passaggio, poi con orbiter, lander e rover, sono stati fatti enormi progressi nella comprensione del pianeta rosso. Ma nonostante la raffinatezza degli strumenti scientifici a bordo delle ultime sonde, nulla potrebbe essere paragonato alla possibilità di studiare a Terra, in maniera molto dettagliata, diversificata e indipendente, la composizione e le caratteristiche del suolo marziano.
In parte, grazie all’impatto di asteroidi e comete avvenuti in epoche remote con il pianeta rosso, sulla Terra arrivano dei meteoriti marziani, di cui attualmente noti e confermati sono circa 130, ma si tratta naturalmente di rocce che, oltre ai milioni di anni di viaggio interplanetario, hanno subito anche l’effetto incendiario del rientro nella nostra atmosfera.
Sviluppare una missione automatica che sia in grado di raggiungere questo obbiettivo non è certo una cosa semplice. E infatti ci sono state molteplici proposte nel corso degli anni, che però non sono mai andate oltre lo studio iniziale.
In realtà c’è anche chi si oppone ad una missione di questo genere, vedi l’International Committee Against Mars Sample Return, il cui obbiettivo non è di impedire totalmente il portare i campioni sulla Terra ma che essi vengano prima dichiarati sicuri, direttamente sul posto o a bordo di una stazione spaziale di quarantena.
Alla complessità della missione si aggiunge quindi anche il fatto di evitare una potenziale contaminazione del nostro pianeta da organismi extraterrestri.
Di tutti gli studi proposti, quello che sta riscuotendo più consensi è sicuramente la missione che comprende tre lanci da Terra ed è stato oggetto di discussione durante la 2° Inernational Mars Sample Return Conference che si è tenuta a fine Aprile a Berlino.
Negli stessi giorni sempre a Berlino si è tenuto l’ILA Berlin Air and Space Show, durante il quale è avvenuto l’accordo di intesa tra ESA e NASA per sviluppare la futura missione.
David Parker, Direttore dei Voli Abitati ed Esplorazione Robotica ESA e Thomas Zurbuchen, Amministratore Associato, Direzione Missioni Scientifiche NASA, hanno firmato il documento che sottolinea i ruoli delle due agenzie nell’impresa e come ciascuna possa essere di supporto all’altra.
Da parte sua la NASA ha già avviato la prima delle tre fasi che compongono la missione, infatti a bordo del prossimo rover Mars 2020 ci sarà un contenitore per 31 campioni di suolo, prelevati dal braccio del rover, che verrà alla fine sigillato e messo in attesa per un futuro prelievo.
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Entra quindi in scena ESA, che svilupperà un piccolo robot chiamato Sample Fetch Rover (il corriere), portato sulla superficie marziana da un lander madre della NASA, in grado di raggiungere il Mars 2020 rover, prelevare il contenitore dei campioni di suolo, tornare al lander e consegnarli ad un Mars Ascent Vehicle (MAV) che decollerà dalla superficie marziana per immettersi in un’orbita di parcheggio.
La terza ed ultima fase della missione vedrà il MAV rilasciare in orbita il contenitore dei campioni grande come una palla di calcio, che verrà recuperato da una sonda inviata da Terra e sviluppata in Europa, in grado di tornare verso il nostro pianeta con a bordo, ben sigillato, il prezioso carico.
Una volta in prossimità della Terra la capsula di rientro verrà rilasciata dalla sonda e, resistendo alle elevate temperature che si generano penetrando nell’atmosfera, verrà infine recuperata atterrando negli Stati Uniti.
“Una tale missione è sicuramente un’allettante ma fattibile visione, una buona ragione certo per continuare l’esplorazione dello spazio”, ha affermato David Parker, “Per gli scienziati non c’è prezzo nella possibilità di avere campioni di Marte intatti, accuratamente scelti e di poterli esaminare nelle migliori strutture a disposizione. Ricostruire la storia del pianeta rosso e dare risposta a molte domande sul suo passato sono solo due delle molteplici possibilità che una tale missione renderà possibili.
Le sfide che dovremmo affrontare potranno essere affrontate solamente da una partnership internazionale ma anche commerciale, il meglio del meglio. In ESA, con 22 stati membri e molti partners, la cooperazione internazionale fa parte del nostro DNA.”
Il risultato dello studio preliminare verrà presentato, discusso ed eventualmente finanziato nel consiglio ministeriale degli stati membri di ESA nel 2019.
Il video della missione:
Fonte e foto credit, ESA, NASA