ExoMars TGO in manovra verso l’orbita operativa
ExoMars Trace Gas Orbiter ha completato in questi giorni un importante step lungo il cammino che, all’inizio del 2018, lo condurrà al cuore della sua missione pluriennale iniziata nel marzo scorso: il cambiamento del piano orbitale.
Al momento della sua cattura da parte del sistema gravitazionale di Marte, avvenuta il 19 ottobre, la sonda si è attestata su un’orbita ellittica fortemente allungata che percorreva in 4,2 giorni, muovendosi da una quota minima di circa 250 km sino ad una distanza di ben 98.000 km dalla superficie. Il piano orbitale, come richiesto anche per l’atterraggio di Schiaparelli, era inclinato di circa 7° gradi rispetto all’equatore del pianeta. In queste condizioni, a fine di novembre, nel corso di due orbite, il Trace Gas Orbiter ha effettuato una prima attivazione dei suoi strumenti per svolgere test e operazioni di messa a punto e per registrare alcune immagini.
Il cambiamento del piano orbitale
Per raggiungere gli obiettivi della missione la sonda ha tuttavia bisogno di posizionarsi su una traiettoria piuttosto differente: un’orbita approssimatamente circolare, ad un’altitudine di circa 400 km, inclinata ben 74° sull’equatore. Si tratta, in sostanza, di un’orbita quasi polare, in grado un garantire agli strumenti un’ampia copertura della superficie, che permetterà al tempo stesso di mantenere la visibilità necessaria a supportare i rover presenti e futuri nella trasmissione dei dati verso la Terra.
L’innalzamento del piano orbitale è stato effettuato attraverso tre accensioni del motore principale, che si sono svolte il 19, il 23 e il 27 gennaio scorsi, sotto la supervisione del team di controllo missione attivo presso il Centro Operazioni di ESA a Darmstadt.
Le manovre sono state eseguite in tre passi, al fine di evitare la possibilità che il veicolo spaziale si venisse a trovare in rotta di collisione con Marte, in caso di imprevisti quali lo spegnimento anticipato del motore o un suo difetto di performance
ha dichiarato lo Spacecraft Operations Manager Peter Schmitz.
In realtà il motore ha funzionato con grandissima precisione:
In tutte e tre le accensioni si è ottenuta una spinta diversa da quella programmata solo di pochi decimi di punto percentuale, con il risultato di raggiungere un’inclinazione del piano orbitale fuori target solo per qualche frazione di grado, ossia del tutto entro i margini di errore accettabili.
Un’ulteriore manovra, che si è svolta ai primi di febbraio, ha permesso di far scendere ulteriormente il punto più basso dell’orbita da 250 a 210 km e quello più alto a 33.475 km, riducendo il periodo orbitale ad un giorno terrestre. Da questa posizione nei prossimi giorni verrà effettuato un nuovo test degli strumenti di bordo, per un’ultima calibrazione, prima dell’inizio definitivo della missione scientifica.
Si prepara l’aerobraking
Il cambio del piano orbitale è una manovra piuttosto dispendiosa in termini di propellente, ma che difficilmente può essere ottenuta senza ricorrere ai propulsori. Per la restante parte della modifica dell’orbita, fino alla sua circolarizzazione, si ricorrerà ad un metodo più economico, per quanto richiedente un tempo piuttosto lungo: l’areobraking, in italiano “aerofrenaggio”, ossia un rallentamento ottenuto con l’ausilio dell’atmosfera.
L’operazione inizierà a metà marzo con una serie di sette manovre, una ogni tre giorni, che abbasseranno il periapside (cioè punto dell’orbita più vicino al pianeta) fino a 114 km, quota alla quale la sonda inizierà a sentire gli effetti della resistenza della tenue atmosfera marziana. Il drag rallenterà il veicolo, abbassando progressivamente l’apoapside (ossia il punto più alto dell’orbita) con un effetto analogo a quello che si otterrebbe con un’accensione retrograda dei thruster.
A differenza però di quanto accade con i propulsori, il rallentamento prodotto dall’atmosfera non è precisamente prevedibile né costante e potrebbe mutare ad ogni orbita in ragione dei cambiamenti atmosferici, delle tempeste di polvere e dell’attività solare. I tecnici di ESA dovranno perciò monitorare costantemente l’orbita, per evitare che la sonda scenda troppo velocemente e troppo in basso. Lo stesso veicolo sarà oggetto di un’attenzione constante del centro di controllo per evitare la sua esposizione a temperature o a pressioni eccessive.
Sia la NASA che l’ESA hanno già impiegato la tecnica dell’areobraking, ma, mentre la prima la utilizza ormai di routine per portare Mars Reconnaissance Orbiter ed altre sonde ad orbite più basse, l’Agenzia europea l’ha provata in una sola occasione sperimentale, al termine della missione Venus Express. È comprensibile perciò una certa prudenza: “Questa sarà la prima volta che utilizzeremo l’aerobraking per ottenere un’orbita operativa – ha dichiarato il Flight Director Michel Denis – perciò ci stiamo prendendo tutto il tempo che ci è possibile per garantire che i nostri piani siano solidi e ci permettano di superare eventuali imprevisti”.
Solo dopo circa 13 mesi dall’arrivo di ExoMars presso il pianeta rosso, verso la fine del 2017, si otterrà con ulteriori accensioni l’orbita pianificata alla quota di 400 km, dalla quale la sonda potrà finalmente iniziare la sua missione di indagine sui gas che costituiscono meno dell’1% dell’atmosfera marziana, come metano, vapore acqueo, biossido di azoto e acetilene e la ricerca di acqua o ghiaccio al di sotto della superficie di Marte e di eventuali sorgenti di gas.
La seguente animazione, basata sui dati disponibili alla fine del 2016, mostra mese per mese la traiettoria percorsa da ExoMars. Il cambiamento del piano orbitale è visibile a partire da 1:05.
Fonte: ESA
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