Test dei paracadute per la capsula Orion
Un prototipo del veicolo Orion della NASA, attualmente in fase di sviluppo e che avrà il compito di trasportare astronauti in missioni nello spazio profondo, è stato oggetto, lo scorso mercoledì, di un test per verificare il corretto funzionamento dei paracadute, che avranno il compito di far atterrare in sicurezza il veicolo con a bordo gli astronauti al momento di una reale missione.
Il modulo usato per il test, avente la stessa forma della capsula Orion con un guscio esterno di gomma piuma, è stato posizionato nella stiva di un aereo da trasporto C-17, portato ad un altitudine di 25.000 piedi, circa 7.600 metri, e lanciato verso il suolo. Il test è avvenuto presso lo Yuma Providing Ground in Arizona.
Una volta rilasciata la sonda, durante la fase discendente, per primi sono entrati in funzione due paracadute ritardanti, i quali hanno il compito di stabilizzare la discesa della capsula, poi è stata la volta dei tre paracadute principali da 35 metri di diametro, e di colore bianco ed arancione, che hanno il compito di rallentare la caduta del prototipo.
Il test ha simulato le condizioni in cui i paracadute si sarebbero dovuti attivare nel caso in cui la missione venga abortita subito dopo il lancio. La capsula, infatti, aveva una velocità iniziale relativamente lenta, di “soli” 130 mph, circa 209 km/h. Se si fosse voluta simulare una normale missione, la capsula avrebbe dovuto possedere una velocità iniziale di 310 mph, ossia 499 km/h.
Sarà compito degli ingegneri, ora, analizzare le performance, a basse velocità, dei due paracadute ritardanti e il gonfiaggio dei tre principali, i quali si trovavano sospesi a circa 80 metri sopra la capsula prima che questa toccasse il suolo.
Il test effettuato era il secondo degli otto previsti e progettati per testare il sistema di paracadute di Orion. In realtà, quando la capsula entrerà in servizio, invece di atterrare nel deserto, come durante questi test, atterrerà in mare.
Ricordiamo che lo spacecraft Orion ha già effettuato una missione di prova, un volo in orbita terrestre, senza pilota, fatto nel Dicembre del 2014. La prossima missione, anch’essa unmanned, è prevista non prima della fine del 2018 e presumerà un viaggio di andata e ritorno intorno alla Luna.
A seguito di una richiesta dell’amministrazione Trump, la NASA sta studiando se aggiungere un equipaggio di due persone al prossimo test di volo di Orion. Se questa decisione verrà presa, la missione, chiamata Exploration Mission-1, potrebbe subire dei ritardi necessari per completare lo sviluppo e la sperimentazione dei sistemi di interruzione e di supporto vitale della capsula. La presenza umana, inoltre, farebbe incrementare il costo del programma.
L’agenzia spaziale americana e il contractor di Orion, Lockheed Martin, prevedono di riutilizzare i paracadute oggetto del test di Mercoledì per le prossime prove previste. Stesso destino toccherà al prototipo costruito che verrà riutilizzato in quattro dei sei test rimanenti.
Per le ultime due prove, invece, si utilizzerà una massa inerte di forma affusolata destinata a simulare la capsula al rientro.
I danni al guscio esterno in gomma piuma che si vedono nelle immagini sono attesi. Infatti, tale guscio è sacrificabile e il suo compito è proprio quello di proteggere la struttura primaria della capsula e l’avionica dai danni provocati dall’atterraggio.
Secondo Jared Darum, ingegnere che lavora sul Parachute Assembly System di Orion, nessuno degli 11 paracadute presenti sulla capsula, una volta usati in una vera missione, saranno riutilizzati per missioni successive.
Gli ingegneri esamineranno video e dati registrati durante l’ultimo test mentre si preparano per le prossime prove. Dei tecnici, invece, ispezioneranno i paracadute e la capsula alla ricerca di tagli e ammaccature.
Ai giornalisti giunti sul sito per assistere al test, Daum ha dichiarato:
Siamo un passo più vicini. Abbiamo ancora sei test davanti e tanto lavoro da fare.
Vi lasciamo con le immagini scattate lo scorso 8 Marzo durante il test del sistema di paracadute di Orion.
Fonte: NASA
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