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Dragon Manned non prima del maggio 2018

Elon Musk davanti alla capsula Dragon V2. Credit: SpaceX

SpaceX ha annunciato che il primo volo con equipaggio della propria capsula Dragon verso l’ISS non avverrà prima del maggio 2018, con un ritardo di ulteriori sei mesi rispetto alla data prima prevista.
L’annuncio era nell’aria, e va a ricalcare quello analogo di Boeing, il cui Starliner dovrebbe diventare operativo all’incirca nello stesso periodo.
Secondo l’azienda di Elon Musk, il nuovo ritardo va imputato alla necessità di integrare nel progetto del Dragon Manned tutte quelle “lezioni” apprese in seguito all’incidente che ha portato all’esplosione sulla rampa di un Falcon 9 lo scorso settembre.

A Seattle, invece, il ritardo nel programma CST-100 è stato attribuito a problemi in sede di costruzione e certificazione, ed alla necessità di riprogettare le forme aerodinamiche della capsula in seguito all’emergere di un problema aero-acustico in fase di lancio, scoperto durante le simulazioni in galleria del vento.
Entrambe le compagnie dovranno effettuare un volo di prova senza equipaggio più uno con equipaggio prima di poter iniziare i voli regolari verso la LEO e la stazione spaziale. NASA ha già acquistato due missioni “post certificazione” da entrambi i fornitori, con la possibilità di arrivare a sei missioni ciascuno.
Questi ennesimi ritardi mettono NASA in seria difficoltà in quanto potrebbe già essere troppo tardi per tentare di aumentare la durata degli accordi con la Russia per l’uso delle Sojuz da parte degli astronauti americani, europei, canadesi e giapponesi. Al momento sono stati acquistati “seggiolini” fino a tutto il 2018, con rientri sino a metà 2019; il costo di ogni passaggio è di 82 milioni di dollari; l’eventuale copertura del 2019 avrebbe un costo di circa mezzo miliardo di dollari.
Roscosmos ha bisogno di un preavviso di circa due anni per coprire le necessità di NASA, ed un semplice calcolo fa capire che la decisione di acquistare nuovi voli dovrebbe avvenire entro la fine dell’anno.
Quando Boeing e SpaceX saranno finalmente operative, gli accordi con i russi prevedono che ogni Sojuz trasporti un astronauta USA, mentre ogni capsula americana dovrà ospitare un cosmonauta, senza alcun corrispettivo economico. In questo modo, qualora una delle tre capsule dovesse essere mesa a terra per problemi tecnici, si avrebbe comunque la garanzia di avere un americano ed un russo a bordo dell’ISS per gestire le due sezioni della stazione spaziale.
A margine di questo annunciato ritardo, SpaceX continua ad essere sotto stretta osservazione per l’intenzione di effettuare il rifornimento del proprio vettore quando l’equipaggio di Dragon è già a bordo, una procedura che evidentemente espone personale di terra ed astronauti a grossi rischi in caso di incidenti come quello occorso a settembre. Da un lato, numerosi osservatori tra cui l’ex astronauta Thomas Stafford continuano a sostenere che questo approccio è “contrario ai principi di sicurezza che vengono osservati da 50 anni in USA ed all’estero”; dall’altro l’azienda di Hawthorne replica che le proprie procedure sono state più volte sottoposte ed approvate da NASA, e che, in ogni caso, il sistema di fuga di emergenza sarebbe operativo durante le fasi di rifornimento, consentendo all’equipaggio di allontanarsi rapidamente dalla zona pericolosa. Un rappresentante di SpaceX ha affermato che alcuni esponenti della compagnia hanno recentemente incontrato Stafford (che presiede il Comitato Internazionale di Consulenza sull’ISS) per fornire delucidazioni sull’argomento.
Occorrerà comunque attendere la fine delle indagini sull’incidente del I settembre per avere il quadro definitivo della situazione: lo scorso mese Elon Musk ha affermato che l’incidente è avvenuto probabilmente quando l’ossigeno liquido si è congelato sull’esterno di un serbatoio di elio ad alta pressione all’interno del secondo stadio del Falcon.

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