INRRI, lo strumento italiano che mapperà il Sistema Solare – intervista a Simone Dell’Agnello
Ebbene, il primo posizionamento non si è concluso come previsto, ma lo strumento INRRI (INstrument for landing-Roving laser Retroreflector Investigations) a bordo di Schiaparelli era solo il primo di una lunga serie retroriflettori che aiuteranno a mappare il Sistema Solare.
Abbiamo avuto la piacevole occasione di intervistare Simone Dell’Agnello, team leader del progetto presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ai Laboratori di Frascati, che ci ha spiegato le caratteristiche e le funzioni di questo dispositivo, ma soprattutto l’intenzione di creare una vasta rete di retroriflettori da posizionare sia sul pianeta rosso, con le prossime missioni, che su altri corpi del Sistema Solare.
L’intervista completa è disponibile in una delle prossime puntate del nostro podcast, e sulla pagina YouTube AstronautiCAST.
A cosa serve un retroriflettore laser?
Attualmente abbiamo già alcuni retroriflettori in funzione a bordo di satelliti come ad esempio i GPS e i Galileo, o sulla superficie della Luna.
Inviando da terra un fascio laser verso i satelliti LAGEOS (LAser GEOdynamics Satellite), ad esempio, possiamo definire il centro di massa del nostro pianeta. Questi satelliti sono essenzialmente delle vere e proprie sfere di metallo la cui superficie è ricoperta di riflettori, e sono posizionati in un’orbita circolare intorno alla Terra. L’orbita viene tracciata con un’accuratezza di 1 o 2 cm, e alla fine del processo l’ellisse che ne deriva ha un suo fuoco che definisce la posizione del centro di massa della Terra. I riflettori laser forniscono quindi sia una posizione nello spazio molto accurata che una posizione assoluta, riferita appunto al centro di massa.
La diversità nei microriflettori di nuova generazione come INRRI sta nel fatto che essi vengono installati su superfici planetarie lontane. Su Marte, ad esempio, non è praticabile una misura diretta da Terra con i laser perché il tragitto massimo di andata e ritorno che può percorrere un laser è la distanza Terra-Luna. Su Marte l’idea è quella di misurare la posizione di INRRI sulla superficie del pianeta con una stazione laser che si trova in orbita, un processo inverso rispetto a quello che stiamo facendo con i satelliti. In questo modo le distanze di tracciamento laser si riducono rispetto a quelle su cui stiamo lavorando attualmente, perciò si possono costruire riflettori laser di dimensioni molto più compatte, microriflettori, rispettando le norme di peso e dimensioni imposte per le missioni spaziali. Inoltre, minore è la massa più compatto è il dispositivo e più semplice sarà portarne più di uno sul corpo celeste, così da poter costruire una rete di strumenti distanziati il più possibile l’uno dall’altro coprendo bene la superficie del pianeta.
I riflettori portati sulla Luna dalle missioni Apollo hanno subito diminuzioni di efficienza misurabili nel corso del tempo. Pensa che questo possa accadere anche su Marte?
Il problema è interessante, ma le condizioni sulla Luna e su Marte sono diverse. Innanzitutto i riflettori Apollo hanno subito una diminuzione di efficienza dovuta al fatto che la polvere lunare, la regolite, potrebbe essersi posata sui retroriflettori con un meccanismo diverso da quello presente su Marte. Lo spostamento della polvere sulla Luna è avvenuto molto probabilmente a causa dell’urto di micrometeoriti sulla superficie perché sul nostro satellite naturale non ci sono venti che possano aver spazzato il terreno. I riflettori Lunar Laser Ranging hanno inoltre una geometria incavata, e la polvere che si deposita vi rimane. Non essendoci atmosfera, inoltre, i raggi cosmici causano ionizzazione su tutte le superfici: la regolite, l’alluminio, il metallo e il vetro, e quest’ultimo si carica elettrostaticamente trattenendo la polvere. La situazione è diversa su Marte, che ha un’atmosfera, venti, movimenti significativi di polvere e raggi cosmici che non causano ionizzazione, perciò le superfici sono neutre e la polvere che si deposita non aderisce. La mancanza di cariche elettriche permanenti è stata dimostrata con i lander Viking 1 e 2 negli anni ’70, mentre i due rover Spirit e Opportunity ci stanno ancora oggi dimostrando che le tempeste di sabbia possono sia sporcare i pannelli solari che pulirli al passaggio successivo. Infine, la superficie di INNRI ha una geometria a cupola che aiuta lo scivolamento della polvere. Se ci basiamo sull’esperienza dei MER ci aspettiamo che, una volta posizionati, i nostri strumenti funzionino per alcuni decenni.
INRRI sarà utilizzato da più di una missione. Quali sono le sonde già in orbita attorno a Marte che potrebbero sfruttarlo?
Attualmente non c’è una sonda che possa sfruttarlo da subito. La caratteristica principale del riflettore è di avere una vita media di anni o decenni, perciò per ora il nostro scopo è solo quello di posizionare questi strumenti con efficacia così da aver già pronto il network nel momento in cui entrerà in funzione l’infrastruttura di comunicazioni laser attorno al pianeta rosso. Nel 2020 arriverà su Marte la seconda parte di ExoMars comprensiva del rover, poi ci sarà Mars 2020 di NASA, nel 2018 atterrerà il lander InSight e anche l’agenzia spaziale cinese sta progettando di inviare robot su Marte negli anni ’20. Per poter raccogliere i dati di tutte queste diverse e complesse missioni sarà necessario avere satelliti orbitanti in grado di raccogliere questa mole di dati e trasmetterla a Terra con una velocità ragionevole. Ad oggi utilizziamo ancora le onde radio, ma se pensassimo di scattare fotografie con una risoluzione al di sotto del metro per creare una mappa dettagliata del pianeta, ad esempio, con la tecnologia che stiamo usando impiegheremmo 9 anni. Con le comunicazioni laser, invece, ci basterebbero poche settimane. Ecco dunque che la stessa infrastruttura può fare il tracciamento laser di INRRI, e si comporrà di un orbiter che verrà lanciato dopo gli anni ’20 e per il quale NASA sta già prendendo accordi con altre agenzie.
Ci parli dei dettagli della costruzione di INRRI: Come fa a riflettere la luce nella direzione in cui proviene, anche se non è perpendicolare? Di quali materiali è fatto? Avete usato la stampa 3D?
I retroriflettori sono specchi con una geometria particolare, letteralmente si chiamano “cube corner retroreflectors“, cioè “a spigolo di cubo”. Immaginiamoci di prendere un cubo di vetro e di tagliarne uno spigolo: avremmo di fronte a noi una piramide con tre facce. A questo punto prendiamo una di queste facce, intersechiamola con un cilindro in modo da avere una faccia frontale con geometria circolare, e dalla parte opposta lo spigolo con facce di 90° una rispetto all’altra. Quando la luce laser entra dalla faccia circolare, la luce colpisce internamente una delle tre superfici opposte, viene riflessa dalla superficie posteriore, rimbalza sulla superficie successiva e poi ancora una terza volta. Essendo le tre superfici esattamente a 90°, per un gioco geometrico molto preciso la direzione del raggio dopo il terzo rimbalzo esce esattamente nella stessa direzione in cui era entrata. Le tre facce, poi, possono essere “nude” oppure placcate con uno strato molto sottile di metallo, così come funziona con gli specchi che abbiamo in casa. Questo causa qualche variazione nel comportamento, ma il meccanismo è lo stesso.
Utilizziamo anche la stampa 3D su materiali plastici per provare diverse geometrie e per poter agire con test invasivi. INNRI viene alla fine realizzato con metallo, con un vetro speciale per i riflettori e con coating e colle spaziali qualificate, ma molte fasi intermedie precedenti prevedono l’uso di stampanti 3D.
Sono previste nuove versioni di INRRI da implementare sulle prossime missioni oppure questo è il design definitivo?
Sì, è utile avere una rete di questi riflettori perciò ne stiamo costruendo altri. Ogni missione è un po’ diversa: su ExoMars 2020 ne installeremo uno simile a quello che era presente su Schiaparelli e siamo in trattativa con NASA per fornirne uno alla missione Mars 2020. Le caratteristiche della missione Mars 2020 non sono simili a quelle del rover ExoMars, quindi potremmo ricevere richieste diverse a causa della diversa meccanica di volo, delle diverse condizioni termiche o a causa di vincoli causati da altri sistemi a bordo con i quali non possiamo interferire. Stiamo lavorando continuamente per soddisfare i requisiti delle varie agenzie spaziali, ottimizzare la resa dei retroriflettori e perciò ci aspettiamo delle evoluzioni.
Stiamo anche studiando applicazioni diverse rispetto a Marte, ad esempio microriflettori per Phobos e Deimos, lune di Marte che non hanno atmosfera e hanno gravità più bassa, oppure soluzioni da posizionare sulla faccia nascosta della Luna, che viene già fotografata da orbiter dotati di laser, o ancora stiamo pensando alle lune di Giove. Se un giorno si inizierà ad atterrare su altri corpi celesti, noi saremo pronti a fornire microriflettori che faranno topografia laser locale e che daranno punti di riferimento geodetici. Saranno disseminati nel Sistema Solare mano a mano che l’esplorazione procede.
L’intervista si chiude poi con alcune informazioni personali e meno tecniche. Data la forte presenza sul nostro forum di studenti che chiedono consigli sugli studi, su nostra richiesta Simone ci ha gentilmente fornito il suo punto di vista sulle discipline da prendere in considerazione per poter entrare nell’ambito spaziale. Abbiamo poi voluto concludere con il suo pensiero in merito allo stato della comunicazione scientifica in Italia.
Ringraziamo Simone Dell’Agnello per la sua immediata disponibilità e professionalità, ricordandovi che l’intervista completa sarà presente a breve in una delle nostre prossime puntate del podcast.
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