Blue Origin ha riferito domenica scorsa di aver perso un un set di turbopompe del suo propulsore BE-4 durante un test: l’imprevisto causerà un ritardo nello sviluppo del motore che la United Launch Alliance ha scelto come primo candidato per la propulsione del suo vettore di ultima generazione Vulcan.
Con un tweet inviato il 14 maggio, l’azienda del settore spaziale guidata da Jeff Bezos, CEO di Amazon, ha riportato un incidente occorso durante i test del nuovo motore BE-4 che dovrebbe potenzialmente sostituire il propulsore di costruzione russa RD-180 in una serie di vettori ed essere alla base dello sviluppo di un nuovo lanciatore della ULA, il Vulcan.
We lost a set of powerpack test hardware on one of our BE-4 test stands yesterday. Not unusual during development.
— Blue Origin (@blueorigin) May 14, 2017
L’azienda non ha rilasciato altri dettagli in merito, a parte chiosare che si tratta un evento piuttosto comune nei test, confermando in un successivo tweet che i test saranno di nuovo in corso a breve. Blue Origin prova i suoi motori e i suoi razzi in Texas, in una struttura di proprietà dell’azienda localizzata vicino a Van Horn. Nelle scorse settimane, sia Bezos che una serie di dirigenti di Blue Origin, aveva suggerito che il primo test a scala 1:1 di un propulsore BE-4 sarebbe stato imminente.
L’azienda punta ora alla ripetizione immediata della prova, seguendo una filosofia orientata allo sfruttamento intensivo dei componenti durante un periodo esteso di prove, piuttosto che allo sviluppo centrato su simulazioni software. «Per questo programmiamo le nostre sessioni di test con una grande quantità di componenti disponibili», ha aggiunto Blue Origin nel suo secondo tweet del 14 maggio.
Il powerpack include le turbopompe e le valvole che forniscono l’ossidante ed il combustibile agli iniettori e alla camera di combustione in un vettore a combustibile liquido. Le turbopompe di un BE-4 generano una potenza di 70.000 cavalli da una turbina che opera a 19.000 giri al minuto, distribuendo propellente criogenico ad una pressione di circa 350 bar.
Il BE-4 riesce ad erogare una spinta di 550.000 libbre-forza (corrispondenti a circa 2.500 kilonewton tramite la combustione di metano e ossigeno liquidi. In questo senso è il motore razzo a propulsione a metano più grande mai costruito. Il nuovo vettore New Glenn della Blue Origin, il cui lancio inaugurale è previsto per il 2020, monterà il motore BE-4 sul suo primo stadio.
Tory Bruno, presidente e CEO di United Launch Alliance, ha dichiarato il mese scorso che Blue Origin era in vantaggio rispetto a Aerojet-Rocketdyne nello sviluppo del nuovo motore destinato a rimpiazzare l’RD-180 di costruzione russa. L’RD-180 è il propulsore base dell’Atlas V, storico cavallo di battaglia della ULA che vanta una ragguardevole serie positiva di successi senza imprevisti al lancio.
Il governo statunitense e la ULA hanno stretto un accordo nel 2014 per limitare e in ultimo eliminare i propulsori di costruzione russa dai lanciatori per la messa in orbita di satelliti utilizzati per la sicurezza nazionale e di impiego militare. L’arrivo sul mercato di SpaceX ha anche spinto la ULA a valutare un lanciatore più economico, il cui progetto è stato denominato Vulcan, in modo da ritirare buona parte delle versioni di Delta IV decisamente dispendiosi entro il prossimo anno, oltre che dismettere l’Atlas V nei primi anni del prossimo decennio.
I due candidati principali a fornire la propulsione del primo stadio del Vulcan sono appunto il BE-4 e l’AR1 della Aerojet-Rocketdyne. Due BE-4 (o due AR1) saranno quindi alla base del primo stadio del futuro razzo vettore della ULA.
Se i test della Blue Origin andranno come previsto, l’azienda conta di qualificare il propulsore BE-4 per il volo entro la fine dell’anno e averlo disponibile commercialmente per i lanci nel 2019. Sull’altro fronte, con un anno netto di ritardo, la Aerojet-Rocketdyne ha riportato di puntare alla certificazione dell’AR1 nel 2019 e al lancio del vettore nel 2020.
Si tratta quindi di un fronte tecnologico e commerciale estremamente dinamico, dal quale dipenderanno gli equilibri del prossimo futuro tra i principali attori privati del settore spaziale: al lavoro di Blue Origin è legata in parte la possibilità per ULA di reinventare con successo la lunga tradizione di affidabilità dei lanciatori Delta e Atlas, mentre SpaceX continua il proprio lavoro di riduzione dei costi di lancio mediante il riutilizzo dei booster, in un contesto che conferma il settore spaziale privato americano come fronte di innovazione primario e di sfida per tutte le aziende e le agenzie spaziali nazionali.