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SpaceX: il debutto del Falcon Heavy rinviato al 2018

Credit: SpaceX

Anche per quest’anno non avremo la possibilità di assistere al primo volo del lanciatore pesante di SpaceX. La notizia di un nuovo rinvio, giunta ai media lunedì, è già stata confermata ufficialmente, per quanto non siano note le ragioni del ritardo. Non si è però ancora spenta, tra gli appassionati, la speranza di vedere a breve il Falcon Heavy schierato sul pad 39A del Kennedy Space Center. I tre core del razzo e il suo secondo stadio, infatti, si trovano già dalla scorsa estate presso l’Horizontal Integration Facility (l’hangar che l’azienda di Elon Musk possiede presso la storica piattaforma di lancio) e lo static fire, la prima accensione da fermo dei motori del nuovo razzo, è ancora programmata per il 27 dicembre.

Non si tratta quindi di una delle tante dilazioni che abbiamo visto dal 2013 (anno in cui secondo i primi annunci doveva avvenire il volo inaugurale) ad oggi. Un segno tangibile del fatto che ormai siamo vicini alla meta sono i lavori già in corso, presso la rampa dei Saturn V e degli STS, che SpaceX ha in gestione. Dopo il rinvio, per ora senza una data precisa, del liftoff del Falcon 9 che doveva mettere in orbita il misterioso payload prodotto da Northrop Grumman denominato “Zuma”, sono iniziate le operazioni per adattare il pad 39A ad ospitare il più voluminoso mobile strongback, la struttura che servirà per trasportare e innalzare in verticale il nuovo lanciatore.

Rappresentazione artistica del Falcon Heavy sul pad 39A. Credit: SpaceX

A riprova di ciò, nelle prossime settimane rientrerà in servizio, per i lanci del Falcon 9, la piattaforma 40 di Cape Canaveral, ripristinata a 15 mesi dalla sua distruzione nell’incidente avvenuto durante la preparazione del lancio del satellite Amos-6. Il primo volo a decollare da SLC 40, sarà CRS-13, una missione di rifornimento alla Stazione Spaziale, al momento in calendario per non prima dell’8 dicembre.

A regime, secondo, i piani della società californiana, la piattaforma 39A verrà principalmente destinata ai voli del Falcon Heavy e del Falcon 9 con equipaggio, mentre la 40 sarà a servizio dei lanci commerciali diretti in LEO o in GTO. Ma è evidente che disporre di due zone di lancio sulla costa orientale garantirà una certa capacità di manovra a SpaceX, intenzionata a non fermarsi al risultato record di 18 missioni in un anno, che potrebbe raggiungere dopo il successo dei due voli programmati entro la fine del 2017.

La prima volta con 27 motori

SpaceX in questi anni ha abituato fan e appassionati a vedere nello static fire, una sorta di “rito” che precede di pochi giorni il lancio vero, un ultimo collaudo di un razzo già verificato e sottoposto a test dopo la sua costruzione (o il suo ricondizionamento, nel caso dei primi stadi usati), che sembra fatto più per scrupolo che per vera necessità. Infatti non si ha memoria di lanci che siano stati posposti, o di stadi che siano stati sostituiti o sottoposti a riparazioni, a seguito dell’esito di un’accensione di questo tipo.

Se però è vero che questa percezione è erronea, in quanto non ci sono formalità di routine o operazioni superflue nella preparazione dei voli spaziali, lo è a maggior ragione nel caso del Falcon Heavy. Lo static fire del 27 dicembre non deve essere letto come sicura garanzia di un lancio nei primi giorni di gennaio.

I vertici dell’azienda l’hanno espresso apertamente. Intervistata nei giorni scorsi da SpaceNews, la presidente Gwynne Shotwell ha dichiarato:

Non voglio indicare una data per il lancio del Falcon Heavy. Faremo lo static fire in dicembre, vedremo come andranno le cose e poi fisseremo il liftoff appena possibile. Effettueremo per la prima vota l’accensione simultanea di tre core e vogliamo davvero muoverci con la massima cura.

Sarà realmente la prima volta – non solo nella storia di SpaceX, ma anche in quella dell’astronautica, con la sola eccezione del razzo lunare sovietico N1 – che si metteranno in funzione contemporaneamente 27 propulsori. I tre core che comporranno il primo esemplare del nuovo lanciatore, infatti, sono stati ripetutamente collaudati presso il centro di test che l’azienda di Elon Musk possiede in Texas, ma sempre singolarmente: a McGregor manca una struttura che permetta di provarli tutti insieme.

L’operazione, anche per i pochi secondi di durata di uno static fire, non è banale come potrebbe sembrare e necessita di particolari attenzioni, come ad esempio l’impiego di una specifica sequenza che prevede l’accensione di due motori per volta. L’avvio simultaneo di tutti e 27 i propulsori Merlin 1D potrebbe infatti produrre forze in grado di danneggiare la struttura dei booster.

Insomma: quello del 27 dicembre sarà un vero test e sulla base dei suoi risultati si deciderà se ripeterne altri o fissare una data di lancio.

Le incertezze del primo volo

Ma anche a quel punto, il successo del nuovo vettore, non sarà scontato. In uno degli ultimi interventi pubblici in cui ha affrontato l’argomento Falcon Heavy, nel luglio scorso, Elon Musk lo ha ammesso con molta franchezza: nonostante gli studi, le simulazioni e i test condotti a terra, resteranno, prima del volo vero e proprio, molte incertezze e significative probabilità di fallimento.

Ci sono molti rischi in questo volo del Falcon Heavy e ci sono buone possibilità che il veicolo non arrivi in orbita, quindi le nostre aspettative devono essere coerenti. Onestamente, considererei un successo se riuscisse ad allontanarsi dal pad quanto basta per non danneggiarlo.

Elon Musk in un momento della ISS Research & Development Conference del luglio 2017, in cui ha parlato delle difficoltà del Falcon Heavy. Credit: NASATV

C’è sicuramente un po’ di scaramanzia in queste affermazioni e probabilmente anche l’intenzione di catturare la benevolenza di chi lo accusa di sottostimare le difficoltà e di considerare già conseguiti obiettivi che sono ancora ben lontani. Ma, alla base, ci sono le serie difficoltà nella realizzazione di un progetto, ormai in ritardo cronico, dopo più di quattro anni di rinvii.

[Realizzare il Falcon Heavy] all’inizio sembrava davvero facile – continuava il CEO di SpaceX – basta collegare due primi stadi al core come booster laterali e tutto è fatto. Ma poi tutto cambia. Tutti i carichi cambiano, l’aerodinamica cambia totalmente. Vengono triplicate le vibrazioni e l’acustica, si infrangono i livelli di qualifica di tutto l’hardware…

Nei fatti si è dovuto ridisegnare l’intero stadio centrale, che non è più un semplice primo stadio di un Falcon-9. L’intera struttura è stata rinforzata per sopportare i diversi carichi aerodinamici, e si sono aggiunti i sistemi di separazione dei booster. Solo questi ultimi hanno mantenuto la forma originaria del Falcon 9, tanto è vero che, nel primo volo, si tratterà di due primi stadi recuperati (per la precisione il B1023 che ha volato il 27 maggio 2016 nella missione Thaicom 8 e il B1025 che ha trasportato il cargo Dragon nel volo di CRS-9 il 18 luglio 2016).

A completare il quadro delle difficoltà, se il razzo, oltre le previsioni di Musk, riuscirà a portare in orbita il suo payload inerte (nessun satellite sarà messo a rischio in questa prova) o perlomeno a proseguire fino all’accensione del secondo stadio, il volo inaugurale vedrà, per la prima volta, un triplice tentativo di recupero. I due booster cercheranno di far  ritorno, quasi in simultanea, alla zona di atterraggio di Cape Canaveral, mentre il core scenderà verso la chiatta OCISLY, nell’Atlantico.

In questa rappresentazione artistica, un po’ datata, si immaginava ancora che anche lo stadio core avrebbe fatto ritorno alla landing zone. Credit: SpaceX

In definitiva è difficile non condividere le motivazioni con cui il fondatore di SpaceX, tra il serio e il faceto, invitava il pubblico a non mancare a Cape Canaveral il giorno del lancio: comunque andrà “è garantito che sarà eccitante”.

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