Il New Shepard andrà distrutto nel prossimo volo?
Interrompendo un lungo silenzio, che durava dall’ultimo volo del New Shepard, il 19 giugno scorso, il fondatore di Blue Origin, Jeff Bezos, ha annunciato in questi giorni le caratteristiche e gli obiettivi della prossima missione del suo veicolo suborbitale, programmata per ottobre.
Secondo i piani di Blue Origin, il New Shepard dovrebbe effettuare i primi voli sperimentali con equipaggio nel 2017 e inaugurare l’attività turistica l’anno successivo. In questa prospettiva è indispensabile testare tutti i sistemi di sicurezza e dimostrare che la capsula è in grado di garantire l’incolumità dei passeggeri, anche in caso di avarie. Nel quarto volo si è simulato il mancato dispiegamento di un paracadute, nel prossimo sarà testato il sistema propulsivo che permette alla capsula di salvarsi in caso di malfunzionamento del booster, quello che in gergo astronautico viene indicato con le sigle LAS (Launch Abort System) oppure LES (Lauch Escape System).
Il primo in-flight abort test dai tempi di Litte Joe II
Jeff Bezos, che ha 52 anni e si è appassionato allo spazio sin dall’infanzia, ama presentare le tappe dello sviluppo del suo veicolo guardando alla storia. Se il rientro con due soli paracadute della scorsa missione, evocava quello di Apollo 15, il prossimo volo riporta alla memoria Little Joe II, il piccolo booster di cui la NASA si servì tra 1963 e 1966 per testare il sistema di fuga della capsula Apollo. Tra l’altro, nelle piccole dimensioni e nell’aspetto tozzo, Little Joe II ha qualche vaga somiglianza con il New Shepard.
È anche vero che quello del 20 gennaio 1966, come ricorda Bezos nel suo comunicato, è stato fino ad oggi – almeno per quel che riguarda la storia dell’astronautica americana – l’ultimo esempio di in-flight abort test, ossia di prova dei sistemi di fuga svoltasi durante il volo. Con la missione del prossimo ottobre, il New Shepard precederà gli analoghi test che dovranno essere effettuati in futuro per certificare al volo umano le nuove capsule (CTS-100 Starliner e Dragon V2) che porteranno gli astronauti alla Stazione Spaziale Internazionale.
Nei nuovi veicoli il LAS presenta però un’importante cambiamento rispetto a quelli concepiti nel passato. Sulle capsule Mercury, Apollo e Sojuz i motori per allontanare l’equipaggio dal lanciatore in avaria erano (e sono, dato che la Sojuz è ancora in servizio) disposti su una “torre” montata sulla sommità del veicolo. Sul modulo per equipaggio del New Shepard, invece (e lo stesso vale per Starliner e Dragon), il sistema di fuga agisce sotto la capsula, spingendola, anziché tirandola, lontano dal pericolo.
Secondo Bezos questa scelta riduce i costi su un veicolo progettato per essere riutilizzato e garantisce una maggiore sicurezza: “[…] poiché una capsula non può rientrare nell’atmosfera terrestre o aprire i paracadute con una torre in cima, la torre, insieme con il motore di fuga, doveva essere espulsa in ogni volo – anche in quelli nominali. Perdere un motore di fuga in ogni volo fa salire i costi in modo significativo. Inoltre, l’operazione di espulsione è di per sé critica per la sicurezza. La mancata espulsione della torre ha esiti catastrofici. ll motore di fuga del New Shepard spinge piuttosto che tirare e viene montato sotto la capsula invece che su una torre. Non vi è alcuna operazione di espulsione. In una missione nominale il motore di fuga non va perduto e può essere usato in più voli.”
Il LAS è una delle parti del New Shepard sviluppate da più tempo, anche grazie al contributo finanziario della NASA, nell’ambito del programma Commercial Crew Development. Una prova “da fermo” del sistema, quello che i tecnici chiamano Pad abort test, si è svolta nel 2012, tra l’altro con la stessa capsula che da allora ha già volato sei volte. Il prossimo test in volo permetterà di esaminare il comportamento di motore e capsula in un uno dei momenti più impegnativi del lancio, quello in cui si raggiunge la massima pressione aerodinamica.
Il volo regolare – ha spiegato Bezos – durerà 45 secondi. Raggiunta la quota di 4.900 metri, si attiverà il sistema di separazione della capsula. “Il motore di fuga spingerà la capsula di lato, fuori del percorso del booster. La parte ad elevata accelerazione della fuga durerà meno di due secondi, ma grazie ad essa il modulo per l’equipaggio si troverà rapidamente a centinaia di metri e su una diversa traiettoria.” In seguito, ristabilito l’assetto grazie ai sistemi RCS, la capsula atterrerà normalmente con i suoi tre paracadute.
Ecco il video con cui Blue Origin presenta il funzionamento del sistema LAS del New Shepard:
Il booster si salverà?
La vera vittima dell’operazione sarà il glorioso booster, protagonista del primo atterraggio nella storia di un razzo che abbia superato la linea di Karman. “Il booster non è stato progettato per sopravvivere ad una fuga in volo”. E d’altra parte è normale che sia così, dato che il sistema di fuga è chiamato a intervenire proprio in caso di avaria del lanciatore. “Il motore di fuga della capsula di salvataggio investirà il booster con la spinta di oltre 310.000 Newton fuori asse dei suoi gas di scarico incandescenti. L’aerodinamica del veicolo cambierà rapidamente, non avendo più davanti la capsula ma l’anello-deflettore, e il tutto avverrà alla massima pressione dinamica.” Ciò fa pensare che il veicolo finirà fuori controllo e che, invece di atterrare in modo morbido come le altre volte, concluderà la sua carriera con un impatto che, avendo ancora molto carburante a bordo, sarà “piuttosto impressionante” e avverrà davanti agli occhi di tutti, in diretta streaming.
È probabile che Bezos abbia accentuato i toni drammatici, come aveva fatto anche in occasione dello scorso atterraggio con due paracadute, per attirare l’attenzione del pubblico. Le simulazioni mostrano che esiste comunque una qualche possibilità di recuperare il veicolo e farlo rientrare integro.
“Se il razzo riesce a sopravvivere a questo volo – il quinto – lo ricompenseremo per il suo servizio con una festa di pensionamento e lo metteremo in un museo.” Anche Blue Origin quindi, come SpaceX, potrà esibire presso la sede aziendale il suo veicolo recuperato.
In arrivo notizie sul veicolo orbitale
A conclusione del suo comunicato, Bezos ha promesso, a breve, nuove informazioni in merito al veicolo orbitale a cui la sua azienda sta lavorando da un po’ di tempo. Infatti, oltre a sviluppare il propulsore BE-4, che sarà utilizzato sul futuro lanciatore di ULA, Blue Origin ha in progetto un proprio vettore orbitale riutilizzabile, per ora noto solo con il nomignolo di “Very Big Brother”. Il veicolo sarà realizzato nel nuovo stabilimento attualmente in costruzione presso il Kennedy Space Center e lanciato dallo storico Pad 36B della Cape Canaveral Air Force Station, acquisito lo scorso anno. È di questi giorni la notizia che il St. Johns River Water Management District, l’ente che si occupa di controlli ambientali nell’Est della Florida, ha autorizzato Blue Origin ad edificare su un’area che si estende anche all’adiacente complesso di lancio 11. Dal testo dell’autorizzazione si evince che Bezos non intende solo costruire gli edifici per integrare il nuovo lanciatore e una piattaforma di lancio, ma anche realizzare strutture per testare i motori e per ricondizionare i veicoli recuperati.
Fonte: Blue Origin
Questo articolo è © 2006-2024 dell'Associazione ISAA, ove non diversamente indicato. Vedi le condizioni di licenza. La nostra licenza non si applica agli eventuali contenuti di terze parti presenti in questo articolo, che rimangono soggetti alle condizioni del rispettivo detentore dei diritti.