Ottantuno satelliti totali, da quasi 850 kg l’uno, che saranno posizionati in orbita bassa terrestre (Low Earth Orbit, LEO) con otto lanci a bordo di un Falcon 9 di SpaceX. È la costellazione Iridium Next, la nuova generazione del provider americano Iridium, costruita tra l’Italia e la Francia da Thales Alenia Space.
Il prossimo lancio è fissato tra pochi giorni, per il 25 giugno, quando un Falcon 9 decollerà dalla base di Vandenberg, in California, con a bordo il secondo batch di dieci satelliti. In totale gli elementi in orbita saranno 72, con nove spacecraft che rimarranno come riserva a Terra.
Il primo lift-off, invero con un po’ di ritardo, è arrivato nel gennaio scorso e ha segnato il ritorno in volo di SpaceX dopo l’incidente del primo settembre del 2016. Dopo il decollo del 25 giugno, il terzo è già fissato per agosto e si andrà avanti al ritmo di un lancio ogni due mesi, con dieci satelliti per volta.
Una volta nello Spazio i 66 satelliti effettivamente in servizio (sei le riserve in orbita) saranno disposti in sei piani orbitali differenti, a circa 780 chilometri di quota, e offriranno servizi di telecomunicazione voce e dati su scala globale, con una copertura del 100% della superficie terrestre, oceani e poli inclusi. Per intenderci, i clienti di Iridium sono sostanzialmente tutti coloro che hanno necessità rimanere in contatto con il resto del mondo da qualsiasi angolo del globo: governi, settore marittimo, oil and gas, costruzioni, servizi di emergenza.
La costruzione di un numero così elevato di elementi ha spinto il costruttore, Thales Alenia Space, a uno sforzo industriale e produttivo non indifferente. La joint venture tra Thales (al 67%) e Leonardo (33%) ha sviluppato le componenti degli spacecraft tra i suoi stabilimenti italiani e francesi, mentre l’assemblaggio finale è effettuato negli Stati Uniti da Orbital ATK, azienda americana partner del gruppo franco-italiano in diversi progetti.
Abbiamo parlato di Iridium Next e degli sviluppi futuri dell’industria satellitare, che vede all’orizzonte il sorgere di costellazioni sempre più numerose, con Bertrand Maureau, vice Presidente esecutivo per le telecomunicazioni di Thales Alenia Space.
Quali sono le principali caratteristiche della costellazione Iridium Next?
Con Iridium abbiamo firmato un contratto nel 2010 per la consegna in orbita di tutti gli elementi della costellazione. Il contratto vale circa 2,1 miliardi e, tra le caratteristiche richieste dal committente, c’è la completa compatibilità della nuova generazione con quella precedente, un vincolo aggiuntivo importante per noi.
Dal punto di vista tecnico si tratta di satelliti basati su un antenna attiva in banda L, in grado di comunicare direttamente con i singoli utenti. L’antenna è stata costruita da Thales Alenia Space Italia nei due siti di l’Aquila e Roma. In Abruzzo si sono occupati dell’unità elettronica, mentre nella capitale si sono occupati dell’integrazione. I satelliti, inoltre, sono equipaggiati con un regenerative processing payload che li rende all-digital.
Al momento i satelliti effettivamente pronti sono 46: dieci in orbita, dieci in attesa del lancio e 26 già costrutti. Stiamo cominciando a lavorare sul 51esimo spacecraft e stiamo procedendo con un ritmo di 4/5 satelliti al mese. Un rateo che ci permette si essere sempre avanti alla cadenza di lancio di SpaceX. La nostra previsione è che più o meno entro la fine dell’anno avremo finito.
Dove avviene l’integrazione dei satelliti?
Solo il primo satellite di Iridium Next ha visto il payload costruito nei nostri stabilimenti di Tolosa e l’assemblaggio finale in quelli di Cannes. Il primo esemplare è servito per la qualificazione dell’intero sistema e comunque volerà insieme agli altri. Gli 80 rimanenti sono assemblati e testati a Phoenix, negli stabilimenti di Orbital ATK, nostro subcontractor in questo progetto.
Nei piani iniziali i primi due satelliti di Iridium Next dovevano essere lanciati con il Dnepr russo. Poi una lunga serie di inconvenienti politici li ha portati tutti sul Falcon 9. Questo ha cambiato qualcosa per voi?
I satelliti sono stati progettati per essere compatibili con entrambi i lanciatori, quindi dal punto di vista costruttivo non è cambiato nulla. Quello che è mutato è l’approccio. Il lancio dei primi due elementi con il Dnepr era stato deciso per minimizzare i rischi. Se ci fosse stato qualche problema, da un punto di vista della gestione era meglio impattare su solo due elementi che su dieci. Fortunatamente le cose sono andate bene anche con dieci. In un primo tempo poi, sul Falcon 9 dovevano salire solo nove spacecraft. Ma poi SpaceX ha migliorato il lanciatore e così riusciamo a trasportare un satellite in più per lancio.
Posizionare satelliti di comunicazione in orbita LEO che vantaggi offre rispetto all’orbita geostazionaria (Geostationary Earth Orbit, GEO)?
Ci sono tre ordini di vantaggi. Il primo è la possibilità offrire una copertura totale della Terra rispetto ad un satellite geostazionario, che copre più o meno un terzo del pianeta e non arriva ai poli. Il secondo vantaggio è la distanza: in orbita LEO i satelliti sono più vicini alla superficie e quindi agli utenti finali. In questo modo è possibile comunicare molto più facilmente con i cellulari dei clienti, che hanno bisogno così di meno energia e di antenne più piccole.
Il terzo vantaggio è legato alla latenza del segnale, cioè a quanto tempo materialmente il “pacchetto” dati copre la distanza tra lo spacecraft e l’utente, che è più bassa. Questo permette di avere una velocità più adeguata per servizi specifici. Ovviamente tutto dipende dal servizio richiesto: se dobbiamo guardare un film in streaming la latenza non è importante, ma quando si parla di interattività, diventa chiaramente fondamentale. Nei satelliti GEO, infatti, posti a 36mila chilometri di quota, la latenza è ancora un problema.
Molte provider stanno andando verso lo sviluppo di costellazioni con centinaia (se non migliaia) di satelliti, le cosiddette megacostellazioni. Iridium può essere considerata il primo che ha intrapreso questa strada?
Si, assolutamente. Iridium è stato il primo e poi sono arrivati altri provider come GlobalStar e O3B. La costellazione di Iridium però ha una complessità maggiore. Tutti gli elementi della flotta, infatti, sono collegati l’un l’altro tramite il sistema InterSatellite Link (ISL) che permette di andare da un punto della Terra all’altro senza passare per le ground station. Questo da un lato è un enorme vantaggio per gli utenti, perché il network è completamente in orbita, ma dall’altro è stato per noi un’importante sfida tecnologica.
In passato un satellite veniva considerato un “pezzo unico” e tendenzialmente irripetibile. Costellazioni come Iridium Next, invece, aprono invece la strada alla costruzione seriale e massificata dei satelliti. Cosa cambia per un costruttore satellitare quando deve far fronte ad un numero così elevato di spacecraft?
Bisogna partire da un presupposto, la progettazione è sempre legata alla capacità di produzione. Quando costruiamo uno o due satelliti cerchiamo sempre la prestazione assoluta e non ci preoccupiamo troppo dei processi per produrlo più facilmente.
Invece, nel caso di Iridium Next bisogna tenere conto di tutti i vincoli, organizzativi, di reperibilità dei componenti, legati alla produzione. Quindi il design è di fatto influenzato da come il satellite sarà prodotto.
Quando si costruiscono cento satelliti, si può investire in sistemi produttivi più complessi, in cui il più alto costo iniziale si ripaga con la maggiore quantità di satelliti assemblati. La nostra strategia, quindi, è stata ottimizzare la produzione anche a costo di spenderci qualcosa in più.
Stiamo assistendo ad un cambio di paradigma nell’industria satellitare e, di conseguenza, dei lanciatori?
Assolutamente si. Per quanto riguarda i lanciatori, il fatto di aver tanti satelliti da portare nello Spazio ha creato nuove realtà sul mercato, come ad esempio la Blue Origin di Jeff Bezos.
Ma molte cose stanno cambiando anche nella nostra cultura produttiva. Per esempio, il nuovo sito dell’Aquila di Thales Alenia Space è stato ricostruito dopo il terremoto del 2009 adeguandolo alla produzione di serie. In Belgio stiamo costruendo un nuovo impianto per i pannelli solari che segue la stessa filosofia. Però il beneficio del nuovo paradigma non riguarda solo le megacostellazioni, ma anche i satelliti geostazionari. Infatti, applicando il nuovo approccio anche ai satelliti “tradizionali” in orbita GEO riusciamo ad essere più competitivi anche in questo settore. Insomma, stiamo lavorando per portare i principi dell’Industria 4.0 anche al mondo dei satelliti.