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Missione VITA: Paolo Nespoli chiama il Festival del Cinema di Venezia

Lo scorso 6 settembre Paolo Nespoli ha effettuato una nuova “in flight call” con il Festival del Cinema di Venezia, in occasione della presentazione del documentario “Expedition”. Un lavoro della regista Alessandra Bonavina, il documentario racconta la preparazione di Paolo per la sua terza spedizione sulla Stazione Spaziale Internazionale.

I partecipanti all’evento hanno avuto modo di vedere un’anteprima di circa 20 minuti, cui è seguito il contatto in diretta con Paolo, a bordo della ISS.  Dopo i consueti controlli ai livelli dell’audio e le presentazioni di rito, la parola è passata ai presenti, a partire dal Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Ecco, a seguire, la trascrizione della conversazione.

 

Zaia: Grazie, e intervengono con emozione e saluto… do un saluto e un benvenuto virtuale a Paolo Nespoli. Benvenuto in Veneto. Saluto questo lavoratore spaziale, come ha detto lui.

Elena Grifoni Winters: Paolo sono Elena. Un saluto grandissimo dal Direttore Generale e da tutti noi dell’Agenzia Spaziale Europea, e un saluto all’equipaggio.

Andrea Zanini: Paolo, ancora una volta ti saluto la seconda volta in pochissimo tempo da parte di Roberto Battiston, e di tutta l’agenzia spaziale. Buon lavoro.

Alessandra Bonavina: Paolo ciao, sono la tua regista. Ciao! Ascolta, io ti faccio la domanda da parte di Giorgio Pacifici del TG2. Per la prima volta un astronauta in diretta al Festival di Venezia. Quanto è importante per la scienza che la tua attività nello spazio venga mostrata e documentata all’interno di una manifestazione così importante?

Paolo: Ringrazio per i saluti di tutti che ricambio con con piacere. È un piacere per me essere qui questo pomeriggio con voi. Ho ho appena pulito il modulo, questo è il laboratorio Columbus della Stazione Spaziale Internazionale. L’ho appena pulito perché abbiamo finito giusto qualche minuto fa di mettere a posto uno degli esperimenti in previsione di attività che faremo nei prossimi giorni. E quindi… qui a sulla Stazione le attività susseguono in continuazione, e lavoriamo qui nello spazio soprattutto per la Terra ed è importante far vedere quello che stiamo facendo quassù, far vedere che stiamo cercando di spingere le il limite della nostra conoscenza il più in là possibile, e anche far vedere che ci stiamo preparando per fare questo balzo grande che è quello di continuare l’esplorazione nello spazio. Magari tornare sulla Luna, obiettivo più vicino, o con l’andare su Marte. È una cosa importante per noi, come esseri umani, è una cosa che ci unisce, è una cosa che fa parte del nostro DNA, ed è importante far vedere questa cosa.

Marta Meli: Paolo buonasera, sono Marta Meli di SKYTg24. In questo documentario sei stato attore e narratore. Siamo alla mostra del Cinema di Venezia. Pensando ai tanti film di fantascienza, qual è quello in cui ti sei più riconosciuto, che più ti ha ispirato sia parlando di film e sia parlando di personaggi di finzione?

Paolo: Beh diciamo che la mia partecipazione a questo documentario è stata quella di fare le cose che faccio normalmente
tutti i giorni. Non ho fatto niente di particolare, non ho recitato un copione diverso dalla mia vita, anzi, le telecamere si sono susseguite nelle varie attività quasi come se fosse un reality. Quindi non so se questo conta come essere attore. Ma comunque diciamo che il film principale che è stato un po’ l’ispirazione è sicuramente 2001 Odissea nello spazio, che ho visto ultimamente e che trovo sempre molto moderno. È impressionante come alcune delle cose di questo film mi piacerebbe averle oggi sulla stazione spaziale. E niente, insomma, l’idea di continuare questa esplorazione, venuta anche da 2001 Odissea nello spazio, è sicuramente… è stata una cosa importante per me.

Curzio Pettenò: Sono Curzio Pettenò del TGR Veneto. Nello spazio USA, Russia ed Europa collaborano insieme. Non può essere lo stesso sulla Terra?

Paolo: Mah io direi di sì, direi anzi che è assolutamente necessario che cominciamo a vederci non più come singole nazioni una staccata da dall’altra. Noi noi pensiamo che la nostra influenza finisca ai nostri confini, e da lì in poi comincia quella di qualcun altro, ma non è proprio così. Siamo tutti assieme in questa Terra, su questa Terra che non è grandissima se vista da quassù. E l’idea che dovremmo lavorare assieme è sicuramente una cosa importante e auspicabile per il futuro. La stazione spaziale ci fa vedere… è uno degli esempi di come sia possibile cooperare nello spazio per qualcosa che è al di sopra di tutti noi.

Alda Vanzan: Buonasera Nespoli, sono Alda Vanzan del Gazzettino. Volevo chiederle che impressione le fa essere dallo spazio tra i protagonisti di questa mostra del Cinema di Venezia, e se le sarebbe piaciuto, magari galleggiando, calcare il “red carpet”.

Paolo: Se devo essere sincero, qui siamo come dicevo prima un pochettino isolati dal mondo, nel senso che viviamo nella nostra attività giornaliera scandita dal da quello che che Houston ci dice di fare. Noi dobbiamo seguire la nostra timeline. Qualche minuto fa ho finito di sistemare il laboratorio per un esperimento, e appena finirò questa conversazione ricominceremo di nuovo a lavorare, quindi sono un po fuori. Mi immagino la situazione lì a Venezia, sicuramente mi piacerebbe esserci. Passiamo spesso e volentieri sopra l’Italia e sopra Venezia, che è molto bella  da lassù. Sembra strano ma la città è rossa, probabilmente sono tutti i tetti che lo risultano, visti da quassù. Mi sarebbe piaciuto fare il “red carpet”? Non lo so, mi sarebbe piaciuto curiosare di sicuro. Notare che all’ingresso ho cercato di fare questo “red carpet” galleggiando, ma non sono non sono riuscito, ma se volete poi alla fine ve lo faccio un bel… un bel “blue carpet” o un “flying space carpet”.

Marco Spagnoli: Buonasera Nespoli, sono Marco Spagnoli per ASI Tv/Globalist/Giornale dello spettacolo. Volevo chiederle, non è la prima volta che lei partecipa a un film. È stato consulente di Sandra Bullock proprio per Gravity, che veniva qui evocato dal presidente Baratta, e proprio da Venezia ha iniziato il suo percorso verso lo verso l’Oscar. Cosa vuol dire fare da consulente per un film che ha cambiato un po il rapporto tra finzione cinematografica e la realtà della vostra vita nello spazio?

Paolo: Beh consulente è una parola un po grossa. Ho scoperto nella missione precedente che la mia collega americana Cady Coleman di fatto stava parlando con Sandra Bullock che le chiedeva delle informazioni su questo progetto super segreto, su una cosa che non si poteva sapere, ma voleva sapere che cosa si sentiva, cosa si provava a galleggiare, a girare, a lasciarsi andare, a fare queste cose. Ed è stato così, una cosa un po un po inconsueta. Poi quando ho visto il film sono rimasto sorpreso dalle scene interne dalla Stazione. Mi sembrava proprio rivedere Cady Coleman in alcune scene di Sandra Bullock, e devo dire che le riprese dall’esterno, la parte all’esterno… visto ho visto il film Gravity in una sala con uno schermo enorme 3D ed ero appena tornato dallo spazio, e vi assicuro che mi sembrava di essere lì di nuovo. Quindi bravi e congratulazioni, e il bravo va a loro non sicuramente a me per aver detto un paio di cose.

Enrica Battifoglia: Il documentario racconta le fasi dell’addestramento che precedono una missione spaziale, ma è molto più di una cronaca. Che cosa ti ha spinto a condividere questo progetto e qual è il messaggio principale che hai voluto dare?

Paolo: Mah sì, in effetti all’inizio devo dire, se chiedete ad Alessandra Bonavina, sono stato molto critico nei suoi confronti. L’ho bombardata di domande chiedendogli: “Ma dove vuoi arrivare? che cosa vuoi trasmettere? Fammi sapere, dimmi queste cose”. Ero un po un po scettico perché ne sono stati fatti tanti di documentari, poi alla fine mi sono sono entrato nel meccanismo e ho deciso che alla fine quello che bisognava fare era solamente essere se stessi perché, ripeto, è un documentario quasi reality show, e quindi non c’era non c’era da fare, niente se non far vedere quello che facciamo. Teniamo tenete presente che ho sempre detto che questo non è non può essere un documentario di Paolo Nespoli che va nello spazio. Se Paolo Nespoli va nello spazio è grazie al lavoro delle agenzie spaziali, l’Agenzia Spaziale Italiana, l’Agenzia Spaziale Europea, la NASA, l’Agenzia Spaziale Russa che ci fornisce il veicolo, ma è grazie al lavoro, grazie a centinaia se non migliaia di persone sulla Terra che che ci preparano, ci addestrano, che preparano il materiale che facciamo volare qua sopra. Alla fine noi qua, astronauti, lo ripeto sempre, e ringrazio il presidente della Regione Veneto per aver detto che siamo operai dello spazio, noi in effetti siamo elettricisti, siamo idraulici, siamo quelli che… siamo le mani di quelli che che in effetti pensano a questi esperimenti incredibili che poi facciamo qua nello spazio, e che ci portano ad espandere la nostra conoscenza. Quindi è un documentario che va visto in termini di che cosa vuol dire andare nello spazio, che cosa ci insegna andare nello spazio. Io non l’ho visto, spero che questo documentario sia riuscito a far capire come questa attività, un po’ strana, un po’ così, alla fine sia molto importante per tutti noi come come genere umano, perché di nuovo ci permette di espandere le nostre conoscenze e di andare dove non siamo mai andati, e chissà cosa troveremo là.

Antonella Benanzato: Sono Antonella Benanzato dall’agenzia SkyNews. A partire da Downsizing, che il film che ha aperto il Festival di Venezia, i temi come la sovrappopolazione popolazione mondiale, l’ambiente, l’ecologia, sono stati protagonisti. Qual è il suo punto di vista da extraterrestre, come vede da lì l’umanità sapendo quello che ha lasciato sulla Terra prima di tornare in orbita?

Paolo: Beh devo dire che la vista della Terra da quassù è una delle cose più belle. Vale la pena venire quassù solo per godere di questa vista, vedere questo pianeta unico diverso dagli altri, per quanto li vediamo. Ma è un pianeta che da quassù ti fa capire come… ti fa capire la preziosità di questo pianeta, ma anche la delicatezza di questo pianeta. Guardando fuori dalla
finestra a me sembra di vedere una nave in viaggio nell’universo, e sapendo che quella una nave, vuol dire che noi siamo i marinai di questa nave, e dobbiamo lavorare tutti assieme perché come su una nave le risorse sono finite. Dobbiamo gestirle correttamente, dobbiamo fare in modo che questa nave continui a mantenersi, continui ad andare avanti, perché alla fine la Terra di per sé stessa e è molto resistente, anche se noi bruciassimo, tutto tagliassimo, facessimo di tutto, alla Terra poco importa. Noi siamo sulla terra per una frazione di tempo della vita della Terra, e probabilmente se sparissimo la Terra ricomincerebbe da capo in un paio di milioni d’anni, che per la Terra è niente. Rifarebbe tutto da capo, e noi dobbiamo renderci conto di questa cosa, dobbiamo renderci conto di come questo pianeta sia unico, di come dobbiamo abbiamo oramai un’influenza estremamente importante su quello che è il l’ecosistema pianeta, e dobbiamo lavorare tutti assieme per fare in modo di gestire correttamente questa “nave” e farla continuare con noi in questo viaggio nell’universo.

Marta Melli: Paolo, ancora Marta Melli da SKYTg24.  Sei tornato a bordo della Stazione Spaziale Internazionale dopo alcuni anni. Che cambiamenti hai trovato sulla Stazione, che odore, che ambiente hai ritrovato, che atmosfera? Qual è il futuro che ti auguri per la Stazione Spaziale?

Paolo: Quando sono sceso l’ultima volta la Stazione era ormai completata. Qualche settimana dopo è arrivato l’ultimo shuttle a portare gli ultimi grossi rifornimenti. Devo dire che non è cambiata moltissimo, almeno internamente. Quello che è cambiato è il fatto che ci sono sei astronauti a bordo, che ora sono dedicati nella maggior parte del tempo all’uso di quello che abbiamo sulla Stazione. Quindi abbiamo la possibilità di dedicare molto del nostro tempo a fare scienza, a fare attività scientifiche e attività tecnologiche, a fare attività educative. Sono anche quelle importanti. Da questo punto di vista la stazione è cambiata perché vedo un sistema che si è affinato negli anni, e quello che prima riuscivamo a fare in due giorni adesso in una mezza mattinata riusciamo a farlo perché i centri di controlli sanno come gestire al meglio le risorse. Mi auguro che questa stazione continui, perché secondo me ha tanto ancora da dare. Mi auguro che si segua l’esempio di questa stazione, di questa unione internazionale dove nazioni non tanto amiche attraverso la stazione si possono unire, possono dare il meglio dal punto di vista scientifico e dal punto vista tecnologico. Mi auguro che questo tesoro che noi abbiamo in futuro continui. E se questa stazione finirà la sua vita, spero e credo che da questa stazione ne nasceranno altre, per continuare questa attività che che penso sia molto importante per tutti noi.

Marco Spagnoli: Paolo, ancora Marco Spagnoli per ASITv. Ti volevo chiedere due cose molto veloci: se c’è qualcosa che secondo te il cinema non ha raccontato della vostra vita, della vostra preparazione; e l’altro elemento che ti volevo chiedere riguarda il tuo impegno come modello, in qualche maniera. Tanti ragazzini sognano di fare l’astronauta grazie a voi. Senti il peso di questa responsabilità?

Paolo: Cominci dalla seconda parte, il il peso della responsabilità. Beh da un lato lo sento, dall’altro devo dire che il contatto con la gente, soprattutto i ragazzi, a mi piace, non mi spaventa. Anzi, mi sento veramente mio agio quando vado in una scuola, e ho i ragazzi attorno che mi saltano addosso. Mi piace parlare con loro, mi piace stuzzicarli, mi piace vedere questi occhi che scintillano quando cominci a parlare di spazio, quando comincio a parlare di scienza e tecnologia. Mi auguro che tanti di loro in futuro decidano di di perseguire questa carriera come come fonte di vita, perché alla fine è una carriera molto bella molto interessante e può sicuramente dare dei risultati appaganti dal punto di vista personale. Non parlo solo di fare l’astronauta, parlo di fare lo scienziato, parlo di fare il matematico, parlo di fare qualsiasi cosa che uno vuole fare, ma mettere a frutto un obiettivo futuro.  Ora però mi sono perso la prima parte della domanda… com’era?

Marco Spagnoli: C’è qualcosa che il cinema non ha raccontato della vostra vita, che ti piacerebbe venisse raccontato?

Paolo: Sì, direi che il cinema fa vedere tutto molto bello, fa vedere tutto scintillante, fa vedere il lato bello della medaglia. Non è che non ci sia un lato un lato, non è che ci siano lati brutti anche in questo lavoro, in questa attività, però voglio dire anche qua non non brilla tutto. Giusto ieri ho fatto un esperimento e ho fatto un errore nella procedura, e questa cosa di solito non viene non viene fatta vedere. Ma anche noi siamo esseri umani, anche noi facciamo errori, anche noi… ieri mi sono sentito mortificato per avere fatto questa cosa. Spero di imparare in futuro… anzi, sicuramente non lo ripeterò più, ma insomma tutti questi lati, che sono parte della vita normale, questi vengono un po’ messi da parte. Ma non siamo né supereroi, né nei super geni, né super niente. Siamo persone normali che però svolgono il loro… hanno la fortuna, devo dire, di svolgere il loro lavoro, la loro attività qua sopra, e sarebbero in tanti che potrebbero farlo. Il cinema questa cosa non lo fa vedere, ci fa vedere tutti come supereroi ma non è poi così vera, a dir la verità.

ESA: Grazie Paolo, l’evento termina qui.

Paolo: Grazie a tutti, grazie all’Agenzia Spaziale Italiana, all’Agenzia Spaziale Europea per questa opportunità, e spero che vi divertiate a Venezia. Spero che il documentario sia interessante, che Alessandra abbia fatto un buon lavoro. Sono sicuro perché il materiale ce l’aveva. Un saluto a tutti, ci sentiamo, ci vediamo presto, magari di persona l’anno prossimo.

 

 

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