Altro test sui paracadute di Orion
La NASA sta proseguendo la fase di test sul sistema di paracadute che permetteranno alla capsula Orion di ammarare dolcemente nell’Oceano Pacifico, al termine delle sue missioni abitate nello spazio profondo.
Questo sistema di 11 paracadute dovrà essere in grado di rallentare la capsula dalla sua velocità di rientro di circa 480 km/h a quella di ammaraggio di poco più di 30 km/h, nell’arco di circa 10 minuti. Durante questo lasso di tempo, le vite degli astronauti a bordo di Orion saranno letteralmente appese a questo dispositivo di paracadute sequenziali, che deve perciò essere minuziosamente testato e validato.
Quest’ultimo test si sarebbe dovuto tenere nella giornata di mercoledì scorso 13 dicembre, ma un guasto al portellone dell’aereo militare C-17 avvenuto alla quota di rilascio di 10.668 metri e i forti venti presenti in quota il giorno seguente, hanno fatto sì che il test avvenisse invece il 15 dicembre.
Venerdì scorso quindi, dopo il rilascio dal C-17, due piccoli paracadute frenanti si sono aperti con successo al momento opportuno stabilizzando la replica della capsula Orion, di seguito dopo il loro distacco si sono aperti i due paracadute principali bianco-arancio per rallentare la discesa e portare l’astronave della NASA al touch down.
Nei voli nominali Orion sarà dotata di tre enormi paracadute principali, ma in questo test gli ingnegneri dell’ente spaziale americano hanno voluto testare le condizioni di atterraggio con un guasto ad uno di essi.
Il test si è svolto nel sud ovest dell’Arizona, presso lo Yuma Proving Ground dell’Army, su di una replica della capsula Orion, che aveva il suo stesso peso ed il suo stesso diametro, ma che era leggermente più bassa in modo da poter entrare agevolmente nella stiva del C-17.
L’atterraggio ovviamente non è stato soffice, e la capsula ha rimbalzato un po’ sul terreno prima di fermarsi perfettamente in posizione verticale. Al termine del test, un team di tecnici ha trasportato i paracadute e la replica presso l’aeroporto di Yuma, da dove era partito il velivolo C-17.
Si è trattato del quinto di una serie di otto test sui paracadute di Orion, che è iniziata nel 2016 e che terminerà alla fine del 2018.
Ad una prima occhiata i paracadute di Orion possono sembrare simili a quelli utilizzati nell’era Apollo, tuttavia gli ingegneri non si sono limitati ad ingrandirli per adattarli alla nuova capsula americana. Tramite un minuzioso processo di analisi e di test e sulla base delle esperienze e delle tecnologie maturate durante la corsa alla Luna, i tecnici hanno potuto sviluppare dei migliori paracadute più leggeri e resistenti, inoltre anche gli altri elementi del sistema sono stati implementati. È stato migliorato sistema di espulsione e sono stati impiegati tessuti e materiali high-tech più leggeri e resistenti.
Il sistema dei paracadute di Orion è molto complesso; circa 16.000 metri di cavi in Kevlar collegano la capsula ai bordi della calotta del paracadute di 10.405 mq si superficie. Esso viene letteralmente sparato all’esterno da una sorta di cannone-mortaio e in aggiunta, dei sistemi di accensione sono stati distribuiti nel tessuto per essere attivati secondo un preciso timing in modo da azionare delle lame apposite che aiutano il dispiegamento del paracadute stesso. Come è facile intuire, tutti questi sistemi devono essere testati e validati per l’uso manned.
Con le capacità analitiche attuali e lo storico dei dati a disposizione, gli ingegneri ritengono che saranno necessari approssimativamente 20-25 test, anziché i 100 eseguiti nell’epoca Apollo, per scovare e risolvere i punti deboli e le anomalie del sistema di paracadute di Orion. Si pensa di riuscire a qualificare il sistema per l’uso con astronauti al termine dei tre test rimanenti, previsti per il prossimo anno.
Il filmato:
Fonti: NASA, ABCnews
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