La Cina potrebbe presto riportare sulla Terra campioni lunari per la prima volta in 40 anni
Dopo aver archiviato un anno eccezionale, con due acuti assoluti, la missione astronautica Shenzou-11 verso la stazione spaziale Tiangong-2 e il collaudo del vettore pesante Lunga Marcia 5, il programma spaziale cinese inizia il 2017 (o l’anno del Gallo, il cui avvio è stato appena festeggiato) con un programma notevole anche nell’ambito delle missioni esplorative senza equipaggio. Il lancio della missione Chang’e 5, infatti, viene pianificato per novembre 2017, secondo fonti dell’agenzia d’informazione governativa Xinhua e lo stato di avanzamento risulta al momento attuale secondo i piani.
Un programma lunare ambizioso
Il programma lunare cinese, basato sulle sonde di classe Chang’e (il cui nome deriva dalla divinità della Luna, nella mitologia cinese) è partito con una visione decisamente calibrata a piccoli passi, ma fatti nell’arco di un decennio, così che l’ambizione scientifico/tecnologica del paese ha trovato una conferma dell’estrema perizia messa in gioco anche in questo contesto (altri ambiti non possono escludere la citazione della costruzione dell’immane radio telescopio
FAST, il più grande del mondo attualmente). La prima sonda Chang’e è stata lanciata nel 2007 e nel giro di una decade, l’Agenzia Spaziale Cinese ha combinato missioni primarie con missioni apparentemente secondarie che di fatto hanno costituito il contesto più avanzato dello sviluppo del programma. Basti pensare alla sonda Chang’e 2, anch’essa lanciata con lo scopo primario dell’esplorazione della Luna, ma con una missione secondaria che l’ha diretta niente meno ad un rendez vous con l’asteroide 4179 Toutatis nel 2012; missione questa comparabile a quella di programmi spaziali avanzati e di tradizione pluri-decennale. Se l’India è andata su Marte, insomma, è però vero che la Cina ha differenziato l’esplorazione spaziale facendo tesoro di una tecnologia versatile e spendibile in manovre di test solo nelle prime intenzioni. La sonda Chang’e 3 è stata in grado di portare sulla superficie lunare un rover, Yutu nel 2013, che a scapito delle notizie più o meno recenti che lo hanno dato per “morto” anzitempo, ha operato con successo per quasi un anno e mezzo.
Riportare la Luna a Terra
Sulla scorta di questo decennio percorso in parallelo ai successi delle missioni astronautiche sulla stazione spaziale Tiangong-1 prima e Tiangong-2 poi, con lo sviluppo di un lanciatore affidabile e di una navicella efficiente, la Shenzou, paragonabile alla russa Sojuz come versatilità, ecco che Chang’e 5 si prepara a riportarci ai fasti di quanto solo le missioni americane Apollo e sovietiche Luna hanno realizzato, ovvero portare rocce lunari sulla Terra dopo più di 40 anni dall’ultima volta. L’ultima missione che aveva riportato campioni sulla Terra era stata infatti la sonda robotica sovietica Luna 24 nel 1976.
Chang’e 5 si configura come una sonda da 8.2 tonnellate di peso e verrà lanciata da un Lunga Marcia 5, vettore testato con il volo inaugurale lo scorso Novembre ed è uno dei lanciatori più potenti attualmente in uso.
Chang’e 5 è stata preceduta da una sonda di prova, denominata Chang’e 5-T1, pensata appositamente per testare la tecnologia che verrà utilizzata per la quinta missione ufficiale di questa classe. È stata lanciata nell’Ottobre del 2014 a bordo di un razzo Lunga Marcia 3C, percorrendo una traiettoria di ritorno libero, ovvero procedendo direttamente verso la Luna, eseguendo un’orbita completa dietro di essa e facendo ritorno verso la Terra. È stato così possibile eseguire una prova del sistema di rientro e insieme condurre esperimenti sulle conseguenze dell’esposizione di batteri e piante alle radiazioni presenti nello spazio cislunare.
Ma nel dettaglio, cosa farà Chang’e 5? A grandi linee dovrà atterrare sulla Luna in un sito scelto con ogni probabilità proprio dalla test mission e che secondo l’esperto cartografo planetario Phil Stook potrebbe trovarsi ai confini dei mari orientali e a ovest del Mare Crisium. Lì raccoglierà i campioni lunari che rimanderà sulla Terra a mezzo di una capsula che raggiungerà il modulo orbitale per il rientro. Durante la traiettoria di rientro, il modulo orbitale rilascerà la capsula che rientrerà nell’atmosfera terrestre con uno scudo protettivo e un paracadute.
L’atterraggio, il prelievo dei campioni e il decollo non avverranno quindi sul lato più lontano della Luna, che però rimane in scopo per la missione per così dire “mancante” della classe Chang’e. Chang’e 4, infatti, concepita come backup di Chang’e 3, dovrebbe prendere di mira proprio il lato lontano della Luna come sito di atterraggio nel 2018, secondo quanto recentemente riferito dall’ingegnere capo We Weiren.
Chang’e 5 è senza dubbio la missione più ambiziosa del programma lunare cinese: dai dettagli tecnici reperibili presso Spaceflight101, apprendiamo che è realizzata in 4 moduli, uno di servizio, un modulo di rientro, il lander e il modulo di risalita. Il dettaglio da notare è che la capsula di rientro assomiglia molto al modulo di rientro della navicella astronautica Shenzou, ma progettata ovviamente su scala inferiore. Lo stesso modulo è dotato di uno scudo termico progettato in modo che possa sostenere il rientro in atmosfera ad una velocità massima di 11 km/s. È in tutto e per tutto dotata della tecnologia di una capsula Shenzou, che comprende due paracaduti, un “parafreno” e uno principale, propulsori di manovra fine per la variazione d’assetto al rientro e guida verso un ragionevole range spaziale per raggiungere l’area di atterraggio prescelta. Il lander che atterrerà sulla Luna ha una massa di 3800 kg, mentre il sistema di propulsione primario, installato sul modulo di servizio, sarà analogo a quello utilizzato per Chang’e 3, con un motore che potrà generare una spinta regolabile da 1.5 a 7.5 kN. Il Controllo dell’assetto è affidato a 28 propulsori di manovra, ciascuno capace di produrre una spinta tra i 10 e i 50 N. L’energia di bordo sarà ottenuta da una coppia di pannelli solari estraibili a comando.
Stivali sulla Luna, sonde oltre la Luna e l’esplorazione interplanetaria
Per un programma che si fa sempre più ambizioso come quello appena descritto, comincia ad essere necessario anche lo sviluppo di un sistema satellitare di “relay” che supporti la comunicazione coordinata delle sonde attive e infatti al vaglio delle commissioni c’è la progettazione, costruzione e lancio di un satellite “deep space”, che servirà soprattutto per appoggiare il flusso informativo che auspicabilmente dovrà arrivare da Chang’e 4 dal lato nascosto della Luna.
In tutto questo dinamico contesto, non va dimenticato anche il progetto di utilizzare il backup della sonda di rientro di Chang’e 5, probabilmente denominata Chang’e 6, per ripetere una missione di prelievo di campioni lunari, ma questa volta dal lato lontano della Luna. Questa missione, ovviamente subordinata al buon esito di Chang’e 5, potrebbe muovere i primi passi nei primissimi anni del decennio 2020-2030 e cioè con un orizzonte temporale davvero di medio-breve termine in rapporto alle missioni attive.
Non viene nascosto da fonti ufficiali governative che la frenetica e instancabile attività cinese intorno alla Luna di questi anni possa essere propedeutica ad una ambiziosa missione astronautica che porterebbe “taikonauti” cinesi sul suolo lunare prima di quanto stiano pensando di fare NASA, Roscosmos ed ESA, ovvero entro la scadenza del decennio 2020-2030. Tuttavia lo sviluppo di stazioni spaziali nell’orbita bassa terrestre e la priorità data a questo fronte nel quinquennio 2012 – 2017 mette in forte dubbio che la scadenza possa considerarsi realistica, soprattutto alla luce dell’abbandono della filosofia “usa e getta” delle Tiangong per un avamposto di lunga durata entro il 2022. Parallelamente andrà valutato l’esito dell’esplorazione per un rover su Marte che il programma spaziale cinese potrebbe lanciare nel 2020 e che potrebbe di conseguenza ricalibrare tutta la strategia lunare e in LEO, ma il focus è ormai definito per l’appuntamento, da non perdere, che per ora si profila con Chang’e 5 a Novembre.
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