Terminata la missione dello storico satellite EO-1, rimarrà però in orbita fino al 2056.

Lo scorso 30 marzo NASA ha comunicato di aver ufficialmente terminato la missione del satellite per l’osservazione della Terra Earth Observing 1, che però impiegherà circa 39 anni per scendere dai 700 km dell’orbita polare fino al rientro distruttivo in atmosfera.

Realizzato da Swales Aerospace (ora acquisita da Orbital ATK) per il NASA Goddard Space Flight Center (GSFC) e lanciato nel novembre 2000 da Vandenberg a bordo di un Delta II, EO-1 aveva una vita operativa prevista di soli 12 mesi ed un’aspettativa di funzionamento dei sistemi di 18 mesi.
Il suo obbiettivo primario era la validazione di 13 nuove tecnologie nel campo dell’osservazione satellitare, autonomia decisionale e volo controllato.
Nel corso degli anni, grazie alle sue prestazioni, NASA ne ha sempre prolungato l’operatività, trasformandolo ufficiosamente da prototipo ad operativo vero e proprio.

Fuoriuscita da un impianto che tratta alluminio in Ungheria nel 2010.

EO-1 ha fornito più di 92.000 immagini di quello che avveniva sul nostro pianeta, tra cui in particolare le conseguenze dell’attacco al WTC di New York l’11 settembre 2001, l’uragano Katrina a New Orleans e le successive inondazioni, terremoti e frane, vari incendi e molte eruzioni vulcaniche tra cui quella dell’Eyjafjallajökull in Islanda. Inoltre può vantare il primato di essere stato il primo satellite a riprendere e mappare i flussi di lava attiva, il primo a rilevare e misurare una fuoriuscita accidentale di metano, da un impianto in California ed il primo a mappare la riforestazione della foresta amazzonica.
I dati forniti dal satellite sono stati utilizzati per oltre 1500 pubblicazioni scientifiche.

Eruzione del campo di lava Holuhraun in Islanda nel 2014.

“EO-1 ha cambiato il modo in cui le osservazioni spettrali della Terra vengono acquisite, analizzate ed utilizzate dalla comunità scientifica.”
Queste le parole di Betsy Middleton, EO-1 project scientist presso il NASA Goddard Space Flight Center.

Tutti gli strumenti a bordo erano sperimentali, degni di nota sono l’Advanced Land Imager (ALI), per l’acquisizione di immagini contemporaneamente in 9 lunghezze d’onda e lo spettrometro Hyperion, funzionante a 200 bande spettrali, per il riconoscimento dei componenti chimici.
EO-1 era anche fornito di un software di controllo che lo rendeva autonomo riguardo agli obbiettivi da riprendere ed uno per il controllo del volo in formazione, che gli permetteva di passare sull’obbiettivo sempre 1 minuto dopo il collega Landsat-7. Prima di EO-1 nessun satellite aveva mai volato in formazione così stretta sulla stessa orbita.
Tutte le tecnologie sono quindi state applicate per la realizzazione del satellite Landsat-8 lanciato nel 2013.

New York ripresa l’11 settembre 2001.

Per evitare future esplosioni da collisione, negli ultimi giorni il satellite era stato svuotato di tutta l’idrazina rimasta nei serbatoi e per agevolarne la decadenza dall’orbita, le ruote di reazione sono state impostate per mantenerlo in un assetto di massimo attrito con il vento solare.
Nonostante questo accorgimento ed a causa del fatto che il satellite è poco più grande di un frigorifero, EO-1 impiegherà comunque circa 40 anni per disintegrarsi completamente nell’atmosfera, contravvenendo alla politica per la riduzione dei detriti spaziali che impone al massimo un periodo di 25 anni.
Questo è dovuto ad una deroga del 2007 che ha concesso ai manager del programma di utilizzare il carburante all’ora rimasto per mantenere l’altitudine stabile a 700 km, anziché abbassarla per ridurre il tempo di ricaduta.

Fonte e foto credit: NASA

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Simone Montrasio

Appassionato di astronautica fin da bambino. Dopo studi e lavoro nel settore chimico industriale, per un decennio mi sono dedicato ad altro, per inserirmi infine nel settore dei materiali compositi anche per applicazioni aerospaziali. Collaboro felicemente con AstronautiNEWS dalla sua fondazione.