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A Spinoff a Day – Pellicole isolanti, dallo spazio alla Terra

Titolo

La nascita dell’idea

La sonda Cassini con la copertura rinforzata dai nastri in Kapton – Fonte NASA

Nella costruzione dei veicoli spaziali persino componenti come il nastro adesivo possono richiedere tecnologia all’avanguardia. Durante la metà degli anni 1990 gli ingegneri del Jet Propulsion Laboratory stavano confezionando un rivestimento per la sonda Cassini che a breve avrebbe iniziato il suo viaggio per esplorare Saturno e le sue lune, viaggio che avrà termine proprio nel 2017. Questa membrana avrebbe riparato la sonda dalle fluttuazioni di temperatura estreme dello spazio e dagli altri rischi connessi al viaggio interplanetario, tra cui l’impatto di micrometeoriti.

La sonda Cassini, sviluppata congiuntamente da NASA, ESA e ASI, rimane ancora oggi una delle sonde più complesse mai costruite, con 12 strumenti scientifici e altri 6 a bordo del suo lander Huygens. “Avevamo bisogno di un nastro robusto che mantenesse adesa la “coperta” alla sonda, ma all’epoca non ce n’era uno con le proprietà ottiche che ci servivano” ricorda Mark Duran, ingegnere presso il JPL. Fino ad allora si usava un nastro in fibra di vetro che però aveva tracce di silicone, una sostanza che poteva contaminare le superfici ottiche. Il team di Duran si rivolse quindi alla Dunmore Corporation di Bristol, Pennsylvania, che dagli anni 1980 è stato uno dei maggiori fornitori di pellicole adatte all’uso spaziale. L’azienda iniziò a lavorare al progetto e alla fine propose una linea di prodotti tra i quali fu scelto quello utilizzato per Cassini, un laminato di Kapton tessuto con un’intelaiatura molto stretta. Il Kapton è una materia plastica ad alte prestazioni (un poliimmide) utilizzato anche nello strato esterno delle tute da EVA perché offre una considerevole resistenza alle alte temperature, all’usura e agli impatti.

Le coperture che fino agli anni ’80 venivano usate per riparare le sonde erano semplicemente lamine isolanti, ma con gli anni la Dunmore Corporation si è specializzata nella produzione di pellicole multistrato in poliimmide metallizzate sotto vuoto, combinando sostanze come il Kapton o il Mylar con metalli come l’alluminio, il germanio e l’ossido di indio-stagno che, tra le altre, forniscono specifiche proprietà termiche e ottiche. Tutto questo senza aggiungere eccessivo peso al veicolo spaziale.

“I metalli che si possono applicare alle pellicole sono diversi a seconda delle specifiche delle varie missioni” afferma Duran, “ad esempio una sonda in visita al pianeta Giove richiederà una superficie conduttiva per tenere lontani gli shock elettrici derivanti dalle particelle cariche emanate dal gigante gassoso”, mentre per Curiosity, anch’esso equipaggiato con prodotti Dunmore, queste considerazioni non sono state necessarie.

Trasferimento tecnologico

Pellicole Dunmore create dalla combinazione di vari materiali per creare un isolante multistrato con caratteristiche specifiche. Fonte: NASA

La collaborazione con NASA influì nella decisione dell’azienda di tentare la via commerciale per le applicazioni terrestri. Come afferma il vice presidente per le nuove applicazioni commerciali di Dunmore, Neil Gillespie, “inizialmente lavoravamo tra prove ed errori, testando materiali diversi, varie configurazioni e sostanze differenti che donassero al prodotto finale determinate caratteristiche, ma senza aggiungere peso. Alla fine questo approccio ha portato alla nascita di una interessante famiglia di prodotti”.

Nel vuoto dello spazio il modo più semplice per trasferire calore è l’irraggiamento, perciò il sistema di protezione termica dev’essere altamente riflettente permettendo però alla sonda di lavorare in modo ottimale. L’azienda ha quindi creato pellicole di isolamento leggere e multistrato che riflettono sia il calore del sole che quello degli strumenti interni, mantenendo la temperatura globale costante.

Benefici

Serbatoio per il trasporto di gas liquefatti criogenicamente. Fonte: NASA

Oltre all’irraggiamento, per i sistemi di isolamento terrestri si devono considerare anche la convezione e la conduzione. L’aria è un pessimo conduttore di calore e intrappolandola fra gli spessori di un materiale multistrato si riesce ad evitare la formazione dei moti convettivi e conduttivi spontanei, mentre il materiale riflettente esterno deflette il calore proprio come fa nello spazio. Questa proprietà può essere applicata per isolare un edificio e magari per renderlo ignifugo.

Un altro utilizzo si può avere nel trasporto di materiale criogenico, sostanze come l’idrogeno, l’ossigeno o il gas naturale raffreddate in forma liquida. Come un thermos, il serbatoio che trasporta queste sostanze usa un involucro a vuoto che previene quasi tutti i moti convettivi del calore ma, come nello spazio, la radiazione termica può ancora penetrare. Diversi strati di isolamento limitano ulteriormente il passaggio di calore.

La stessa tecnologia può essere applicata anche agli acceleratori di particelle per raffreddare i metalli al di sotto di una certa soglia così da renderli superconduttori. I superconduttori vengono usati nelle risonanze magnetiche per generare impulsi sufficientemente potenti da penetrare il corpo del paziente.

Altre applicazioni commerciali si possono trovare nella creazione di circuiti stampati, chip resistenti a sufficienza da sopportare il calore del saldatore o per dissipare le cariche elettriche statiche che potrebbero altrimenti friggere i componenti. La dissipazione elettrostatica è un’applicazione che continua a crescere a causa della sempre maggiore tendenza ad utilizzare oggetti sempre più piccoli.

Nastri per l’isolamento di cavi e per creare superfici antiaderenti. Fonte: NASA

E i nastri costruiti dalla Dunmore per la sonda Cassini? La loro alta tolleranza al calore li rende ottimali per l’elettronica di consumo o come isolanti per i cavi a bordo degli aerei grazie anche alla loro resistenza meccanica.

L’azienda ha stabilito la sua presenza anche nell’ambito di aziende spaziali private come SpaceX, Orbital Sciences, Virgin Galactic, Blue Origin e Bigelow Aerospace.

“La disponibilità della Dunmore di collaborare con clienti come NASA per sviluppare nuovi prodotti li ha resi il player più grande in questo campo” afferma Duran, “il loro catalogo di prodotti è mostruoso, praticamente tutti i tipi di pellicola conosciuti derivano dai loro laboratori”. Gillespie conferma: “Lavoriamo con molti materiali esotici, e la maggior parte di essi era a noi sconosciuta prima di lavorare con NASA”.

Per approfondire:

Spinoff nel dettaglio [ENG]

Sito di Dunmore Corporation [ENG]

Il patrimonio spaziale di Dunmore Corp. [ENG – video]

Video sulle pellicole di dissipazione dell’energia statica [ENG – video]

Video sulle pellicole di isolamento dalle radiazioni [ENG – video]

 

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