A Spinoff a Day – Il contributo del JPL alle fotocamere degli smartphone
La tecnologia di base che ha permesso lo sviluppo e la distribuzione mondiale delle videocamere integrate negli smartphone proviene da uno studio condotto presso il JPL: i semiconduttori CMOS.
La nascita dell’idea
“La gente mi considerava un’idiota a lavorare su questo tipo di semiconduttori”. Eric Fossum ricorda i suoi primi esperimenti presso il JPL con ciò che al tempo era una forma alternativa di sensori ottici.
La sua invenzione, la tecnologia CMOS (Complementary Metal-Oxide Semiconductor o “semiconduttore complementare a ossidi metallici”), è poi diventata la ricaduta più diffusa di NASA, dominando l’industria delle immagini digitali e permettendo la comparsa dei video ad alta definizione, delle videocamere negli smartphone e la nascita dei social media così come li conosciamo. I dispositivi ottici basati sulla tecnologia CMOS erano stati ideati negli anni ’60, ma la loro diffusione è stata possibile solo negli ultimi vent’anni, ossia dopo aver risolto vari problemi di carattere tecnico tra cui il troppo rumore nel segnale.
I sensori basati sui CCD (Charged-Coupled Devices), invece, hanno permesso l’avvento di una fotografia digitale di alta qualità già dagli anni 80. Questi sensori contengono pixel fotorecettori che accumulano cariche se esposti alla luce e le trasferiscono ad una ad una per poi essere amplificate e misurate. I CCD sono capaci di produrre immagini scientificamente rilevanti, ma richiedono molta energia e un’estrema efficienza di trasferimento delle cariche.
Fossum era un esperto in tecnologia CCD (è stato il motivo che ha portato il JPL ad assumerlo nel 1990), ma credeva nella possibilità di produrre immagini in formato digitale con apparati più piccoli e più leggeri utilizzando i semiconduttori CMOS: i sensori APS (Active Pixel Sensors) da lui ideati.
Fondamentalmente ha escogitato un modo per ridurre il segnale di rumore che tormentava le prime fotocamere applicando la tecnica dei “sensori a pixel attivi con trasferimento di carica” grazie alla quale ha potuto misurare la tensione di un pixel sia prima che dopo l’esposizione”. È un po come quando si va dal macellaio: prima pesa la tara e poi aggiunge il cibo” spiega Fossum. Scattando una fotografia alcuni parametri vengono leggermente modificati, la temperatura cambia e i transistor subiscono lievi fluttuazioni, latenti nella lettura del fotorecettore, ma che vanno ad influire sulla qualità globale dell’immagine. Correggendo questi elementi viene prodotta un’immagine più nitida.
Poiché i pixel CMOS sono loro stessi amplificatori di segnale, ognuno di essi può leggere il proprio anziché trasferire tutte le cariche ad un singolo amplificatore comune. Questo diminuisce la tensione ed elimina i problemi dell’efficienza nel trasferimento di carica. Inoltre ha il beneficio aggiuntivo di permettere a quasi tutte le videocamere elettroniche di essere integrate nei chip usando i normali processi di produzione della tecnologia CMOS, rendendo il tutto più compatto, affidabile ed economico.
La primissima idea di una fotografia digitale venne dall’ingegnere Eugene Lally negli anni ’60 sempre presso il JPL, dove ora è nato il concetto di una fotocamera digitale su un chip.
Trasferimento tecnologico
Nel 1993 Fossum e il suo team sapevano di avere per le mani qualcosa di molto importante sia per le missioni NASA che per l’elettronica di consumo, ma diversi colleghi e operatori dell’industria digitale tendevano a porre resistenza a questa nuova idea. Come dar loro torto, dato che stava per cannibalizzare il lavoro di parecchi tecnici nell’ambito digitale.
Nonostante i dubbi sul potenziale di CMOS, diverse aziende hanno però firmato un contratto con il JPL per poter sviluppare questo processo. Nel 1995 Fossum è diventato il primo scienziato del JPL a brevettare un’invenzione propria e poi a fondare un’azienda per creare sensori da immettere sul mercato. La ditta Photobit ha anche brevettato tecnologia per aziende come Kodak, Intel e Shick Technologies, e quest’ultima ha ottenuto una licenza esclusiva per l’utilizzo del CMOS per l’imaging dentale.
Temendo una spietata competizione da parte dei giganti dell’elettronica che stavano iniziando a sviluppare i propri sistemi di rilevamento immagine tramite CMOS, nel 2001 i fondatori di Photobit vendettero l’azienda alla Micron Technology che avrebbe potuto sopportare meglio le rivalità del mercato.
Benefici
Qualsiasi sia stato il destino dell’azienda, i suoi sensori avevano già aperto la strada alle webcam costruite da Logitech e Intel, così come alle “telecamere pillola” fornite da Given Imaging come tecnica per endoscopia non invasiva. Anche le digital single-lens reflex sono state fra le prime utilizzatrici della tecnologia CMOS, la quale ha permesso di fotografare improvvisi sbalzi di luce ad alta risoluzione (ad esempio l’accensione dei motori di un razzo).
L’utilizzo più ampio riguarda gli smartphone, per i quali però alcune questioni non sono ancora state risolte, come ci ricorda Fossum: “Per gli smartphone queste fotocamere sono diventate ‘l’applicazione killer’: la durata della batteria e le dimensioni della fotocamera sono aspetti molto importanti in un telefono cellulare”. Questo ha portato la Micron a migliorare la tecnica sempre di più, riuscendo comunque ad abbattere i costi grazie alla produzione intensa dovuta all’alta richiesta del mercato. Ad oggi quasi tutte le videocamere hanno integrata l’invenzione di Fossum.
Le fotocamere degli smartphone, che non sarebbero state quindi possibili senza i sensori CMOS, hanno avuto un enorme impatto culturale supportando la nascita dei social media e aumentando la consapevolezza nei confronti delle notizie da tutto il mondo. “Le crisi mondiali o gli avvenimenti di tutti i giorni sono aspetti che ora possono essere documentati da ognuno di noi grazie ai nostri dispositivi portatili. Questo è un impatto che è andato oltre le nostre aspettative” confessa Fred Farina, il responsabile dell’innovazione e delle partnership aziendali di Caltech, alla quale ora appartiene il brevetto.
Sandor Barna, vice-presidente del settore delle tecnologie chiave di GoPro sottolinea come l’industria digitale sia passata alle telecamere CMOS grazie all’avvento dei video ad alta risoluzione. Per girare un video con così tanti pixel una fotocamera basata sulle CCD richiederebbe moltissima energia prosciugando le batterie e surriscaldando i dispositivi. In sensori CMOS, invece, permettono un sensibile risparmio energetico oltre ad un ingombro molto limitato, caratteristica indispensabile per i dispositivi GoPro che generalmente vengono indossati sul corpo per catturare sequenze di azioni in video fino a 240 frame al secondo.
Dal 2015 questo mercato ha iniziato ad includere applicazioni nell’ambito automobilistico, della sorveglianza e dell’industria medica.
Cercando di visualizzare il futuro del mercato, Eric Fossum sta ora lavorando su ciò che pensa essere la prossima rivoluzione nell’imaging digitale: Il suo Quanta Image Sensor è in grado di accumulare miliardi di pixel, ognuno progettato per essere sensibile ad un singolo fotone, ma in una scocca non più grande di quelle utilizzate nelle attuali fotocamere, aumentando significativamente la sensibilità dei dispositivi nelle situazioni di scarsa illuminazione.
Questo chip di nuova generazione dovrà essere compatibile con la maggior parte della tecnologia già esistente, “Per le industrie che costruiscono sensori CMOS credo sarà piuttosto facile spostarsi nel settore dei sensori QIS se lo si vorrà”.
Per approfondire:
Spinoff nel dettaglio [ENG]
Brevetto del sensore a pixel attivi con trasferimento di camera [ENG]
Sito di Micron Technology [ITA]
Slide di Eric Fossum sul Quanta Image Sensor [pdf – ENG]
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