Il contributo NASA alla missione SpaceX Red Dragon
Benché rimanga in gran parte avvolta nel fumo e i dettagli fino ad oggi trapelati siano davvero pochi, se SpaceX nel 2018 riuscirà a inviare sul suolo marziano la “Red Dragon”, la NASA sembra intenzionata ad approfittare dell’occasione per raccogliere dati e analisi.
NASA, secondo le parole di Jim Reuter, deputy associate administrator per i programmi NASA del Space Technology Mission Directorate, ha cominciato a lavorare con SpaceX per una possibile missione robotica su Marte diversi anni fa, ma un accordo dedicato a questa missione è stato siglato fra NASA e SpaceX solo nell’Aprile scorso.
NASA non parteciperà economicamente alla missione ma fornirà una serie di servizi alla società di Elon Musk per un valore calcolato di 35 milioni di dollari nei prossimi quattro anni, tutti in ore/uomo o analisi tecniche.
In particolare i servizi facenti parte dell’accordo sono:
– L’utilizzo della Deep Space Network, la rete di comunicazione e tracking utilizzata dalla NASA per tutte le sue missioni interplanetarie. Formata da grandi antenne in California, Spagna e Australia serviranno a mantenere le comunicazioni durante il viaggio verso il pianeta rosso. È compreso il supporto per la definizione dei sistemi di comunicazione per la telemetria, l’assegnazione delle frequenze che verranno utilizzate e la coordinazione con tutte le missioni seguite dal DSN.
– La consulenza degli ingegneri del JPL di Pasadena per lo studio e la definizione della traiettoria di volo e le manovre per raggiungere Marte, compreso il tracking e la navigazione durante il viaggio. Oltre l’ottimizzazione delle manovre l’accordo prevede anche l’addestramento e la certificazione del personale di SpaceX per il supporto alle operazioni.
– Il supporto per la progettazione delle fasi di rientro, discesa e atterraggio su Marte della Red Dragon, rendendo disponibili tutte le “lesson learned” delle passate missioni NASA. Verrà dato un contributo per le simulazioni di rientro e la validazione dei modelli utilizzati. Verrà infine fornito supporto e consulenza per la scelta del sito di atterraggio.
– Verrà fornita consulenza per la validazione nella progettazione dei sistemi di bordo, per quanto riguarda affidabilità, operatività, autonomia, tolleranza alle avarie e più in generale sulla qualità ingegneristica.
– Consulenza e supporto per l’applicazione del Planetary Protection Plan alla capsula, ovvero i protocolli di sicurezza per minimizzare il rischio di contaminazione con materiale biologico terrestre su Marte.
Quello che NASA otterrà in cambio, saranno soprattutto una serie di dati ingegneristici fondamentali per future missioni complesse su Marte.
Fino ad oggi tutti i lander che sono arrivati sul pianeta, per le fasi di rientro e atterraggio hanno utilizzato paracadute, airbag o il sistema “skycrane”, tutti efficaci nell’utilizzo ma poco applicabili in vista delle grandi masse che dovranno essere inviate su Marte nei prossimi decenni.
L’unico sistema che potrà essere utilizzato per grandi payload sarà un sistema di “retro-propulsori” che rallenterà il carico ancora in regime supersonico e fino a toccare il suolo. A causa della debole atmosfera marziana infatti, l’utilizzo di paracadute è limitato a piccole missioni, già obbligate a utilizzare i più grande paracadute mai costruiti.
La missione sarà a detta di tutti ad alto rischio, ma è una grande occasione per cominciare a raccogliere dati sulle fasi di propulsione per il rallentamento supersonico in discesa prima dell’atterraggio.
SpaceX ha già dimostrato di poter rallentare i primi stadi del Falcon 9 in rientro supersonico sulla Terra e sarà ancora più complicato farlo con una capsula nell’ambiente ancora più estremo di Marte.
Nell’ambito dell’accordo sottoscritto SpaceX ha accettato di fornire a NASA tutta la telemetria dei computer di controllo e navigazione e quella prodotta dai sensori disseminati sulla capsula durante l’intera fase di discesa e atterraggio.
Robert Manning, Mars program’s engineering manager al JPL, ha dichiarato che SpaceX ha già condiviso i dati dei rientri dei primi stadi del Falcon 9 e “sappiamo che si possono attivare i propulsori andando “indietro” e tutti i misteri che immaginavamo su questa manovra si sono ormai dipanati”, continuando “Una delle cose su cui avevamo dubbi era, quale sarà la dinamica? Quale il flusso? Il veicolo sarà sbattuto violentemente dal flusso intorno ad esso? Bene, ora abbiamo capito che i propulsori creano una sorta di bolla intorno al veicolo proteggendolo, sembra tremendo dall’esterno ma è molto più tranquillo all’interno”.
Per poter raccogliere tutti questi dati NASA avrebbe dovuto inviare una propria missione probabilmente non prima degli anni ’20 o ’30, per cui i dati che arriveranno dalla missione di SpaceX saranno utilizzabili da NASA nella progettazione dei propri sistemi almeno un decennio prima di quanto previsto.
Sia che la missione sia lanciata nel 2018, sia nella finestra di lancio successiva del 2020, SpaceX dovrà necessariamente coordinarsi con le agenzie di mezzo mondo per l’utilizzo delle risorse del JPL, visto il traffico che interesserà la rotta Terra-Marte in entrambe le finestre.
Nel 2018 sarà lanciata la missione InSight della NASA mentre nel 2020 saranno lanciati i rover di NASA e ESA-Roscosmos oltre ad un orbiter degli Emirati Arabi, tutte missioni che verranno supportate dalla rete di comunicazione Deep Space Network gestita dal JPL e che già supporta tutte le missioni attualmente attive.
Benché gli obiettivi siano molto ambiziosi, nessuna missione commerciale ha mai raggiunto Marte e la Red Dragon, con le sue 8-10ton stimate, sarebbe subito la missione più pesante ad averlo mai fatto.
Il costo per SpaceX è stimato attualmente intorno ai 300 milioni di dollari e tutti i dettagli attualmente in lavorazione saranno probabilmente svelati a Settembre direttamente da Elon Musk.
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