È in orbita l’ultimo satellite della terza generazione TDRS
Con il lancio di TDRS-M a bordo di un Atlas V, lo scorso 18 agosto, la NASA ha completato il dispiegamento della terza generazione di satelliti della rete che assicura le comunicazioni tra la Stazione Spaziale Internazionale ed altri veicoli in orbita e la terra.
Cronaca della missione
Il decollo, inizialmente programmato per il 3 agosto, era stato posticipato di due settimane a causa di un incidente avvenuto durante la fase di preparazione e test presso la processing facility della Astrotech Space Operations a Titusville (Florida). In merito alla vicenda non sono stati dati chiarimenti ufficiali, ma sembra che, a causa di un errore umano, una gru abbia urtato una delle antenne Omni S-band di cui il veicolo è dotato, rendendone necessaria la sostituzione.
Quello del 14 luglio non è stato l’unico contrattempo incontrato da TDRS-M, dal momento che a pochi minuti dal lancio, previsto dal pad 41 della base di Cape Canaveral alle 8.03 ora locale (le 14.03 in Italia), si è verificata una condizione anomala del lanciatore che ha costretto a prolungare oltre il previsto la fase di hold programmato in cui si trovava il conto alla rovescia. Come poi spiegato ai media dal Launch Manager della NASA Tim Dunn, è risultato che la turbopompa che trasporta l’ossigeno liquido al motore RL10C-1 del secondo stadio Centaur, non si stesse raffreddando con una velocità sufficiente a raggiungere la temperatura nominale al momento del liftoff.
Il problema, legato ad una perdita nei sistemi a terra e non al vettore, è stato risolto ampiamente entro i limiti della finestra di lancio di 40 minuti e senza patemi per le condizioni meteo, che si presentavano ottimali.
Intorno alle 8.25 i flight controller davano unanimemente il loro GO alla ripresa della parte finale del countdown e alle 8.29 (le 14.29 da noi) l’Atlas, in configurazione 401, ossia sospinto dal solo motore RD-180, senza l’ausilio di booster, si staccava della piattaforma.
Da quel momento in poi il volo si è svolto regolarmente. Un minuto e 20 secondi dopo T-0 il razzo aveva già raggiunto la velocità del suono e si apprestava ad attraversare la fase di massimo stress aerodinamico. La spinta del primo stadio, che bruciava 1,15 tonnellate di propellente al secondo, è durata poco più di 4 minuti. A T+00.04.18 è subentrato il Centaur, la cui accensione ha preceduto di poco il rilascio del fairing.
Per lo storico upperstage, giunto alla missione numero 243, erano previste due accensioni. La prima, di 13 minuti e mezzo, ha portato il razzo in un’orbita di parcheggio fortemente ellittica (183 x 25.680 km con inclinazione di 27°). Sono seguiti poi, 90 minuti di volo inerziale (grosso modo il tempo necessario a percorrere un terzo dell’orbita). La seconda accensione, che aveva l’obiettivo di portare l’apogeo alla quota dell’orbita geostazionaria (35.788 km), ma anche di alzare quanto possibile il perigeo, in modo da minimizzare l’impiego del sistema propulsivo del satellite ed allungarne la vita operativa, è avvenuta a T+01.48.03, ed è durata un minuto.
Al momento della separazione, a T+01.53.46, TDRS-M aveva raggiunto un’orbita di trasferimento di 4.644 x 35.790 km, con un’inclinazione di 26,23°, molto vicina a quella programmata, come poi sottolineato dal CEO di ULA, Tory Bruno:
Trajectory analysis in. Injection accuracy was within 1% of prediction #TDRSM
— Tory Bruno (@torybruno) August 18, 2017
I segnali del satellite sono stati ricevuti dopo pochi istanti da una stazione di rilevamento in Australia e ne hanno confermato le buone condizioni.
Come TDRS-M diventerà operativo
Se tutto procederà come auspicato si prevede che TDRS-M potrà entrare in servizio e, quindi cambiare il proprio nome in TDRS-13, all’inizio del 2018.
Per poter diventare operativo il satellite dovrà anzitutto provvedere a raggiungere l’orbita geostazionaria, innalzando di 29.000 km il perigeo attraverso cinque accensioni del motore a propulsione ipergolica R-4D di cui è dotato. Questa manovra richiederà due settimane. Paradossalmente, un tempo più grande sarà richiesto per mettere in funzione le antenne, a cominciare dalle due parabole in materiale composito di 4,6 metri (le Single Access Antenna), che dovranno riacquisire la loro forma, dopo aver viaggiato, piegate come petali, dentro il fairing.
Abbiamo bisogno che siano completamente dispiegate per fornire le prestazioni richieste per i servizi di comunicazione che sono lo scopo fondamentale la nostra missione – ha dichiarato Dave Littmann, responsabile del progetto TDRS di NASA –. Quindi una delle prime cose che accadono dopo il distacco dal Centaur è il taglio delle cinghie che le trattengono, così da permettere ai nostri riflettori di riprendere forma. Ci vorrà un periodo di un mese o giù di lì perché possano “rilassarsi” e tornare alla loro forma originale, che ne garantisce la piena performance.
Raggiunta l’orbita geostazionaria (inizialmente TDRS-M sarà parcheggiato a 150° Ovest, ossia sul Pacifico) si procederà a dispiegare i pannelli solari, a divaricare sui loro bracci i riflettori e a posizionare la vitale antenna Space-to-Ground Link. Queste operazioni richiederanno dai tre ai cinque giorni: se tutto andrà bene, dopo tre settimane dal lancio il controllo del satellite passerà al centro della NASA di White Sands, nel New Mexico.
Nel corso di ben quattro mesi i team della NASA e di Boeing effettueranno ogni sorta di test per verificare che TDRS-M sia in grado di svolgere i servizi per cui è stato progettato. Al termine, probabilmente a gennaio 2018, a seguito dell’esito positivo della On-Orbit Acceptance Review, il satellite sarà finalmente “consegnato” alla NASA che, dopo un altro mese di test, lo posizionerà nella sua destinazione operativa, sopra l’Atlantico.
La fine di un’era?
Se forse è un po’ eccessivo definire il lancio di TDRS-M la fine di un’era – come ha fatto Jeff Foust su SpaceNews – , di certo con questa missione qualcosa giunge a termine.
TDRS-M sarà l’ultimo satellite della terza generazione del Tracking Data and Relay Satellite System. Il contratto del 2007, con il quale NASA commissionò a Boeing TDRS-K e L prevedeva un’opzione per altri due satelliti. Nel 2011 l’agenzia spaziale esercitò la sua opzione per il terzo, TDRS-M appunto, ma non per un quarto:
La messa in orbita dei satelliti dipende dalla loro necessità – ha dichiarato Badri Younes, vice amministratore associato della NASA per il settore Space Communications and Navigation –. In questo momento non c’è bisogno di un TDRS-N. Si profilerà l’esigenza di ulteriori capacità di trasmissione dati solo attorno al 2025.
TDRS-M sarà perciò l’ultimo esemplare prodotto sulla piattaforma per satelliti 601, introdotta nel 1987 da Hughes Space and Communication, società che nel 2000 è stata acquisita da Boeing. In trent’anni, sono stati ben 76 i satelliti, realizzati su varie versioni di questo bus per conto di soggetti governativi e privati, che hanno raggiunto l’orbita.
TDRS-M permetterà all’agenzia spaziale americana di mantenere fino al prossimo decennio la funzionalità di un sistema di comunicazione che si sta dimostrando eccezionalmente longevo (si pensi il più antico componente attivo della costellazione – TDRS-6 – è stato lanciato del 1993), ma che probabilmente è destinato a subire, negli anni a venire una profonda trasformazione.
I satelliti per le comunicazioni che la NASA intende impiegare in futuro, infatti, implementeranno nuove tecnologie come la comunicazione laser, la crittografia quantistica e il disruption tolerant networking e, probabilmente, non saranno parte di una “quarta generazione”. Secondo Younes è possibile che nel futuro non ci sarà più un sistema TDRS come l’intendiamo oggi. Anche in questo settore, infatti, si auspica che i protagonisti diventino i privati:
L’obiettivo ottimale della NASA è quello di favorire lo sviluppo delle tecnologie ed aprirne l’accesso al settore commerciale, in modo che questi servizi possano essere offerti da fornitori privati. La NASA in futuro non avrà più bisogno di costruire questi strumenti, potrà diventare un utilizzatore tra tanti altri.
Video del lancio, trasmesso da NASA Television
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