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Ancora su Marte
Si potrebbe dire a buon titolo che la NASA ad oggi è “padrona di Marte”, essendo l’unica agenzia ad aver inviato con successo diversi rover sulla sua superficie. I recenti problemi al processo cosiddetto di EDL (Entry, Descent and Landing) che hanno interessato i progetti dell’ESA, i ritardi della seconda parte di Exomars e il solco ancora profondo che ne separa il know how dalle agenzie emergenti, pone la NASA in posizione di netto vantaggio. Che questo sia realmente spendibile per una missione astronautica sul Pianeta Rosso è vero solo in parte. Il grande rumore creato dall’amministrazione uscente intorno al cosiddetto Journey to Mars, è in effetti, in gran parte trambusto mediatico. Del viaggio su Marte, di concreto, rimane appunto l’esplorazione robotica, con grandissimi e preziosi successi, ma ben poco altro, dal momento che lo sviluppo del vettore va a rilento e la molto pubblicizzata attività astronautica in orbita bassa correlata ad un viaggio interplanetario lascia aperte quasi tutte le variabili. Dalla possibilità di camminare su Marte dopo un viaggio a dir poco debilitante, alla possibilità di condurre un trasferimento così ambizioso senza avere rifornimenti. Senza dimenticare proprio il particolare forse più importante: l’atterraggio su Marte, che al momento la NASA ha condotto più volte con successo con tecnologie diverse, ma che ha affrontato masse di carico utile decisamente inferiori a quelle che si rendono necessarie per uno sbarco umano. Un’agenzia di nuovo in trasformazione con un cambio di amministrazione in corso, deve allora lavorare focalizzandosi sugli aspetti più concreti e la missione Mars 2020 promette di essere tale, mettendo a frutto l’esperienza pluridecennale nell’ambito dell’esplorazione scientifica. Il nuovo rover, che partirà a bordo di un lanciatore Atlas V, solcherà la superficie di Marte per svolgere indagini geologiche nel sito di atterraggio, verificare le condizioni di abitabilità dell’ambiente, anche in previsione di future missioni umane, e andare in cerca di antiche tracce di vita. E un significativo passo avanti per il progetto è stato proprio il workshop che si è tenuto di recente per identificare il miglior sito di atterraggio per la missione.
Un terzetto per Mars 2020
La lista iniziale comprendeva otto aree, ma è stata ridimensionata nel corso del “3rd landing site workshop for the 2020 Mars Rover mission”, tenutosi dall’8 al 10 febbraio 2017 a Monrovia in California. I candidati sono rimasti tre: vediamo quali.
Il primo sito, a nord est del vulcano Syrtis, ospitava un tempo sorgenti calde. L’interesse per questo sito è acceso dalla possibilità che le attività idrotermali possano aver favorito un tempo la presenza di vita microbica, sviluppatasi in acqua a contatto con fondali rocciosi. La struttura sedimentaria della sua geologia depone a favore di una ricca interazione tra acqua e minerali nei successivi periodi della storia di Marte.
Il secondo sito è importante per la natura discontinua della sua storia climatica nel quadro globale. Si tratta del cratere Jezero, che ospitava un lago, successivamente prosciugatosi. In realtà il lago si sarebbe riempito d’acqua e svuotato in almeno due occasioni: circa tre miliardi e mezzo di anni fa, l’acqua sarebbe entrata nel cratere attraverso una rete di canali le cui tracce sono ancora visibili nelle immagini riprese dalla sonda Mars Reconnaissance Orbiter. Gli scienziati hanno identificato prove che depongono a favore del trasporto di minerali d’argilla nel cratere e quindi, vita microbica potrebbe aver dimorato nel cratere Jezero durante una delle sue fasi umide. Se così, il sito potrebbe contenere tracce di vita passata nei letti idrici dei canali.
Il terzo sito, le colline Columbia, si trova all’interno del cratere Gusev, sito di atterraggio originale del rover Spirit nel 2004. Proprio una scoperta primaria di Spirit, che aveva confermato la presenza di sorgenti calde nel passato del cratere, ha messo in pole position questo sito.
Tra gli esclusi illustri va menzionato Nili Fossae, un gruppo di fosse tettoniche concentriche nella zona di Syrtis Major. Qui la superficie è stata modellata dagli impatti e dallo scorrere delle faglie. Dall’orbita sono state rilevate grandi quantità di silice ed argille ma soprattutto, è uno di quei punti in cui le osservazioni terrestri hanno mostrato tracce di metano in atmosfera, un gas la cui presenza su Marte è molto discussa e che potrebbe avere un’origine biologica.
Con questo portafoglio di proposte, i team scientifici possono ora focalizzarsi sullo studio dei dati raccolti dalle varie strumentazioni delle sonde orbitanti e dei rover. La mole di dati raccolti è notevole e basti pensare che nel caso del sito a Gusev, lo studio delle proprietà delle sorgenti calde è avvenuto solo dopo lo “spegnimento” di Spirit nel 2010.
La short list dei siti potrebbe subire ancora dei cambiamenti in relazione allo stato di avanzamento della missione e a un’ulteriore definizione dei target scientifici. Va poi ben sottolineato che la missione Mars 2020, come quasi tutti i progetti NASA al momento attuale, deve ancora superare un notevole percorso ad ostacoli. Secondo un rapporto pubblicato il 30 gennaio dall’Office of Inspector General della NASA, il lancio potrebbe essere rimandato a causa di una serie di problemi tecnici e, soprattutto, di ritardi relativi ai vari contributi realizzati dai partner internazionali. C’è da ricordare infatti che Mars 2020 imbarcherà diversi strumenti provenienti da svariate istituzioni di ricerca, molte della quali non statunitensi. La maggior causa di preoccupazione sarebbe il sistema di campionamento, il vero e proprio fulcro del programma, che dovrebbe raccogliere e conservare i campioni per rispedirli un domani a Terra con una missione successiva.