Incidente SpaceX, gli ultimi aggiornamenti
A tre giorni dall’incidente avvenuto lo scorso 1 Settembre durante la preparazione allo static-fire test di un Falcon 9, non sono ancora moltissimi i dettagli noti ma sono diverse le conseguenze che l’incidente ha provocato e provocherà sul breve e medio periodo.
Innanzitutto ricordiamo i fatti e i pochi dettagli certi circa quanto avvenuto.
Sul pad SLC-40 era in corso la preparazione allo static-fire del Falcon 9 con già a bordo il satellite per telecomunicazioni di Spacecom AMOS-6. Si tratta del test di accensione, per pochissimi secondi, dei propulsori del lanciatore per verificarne il corretto funzionamento e preceduto da una simulazione completa del countdown comprendente tutte le fasi di preparazione al lancio.
Quando mancavano circa 8 minuti alla simulazione del lancio con l’accensione dei motori, si è verificata un’improvvisa esplosione (o come l’ha chiamata Elon Musk una “rapida combustione”) all’altezza del serbatoio dell’ossigeno dello stadio superiore del lanciatore.
L’incidente ha scatenato l’immediata esplosione dell’intero vettore con la distruzione completa dello stesso, del payload e da quanto si è visto provocando pesanti danni al pad di lancio.
Il vettore inoltre aveva il primo stadio nuovo e non era ancora uno di quelli previsti per il riuso e che avrebbero dovuto debuttare solo nei prossimi mesi con il lancio del satellite SES-10.
Nell’incidente non ci sono stati feriti o personale coinvolto in quanto le procedure di sicurezza impongono la completa evacuazione dell’area prima delle fasi di rifornimento dei propellenti.
Questo è tutto quello che ad oggi si conosce con certezza di quanto accaduto in quei 35-55 millesimi di secondo che hanno preceduto l’incidente e che ora sono sotto la lente di ingrandimento degli oltre 3000 canali di telemetria registrati.
Questo il video completo dell’incidente:
SpaceX a seguito dell’evento ha emesso ieri un comunicato senza però svelare ulteriori informazioni:
Mentre deploriamo profondamente la perdita di AMOS-6, affermiamo che tornare a volare in modo sicuro e affidabile per soddisfare le esigenze dei nostri clienti è la nostra priorità principale. Il business di SpaceX è solido. Il nostro manifesto, con circa 70 missioni in programma, ha un valore di oltre 10 miliardi di dollari.
SpaceX ha iniziato la sua indagine subito dopo il disastro allo scopo di identificare la causa principale dell’anomalia, in linea con i piani di indagine sugli incidenti preparati per tali evenienze. Questi piani includono la conservazione di tutte le prove possibili e la formazione di una Squadra investigativa sull’incidente, con la supervisione dalla Federal Aviation Administration e la partecipazione dalla NASA, della United States Air Force e di altri esperti del settore. Siamo attualmente nella fase iniziale di esame di circa 3000 canali di telemetria e di dati video che coprono un periodo di tempo di appena 35-55 millisecondi.
Per quanto riguarda la piattaforma di lancio, i nostri team stanno ora indagando lo stato di SLC-40. La piattaforma ha chiaramente subito danni, ma la loro portata deve ancora essere pienamente determinata. Condivideremo maggiori informazioni appena saranno disponibili. SpaceX attualmente gestisce 3 rampe di lancio – 2 in Florida e 1 in California presso la Vandenberg Air Force Base. Gli altri siti di lancio di SpaceX non sono stati colpiti dagli eventi di ieri. Il Complesso di lancio 4E a Vandenberg è nelle fasi finali di un aggiornamento operativo, mentre il Complesso di lancio 39A al Centro Spaziale Kennedy, in base ai programmi, sarà operativo nel mese di novembre. Entrambe le piattaforme sono in grado di supportare i lanci del Falcon 9 e del Falcon Heavy. Siamo certi che le due rampe di lancio siano in grado di supportare il nostro ritorno al volo e di soddisfare le esigenze immediate del nostro manifesto.
Come dichiarato anche da SpaceX all’inchiesta già aperta parteciperanno diversi soggetti, ovviamente l’FAA ovvero l’autorità che dovrà dare il nulla osta definitivo alla ripresa dei voli, ma anche NASA e USAF, due fra i principali clienti e i soggetti che rilasciano le certificazioni più complesse per il lancio dei propri payload.
Ricordiamo anche che a seguito del precedente incidente di SpaceX, avvenuto durante il lancio di una capsula Dragon, ci furono diverse perplessità sul come NASA (allora l’USAF non aveva ancora certificato SpaceX) avesse gestito l’inchiesta e su quali chiarimenti avesse o meno chiesto al proprio fornitore per i rifornimenti alla ISS.
È oggi molto presto per stimare quando e dove i voli del Falcon 9 potranno riprendere, come scritto, le rampe utilizzate per questo vettore sono state la SLC-40 di Cape Canaveral, in Florida (quella su cui è avvenuto l’incidente) e la 4E in California, a Vandenberg. C’è inoltre la rampa 39A al Kennedy Space Center in fase di costruzione, dopo che fu decommissionata dal programma Space Shuttle, e che dovrebbe entrare in servizio entro fine anno.
La rampa a Vandenberg, in California, è utilizzabile solo per lanci con orbite polari o retrograde e non è quindi utilizzabile per la maggior parte dei lanci, ovvero quelli in orbita bassa per il supporto alla ISS o per l’immissione in traiettoria di trasferimento per l’orbita geostazionari a, utilizzata dalla maggior parte dei satelliti per telecomunicazioni.
Probabilmente ora, per quanto concerne le rampe sulla costa est, sarà più rapido il completamento della rampa 39A, capace di ospitare sia i Falcon 9 che i futuri Falcon Heavy, rispetto alla riparazione e ricostruzione della SLC-40 pesantemente danneggiata e che aveva fino ad oggi ospitato 26 dei 28 lanci effettuati da SpaceX.
Ricordiamo che nel 2014, quando avvenne un incidente simile al pad di Orbital dopo un lancio del vettore Antares che esplose e ricadde sul pad pochi secondi dopo, ci furono danni per oltre 15 milioni di dollari e le riparazioni richiesero oltre un anno di lavori.
Vale la pena di approfondire poi cosa significa effettuare uno static-fire in preparazione al lancio, una procedura che nell’attuale panorama dei fornitori di servizi di lancio è peculiare di SpaceX con nessun altro provider che effettua a pochissimi giorni dal lancio (in questo caso era previsto dopo 3 giorni) una vera e propria accensione del lanciatore già pronto sul pad e con i propulsori portati a piena potenza per pochi secondi.
L’obiettivo di questa pratica è di testare tutte le fasi di preparazione al lancio e validare l’intero vettore, ovviamente compresi i propulsori, per la missione cui sarà destinato.
Fra gli altri fornitori di lanciatori nessuno effettua questa tipologia di test e la certificazione dei propulsori avviene a terra, senza accensione e prima dell’assemblaggio sul vettore cui sono destinati. Ovviamente poi uno static-fire non sarebbe possibile per tutti quei lanciatori che utilizzato booster con propellente solido, i quali una volta accesi non possono più essere spenti fino a completo esaurimento del propellente.
Orbital ATK ha effettuato dei test statici di accensione dell’intero vettore in passato, ma solo prima del lancio inaugurale dell’Antares con i nuovi propulsori, nel 2013 e in ogni caso molti mesi prima del lancio e con un primo stadio diverso da quello destinato alla missione operativa.
ULA invece saltuariamente effettua per l’Atlas 5 un “wet dress rehearsal” ovvero una simulazione di countdown, compreso il riempimento dei serbatoi, ma senza mai concluderlo con l’accensione dei propulsori. Il “wet dress rehearsal” viene effettuato da ULA quasi esclusivamente per missioni scientifiche interplanetarie, in cui le finestre di lancio sono generalmente molto ridotte e per le quali un problema rilevato in prossimità del lancio potrebbe creare grandi rinvii. È stato calcolato che l’effettuare questa prova per ULA costa circa 500.000 dollari e circa 5 giorni in più di preparazione al lancio.
I wet dress rehearsal erano regolarmente utilizzate anche per lo Space Shuttle dove questa pratica era piuttosto comune.
Ad aggravare ulteriormente la criticità di questa pratica utilizzata da SpaceX c’è il fatto che da alcune missioni, per limare ulteriormente i giorni necessari a preparare il lancio, si era deciso di effettuare questi test con il payload già installato, in modo da non doverlo montare successivamente prima del lancio perdendo altro tempo. Il giorno risparmiato nella preparazione (questa la stima confermata da diverse fonti), in questo caso ha provocato la perdita anche dell’intero payload del cliente nell’esplosione.
Il satellite AMOS-6 andato perduto era di progettazione e costruzione completamente Israeliana, di proprietà della società di Tel Aviv Space Communication Ltd. (Spacecom) che già opera AMOS-2, AMOS-3 e AMOS-4 e destinato a essere immesso in orbita geostazionaria con longitudine 4° Ovest per fornire servizi televisivi e di connessione internet a larga banda per l’Asia Mediorientale, l’Europa e l’Africa Sub-Sahariana.
Si trattava di un satellite con una massa di circa 5.500 kg destinato a rimpiazzare l’ormai obsoleto satellite AMOS-2.
Proprio la perdita del carico già installato è uno degli eventi che più ripercussioni avranno in futuro. Spacecom era già in crisi finanziaria per il ritardo accumulato da SpaceX per il lancio di questo satellite, circa 2 anni rispetto a quanto inizialmente concordato. È bene ricordare che aziende di questo tipo prima del lancio dei propri satelliti possono solo vendere opzioni per i servizi che offriranno e solo nel momento in cui il satellite diventa operativo in orbita possono cominciare a incassare denaro con i servizi forniti e gli abbonamenti ai clienti.
A causa di questo ritardo, gli azionisti avevano deciso, solo lo scorso 24 agosto, di vendere tutte le loro quote alla società cinese Beijing Xinwei Technology Group Co. Ltd., ma con un accordo che sarebbe diventato effettivo solo al momento dell’immissione in orbita di questo satellite, che evidentemente non avverrà mai e che da solo aveva un valore di 200 milioni di dollari sui 285 milioni di dollari dell’intera società.
È stato annunciato ieri che SpaceCom riceverà 173 milioni di dollari più gli interessi da IAI (Israel’s Aerospace Industries) che aveva assicurato il satellite, per un totale di circa 205 milioni di dollari ed entro 60 giorni.
Da SpaceX riceverà inoltre un rimborso di 50 milioni di dollari a titolo di risarcimento danni o un lancio senza ulteriori costi per un nuovo satellite.
Altri 39 milioni di dollari arriveranno infine da altri assicuratori che avevano siglato accordi per questo satellite.
La situazione di Spacecom rimane comunque tutt’altro che rosea, le azioni sono crollate del 45% dopo l’incidente e l’accordo firmato con il gruppo cinese Xinwei a forte rischio di rinegoziazione o cancellazione.
Va ricordato che era stato stipulato un accordo simile a quello vincolato a Amos-6 anche per il precedente Amos-5 e sempre con lo stesso gruppo Xinwei, anche in quel caso l’accordo definitivo non fu mai firmato perché Amos-5 cessò di funzionare dopo appena 4 anni dall’immissione in orbita.
Tra i progetti sospesi dall’inconveniente di ieri ci sono poi i piani di Mark Zuckerberg di portare Internet in vari paesi in via di sviluppo. Facebook aveva investito in AMOS-6 per un valore di circa 100 milioni di dollari.
Per quanto riguarda Facebook ed il suo investimento in AMOS-6, EUTELSAT ha emesso ieri questo comunicato con cui annuncia decine di milioni di dollari di mancati guadagni nel corso dei prossimi 3 anni:
Eutelsat Communications (Euronext Paris: ETL) è dispiaciuta per la perdita del satellite AMOS-6 in seguito all’esplosione del Falcon 9 di SpaceX a Cape Canaveral.
In collaborazione con Facebook, EUTELSAT aveva stipulato un contratto pluriennale per l’affitto dei transponder in banda Ka per coprire l’Africa sub-sahariana e iniziare la commercializzazione di servizi nei primi mesi del 2017.
EUTELSAT rimane ferma nella sua intenzione di investire nel mercato emergente del broadband per il continente africano, ed intende esplorare altre soluzioni per offrire servizi ai suoi clienti fino al lancio del satellite HTA nel 2019.
L’impatto stimato sui ricavi è di 5 milioni di euro per l’anno fiscale 2016-17, di 15 milioni di euro nel 2017-18, e tra 25 e 30 milioni di euro nel 2018-19. Tutti gli obiettivi finanziari già rilasciati il 29 luglio scorso sono comunque confermati.
Probabilmente le ripercussioni si faranno sentire anche per SpaceX, non è ancora chiaro se il problema sia scaturito dal lanciatore o dalla rampa, ma in entrambi i casi si accumuleranno quasi sicuramente almeno diversi mesi di stop, con il calendario voli che benché fosse in “recupero” con una serie di lanci avvenuti con successo negli ultimi mesi, stava ancora smaltendo i ritardi di anni accumulati in passato, come in questo caso.
A subirne le conseguenze saranno quasi sicuramente il programma ISS, con una nuova sospensione delle navette cargo Dragon e tutte le ripianificazioni dei rifornimenti conseguenti sugli altri mezzi. Probabilmente anche il Falcon Heavy, anch’esso in ritardo ormai di anni sulla data di debutto prevista inizialmente nel 2013, subirà un nuovo rinvio visto che la priorità di lancio alla ripresa dei voli sarà ancora per un certo periodo del Falcon 9.
Fortunatamente l’esplosione non ha invece danneggiato la sonda della NASA, ormai pronta per il lancio verso l’asteroide 101955 Bennu, OSIRIS-REx. Già installata sul proprio Atlas V al pad SLC-41 attiguo a quello dove è avvenuto l’incidente, è stata verificata e ispezionata per escludere ogni danno provocato da eventuali detriti e/o dall’onda d’urto dell’esplosione del Falcon 9. Il lancio è attualmente confermato per l’8 settembre senza ulteriori rinvii causati dalle procedure di messa in sicurezza al Cape.
Queste sono attualmente le informazioni pubbliche e verificate su quanto avvenuto, continuate a seguirci sui consueti canali per rimanere aggiornati sugli sviluppi di questa e di tutte le altre notizie correlate all’evento accaduto durante il test di SpaceX.
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