Un razzo, 104 satelliti in orbita
Un vettore PSLV dell’agenzia spaziale indiana ha immesso in orbita ben 104 mini-satelliti nella notte tra mertedì e mercoledì 15 febbraio. Il missile era in configurazione XL, con 6 boosters a propellente solido, ed è decollato dal poligono di Dhawan, dirigendosi ad est. Ha poi compiuto una virata verso sud, per evitare di sorvolare lo Sri Lanka, ed ha raggiunto la velocità orbitale sopra l’oceano Indiano.
Meno di un minuto dopo aver raggiunto l’orbita, il quarto stadio del razzo ha rilasciato il suo carico primario, il satellite per cartografia Cartosat 2D, seguito pochi secondi dopo da due nanosatelliti sperimentali indiani, che recavano a bordo nuovi modelli di sensori ambientali.
Successivamente ha avuto inizio la sequenza di rilascio degli altri 101 nanosatelliti, racchiusi dentro 25 “QuadPacks” fabbricati dall’olandese Innovative Solutions in Space; i Quadpacks si sono aperti a coppie per espellere i Cubesats che contenevano.
Otto di questi erano satelliti meteo commerciali Lemur, di proprietà della Spire Globe di San Francisco; la maggior parte degli altri (88) apparteneva alla Planet, sempre di San Francisco, che ha già più di 100 mini satelliti di osservazione terrestre in orbita.
In precedenza la Planet aveva rilasciato i propri cubesats dall’ISS, e pertanto in orbite che non consentivano di coprire l’intero globo: l’orbita polare raggiunta dal vettore indiano ha consentito di rimediare a questa mancanza. L’approccio seguito da Planet è quello di impiegare un gran numero di satelliti a bassa risoluzione per raccogliere immagini con maggior frequenza rispetto ad altri sistemi più prestazionali ma con copertura inferiore, come quelli di DigitalGlobe.
Degli otto cubesat meteo di Spire, destinati a raccogliere dati atmosferici per la NOAA, abbiamo già dato conto; tra gli altri cubesat messi in orbita dal PSLV spicca quello del progetto PEASSS (Piezo Electric Assisted Smart Satellite Structure), finanziato dall’Unione Europea e mirante a sperimentare l’impiego di materiali avanzati per l’orientamento e la generazione di energia nello spazio.
Un altro cubesat appartiene alla SpacePharma, compagnia svizzera che mira a condurre esperimenti in microgravità; altri tre sono stati assemblati da studenti del Kazakhstan, degli Emirati Arabi e di Israele.
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