Theseus, Spica ed EnVision: Tre progetti candidati per la futura M5 mission di ESA
Un rivelatore ad ampia banda di energia per lo studio dell’Universo primordiale, un osservatorio all’infrarosso per lo studio di come si formano galassie, stelle e pianeti ed un orbiter per il pianeta Venere. Sono i candidati che nei prossimi tre anni si contenderanno l’assegnazione come quinta missione di classe media (M5) della Cosmic Vision dell’Agenzia Spaziale Europea.
Lo scorso 7 maggio l’ESA ha comunicato di aver selezionato, da una rosa di ben 25 proposte, i tre progetti finalisti per la M5 mission, il cui lancio è previsto per il 2032. Il Transient High Energy Sky and Early Universe Surveyor (THESEUS), lo SPace Infrared telescope for Cosmology and Astrophysics (SPICA) e la missione EnVision verso Venere, nei prossimi anni verranno analizzati e studiati in dettaglio ed entro il 2021 verrà comunicato il nome della missione prescelta. Come recentemente è avvenuto per la missione M4 ARIEL.
“Sono molto impressionato dalla qualità e dalla varietà delle missioni proposte. Ciascuna delle tre selezionate ha un alto valore scientifico e la garanzia, per l’Europa, di mantenere alto il livello raggiunto nei campi delle scienze planetarie, astrofisica e cosmologia”, ha affermato Günther Hasinger, ESA Director of Science.
Tre missioni per tre interrogativi fondamentali:
THESEUS: Come ebbe inizio l’Universo e di cosa è fatto?
La missione si propone di aiutare a fare luce sui cicli di vita delle prime stelle, rilevando e registrando i potentissimi lampi di raggi gamma (Gamma Ray Burst -RGB) su tutto l’arco del cielo e con una sensibilità in grado di risalire fino a quando l’Universo aveva solo un miliardo di anni. Gli RGB sono il fenomeno più energetico conosciuto e vengono prodotti durante le esplosioni di supernovæ o quando una stella morente collassa a formare una stella di neutroni o un buco nero.
Il progetto punta ad aumentare notevolmente la capacità di rilevare gli RGB rispetto alla tecnologia attuale e per fare questo il satellite avrà a bordo una suite di strumenti molto particolari che monitoreranno il cielo in un ampia banda compresa tra gli 0,3 keV ed i 20 MeV.
– SXI, Soft X-ray Imager (0.3 – 6 keV): Una serie di quattro telescopi ad “occhio d’aragosta” con un campo visivo di circa 1sr ed una accuratezza di localizzazione della sorgente minore di 1-2′.
– XGIS, X-Gamma rays Imaging Spectrometer (2 keV – 20 MeV): Un set di tre telescopi puntati in direzioni diverse ma con i campi visivi di circa 1,5 sr che si sovrappongono leggermente. Ciascun elemento si compone di quattro rilevatori basati su diodi in Silicio accoppiati con uno scintillatore e mascherati da una superficie opaca. L’accuratezza di localizzazione della sorgente è di circa 5′.
– IRT, InfraRed Telescope (0.7 – 1.8 μm): Un telescopio Cassegrain all’infrarosso con uno specchio primario di 0,7m, con campo visivo di 10’x10′, per l’identificazione e lo studio dei transienti, e specialmente dell’emissione residua degli RGB rivelati dai sopracitati SXI ed XGIS.
THESEUS verrebbe lanciato in orbita equatoriale (<5°) da un vettore Vega-C dallo spazioporto di Kourou, e posto ad un’altitudine non superiore ai 600 km. Grazie ad un trasmettitore VHF collegato con la rete SVOM (40 stazioni terrestri situate su tutta la fascia equatoriale) sarà in grado di trasmettere a Terra, entro pochi decimi di secondo dal rilevamento, la posizione esatta della sorgente dell’RGB. Il progetto infatti prevede che dopo il ricevimento a Terra della posizione, l’evento possa essere monitorato anche da numerosi osservatori di tutto il pianeta tra cui i noti LIGO e Virgo.
Al team di studio e sviluppo partecipano vari enti ed università di tutta Europa, con partecipazioni anche da Stati Uniti, Brasile e Cina, guidati dal Principal Investigator Lorenzo Amati dell’INAF di Bologna. Oltre all’Istituto Nazionale di Astrofisica, l’Italia è presente con le università di Ferrara e Pavia, il Politecnico di Milano, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Trieste, la startup bresciana GP Advanced projects e la Fondazione Bruno Kessler.
SPICA: Come si sono formate le prime stelle e galassie?
Conoscere le origini e l’evoluzione delle galassie, stelle, pianeti e della vita stessa è un obbiettivo fondamentale dell’astronomia. Attraverso un innovativo e grande telescopio all’infrarosso, la missione si propone di indagare quelle regioni del cosmo dove, nascoste da dense nubi di polvere cosmica, nascono le stelle ed i sistemi planetari, con una sensibilità 100 volte superiore rispetto ai telescopi Spitzer della NASA ed Herschel dell’ESA.
Il satellite verrà lanciato da un vettore H3 giapponese e posto ad orbitare intorno al punto lagrangiano L2 del sistema Sole/Terra, ad 1,5 milioni di km dalla Terra. Trovandosi costantemente nel cono d’ombra del nostro pianeta il telescopio Ritchey-Chrétien da 2,5 m di diametro si troverà ad operare a temperature pari a -210°c e sarà ulteriormente raffreddato criogenicamente fino a -265°c (8 K).
Posizionati sul retro dello specchio primario ci saranno tre strumenti scientifici di nuova generazione che copriranno un campo spettrale infrarosso compreso tra i 12 ed i 230µm:
– SAFARI-SPEC, SPICA Far-IR Instrument Spectrometer
– SAFARI-POL, SPICA Far-IR Instrument Polarimeter
– SMI, SPICA Mid Infrared Instrument Spectrometer
Grazie all’estrema sensibilità di osservazione SPICA sarà in grado di misurare densità, temperatura, campi di radiazioni e la presenza di metalli in fase gassosa in galassie nascoste, galassie nane, quasars e nuclei galattici attivi. Gli spettrometri saranno inoltre in grado di determinare i profili atomici e molecolari dei soggetti, monitorare la presenza di molecole d’acqua sotto forma di vapori caldi, freddi e ghiaccio ed infine scoprire nuove galassie risalendo fino alle prime centinaia di milioni di anni dell’Universo.
SPICA è un progetto Europeo e Giapponese a cui partecipano numerosi enti ed università. L’Italia partecipa con l’Istituto Nazionale di Astrofisica.
EnVision: Perchè Venere e la Terra si sono evolute differentemente?
Nonostante le origini, le dimensioni molto simili e la posizione di vicinato nel sistema solare interno, Venere e Terra non hanno seguito lo stesso percorso evolutivo. Infatti, a differenza del nostro pianeta, tra le altre cose Venere presenta un’atmosfera molto densa e tossica, causata da un catastrofico effetto serra.
L’obbiettivo della missione EnVision è quello di determinare le differenti cause che hanno portato Venere allo stato attuale, rilevando l’attività geologica e vulcanica e mettendola in relazione con l’atmosfera del pianeta. EnVision raccoglie l’eredità della precedente missione europea Venus Express e Magellano della NASA.
I tre principali strumenti scientifici della sonda saranno:
– VenSAR, Synthetic Aperture Radar: Operante in banda-S, delle dimensioni di 5,47 × 0,60 m e derivato da quello di Sentinel-1. Grazie a questo radar sarà possibile ottenere immagini con risoluzione fino ad un metro per aree selezionate e misurazioni topografiche con risoluzione di 15 metri, in grado di rilevare differenze fino ad un centimetro rispetto a misurazioni precedenti.
Capocommessa per lo sviluppo del VenSAR è la Gran Bretagna.
– SRS, Subsurface Radar Sounder: Operante con onde radio a bassa frequenza, sia in VHF che UHF, per penetrare la superficie venusiana e restituire segnali riflessi differenti in base all’orizzonte geologico incontrato.
La massima profondità teoricamente raggiungibile è di circa 1500 metri operando tra i 5 ed i 7,5 MHz. Grazie a questo radar sarà inoltre possibile determinare la presenza e spessore di antichi depositi dovuti all’attività metereologica e del vento.
SRS nasce dall’esperienza fatta con RIME (Radar for Icy Moon Exploration) a bordo di JUICE (Jupiter Icy Moon Explorer), MARSIS (Mars Express) e SHARAD (Mars Reconnaissance Orbiter) ed è totalmente finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana con la collaborazione dell’Università di Trento, IRSPS Università d’Annunzio di Pescara, Università di Padova, Istituto Nazionale di Astrofisica e Fondazione Bruno Kessler.
– VEM, Venus Emissivity Mapper: Suite di tre spettrometri (VEM-M, VEM-H e VEM-U) per la mappatura della superficie e di alcuni strati dell’atmosfera. In particolare VEM-M analizzerà gli strati rocciosi, VEM-H traccerà e quantificherà la presenza di anidride solforosa, vapore acqueo e deuterio nella bassa atmosfera, derivanti da nubi vulcaniche e VEM-U monitorerà composti solforosi minori, quale per esempio il monossido di zolfo.
VEM nasce dall’esperienza fatta con MERTIS (BepiColombo), VIRTIS (Venus Express) e NOMAD (Mars Discovery) ed è finanziato da un consorzio tra Germania, Francia e Belgio.
Il lancio di EnVision è previsto a bordo di un Ariane 6 dallo spazioporto di Kourou, con inserzione in orbita polare dopo varie settimane di aerocattura, per ridurre la velocità della sonda e circolarizzare l’orbita a circa 250 km di altitudine.
Fonte, ESA, INAF, JAXA, THESEUS, SPICA, EnVision
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