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La NASA torna sulla Luna, ancora una volta

La NASA, è ormai ufficiale, intende tornare sulla Luna. Ancora una volta: ma non solo nel senso di un ritorno dopo quasi 50 anni dall’ultima missione Apollo, piuttosto in un’alternanza di preferenze ormai quasi sospetta che le varie amministrazioni hanno dimostrato a turno e per un viaggio su Marte e per un ritorno al satellite terrestre.

Con il passato alle spalle (e letteralmente, dato lo sfondo), il vicepresidente Mike Pence ha ieri promesso a chiare lettere di voler rinvigorire il programma spaziale delineato dal rinato National Space Council, inclusa una rinnovata enfasi per nuove missioni lunari con equipaggi. Pence ha presieduto il primo incontro del consiglio dopo la sua riapertura nel mese di giugno e in questa sede ha esortato la NASA a sviluppare precisi piani per missioni umane sulla Luna che serviranno come passo preliminare per l’esplorazione di Marte. Il National Space Council non è nuovo: era stato originariamente creato dall’amministrazione di George H. W. Bush nel 1989 e poi dimenticato nel 1993, ma la sua storia nel ventesimo secolo affonda le radici ancora più lontano: un National Space Council era stato alla base della transizione da NACA a NASA nel 1958 ed era stato presieduto da Dwight Eisenhower, per poi rimanere con funzioni di organo di indirizzo della NASA fino al 1973.

Di fronte alla sua prima riedizione del ventunesimo secolo, Mike Pence ha formalizzato l’intenzione di guidare la NASA prioritariamente verso la Luna, dimenticando il Journey to Mars di obamiana e boldeniana memoria. Il consiglio, ancora primariamente rappresentato dall’amministratore da interim della NASA, Robert Lightfoot, ha accettato l’esortazione del vice presidente, comunicando che le raccomandazioni verranno incluse in una nota decisionale da sottoporre all’attenzione del presidente a breve.

La richiesta di Pence, va detto, ha inquadrato le missioni lunari come passo fondamentale per la prosecuzione dell’esplorazione planetaria con equipaggi umani e in primis per future missioni su Marte, ma questo non toglie la forte impressione di una sorta di alternanza di preferenze collegate alle sorti elettorali del paese. Se l’amministrazione di George W. Bush aveva avviato il programma Constellation con un’intenzione prioritaria di tornare sulla Luna, l’amministrazione successiva ha puntato tutto sullo sviluppo di un viaggio su Marte con poche o nulle “intermediazioni lunari” (se non talvolta sottintese). Ora ci troviamo nuovamente, dopo un dibattito passato soprattutto per l’iniziativa privata, ad un rispolvero della Luna.

Rivolgeremo il programma spaziale americano verso l’esplorazione umana e la scoperta. Questo significa lanciare astronauti americani oltre l’orbita bassa terrestre per la prima volta dal 1972. Significa stabilire una presenza americana rinnovata sulla Luna, un obiettivo strategico vitale. E sulla base dell’esplorazione lunare l’America sarà la prima nazione a portare l’umanità su Marte”.

L’idea di tornare con equipaggi umani sulla Luna o in orbita lunare è stata salutata con particolare entusiasmo da alcuni membri del consiglio durante l’incontro durato circa due ore e mezza. Dave Thompson, presidente e CEO della Orbital ATK, ha affermato che la NASA e le aziende partner dovrebbero essere fortemente stimolate nell’accelerazione dello sviluppo di SLS e di Orion. Questo a fronte di ritardi ancora reiterati, con un primo volo dotato di equipaggio che non si prevede prima del 2021 e più realisticamente nel 2022. Gwynne Shotwell, CEO di SpaceX, dal canto suo ha offerto un supporto per la realizzazione di una base di appoggio lunare, dichiarando che «questo è il momento per azioni decise e coraggiose». Questo pochi giorni dopo che la proprietà della stessa azienda, Elon Musk, menzionasse una base lunare come una delle potenziali destinazioni del suo futuro BFR.

Le dichiarazioni assertive di Pence, che non intende lasciare l’America seconda in nessuna corsa spaziale, sono da un lato un tentativo politico per ricostruire fiducia nel pubblico social della NASA, deluso dopo l’accantonamento del viaggio su Marte venduto insieme a molti prodotti di consumo (libri e film come The Martian sono un esempio), e dall’altro un appello all’iniziativa privata, sempre più motivata a lanciare proclami di nuove operazioni più o meno visionarie. Tuttavia gli esperti di settore così come il pubblico scientifico hanno percepito questa sorta di effetto “pendolo” delle varie amministrazioni americane. La perplessità risiede nel fatto che nel rimpallo tra Marte e Luna, con una stazione spaziale in orbita lunare come terzo incomodo, si finisca per non andare da nessuna parte. I programmi cancellati o rivisitati con pesanti restyling ormai si sprecano e la partnership privata, al di là delle visioni reali ed irreali di Musk, fatica a trovare una direzione comune e soprattutto fondi concreti per finanziare le proprie iniziative (a volte troppo grandiose). La NASA ad oggi non ha ancora un sistema di lancio autonomo verso la Stazione Spaziale Internazionale e il programma Commercial Crew ha subito pesanti riduzioni di finanziamento dal 2015 (con il risultato che SpaceX e Boeing non avranno un volo inaugurale prima del 2019). Il progamma SLS/Orion va a rilento, come conseguenza di investimenti non sufficienti per l’esplorazione umana dello spazio da parte di diversi governi, inclusa la presidenza Obama. Eppure abbiamo visto il vice presidente, il segretario di stato e altri membri di spicco del governo insieme ai più importanti dirigenti delle imprese private discutere di spazio riuniti in un incontro dedicato allo scopo. Potrebbe non essere sufficiente, ma è in parte simbolico e i simboli nel contesto americano hanno pesato e pesano ancora. Di certo Mike Pence si è preso un impegno preciso nel programma spaziale americano. Sarà da vedere se sarà in grado nei prossimi mesi, insieme al National Space Council, di dare le risposte che tutti si aspettano in merito alla direzione che l’esplorazione spaziale umana degli Stati Uniti d’America dovrà prendere.

 

 

 

 

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