100.000 orbite per la ISS
Il 16 maggio scorso, fra le 4:35 e le 6:10 GMT (le 6:35 e le 8:10 in Italia), la ISS ha effettuato l’orbita numero 100.000 attorno alla Terra. Considerando un’altezza media rispetto alla superficie terrestre di 380 km (ai giorni nostri si trova un po’ più in alto ma durante il suo assemblaggio si trovava più in basso), la International Space Station ha percorso 4,12 miliardi di km, pari cioè a 27,5 Unità Astronomiche e sufficienti quindi a percorrere, assumendo di muoversi in linea retta, per quasi 14 volte il tragitto Terra-Sole e ritorno, oppure con lo stesso assunto di arrivare fin quasi a Nettuno, il più esterno degli otto pianeti del Sistema Solare.
In realtà a compiere 100.000 orbite non è stata l’intera Stazione Spaziale Internazionale ma solamente il suo primo modulo, chiamato Zarja e lanciato nello spazio il 20 novembre 1998. Da allora, altri 18 fra moduli e sezioni pressurizzate sono stati aggiunti a Zarja formando il più grande complesso spaziale mai realizzato dall’umanità. La prima aggiunta, avvenuta il 7 dicembre dello stesso anno, ha riguardato il modulo Unity (o Nodo 1) e i PMA 1 e 2. Il 26 luglio 2000 è stata la volta del modulo Zvezda, il principale componente della parte russa. Il 16 ottobre successivo è stato aggiunto il PMA 3 mentre il 10 febbraio 2001 anche la parte americana ha visto arrivare il suo modulo principale, chiamato Destiny. Sempre nel 2001, il 15 luglio, è stato aggiunto il modulo Quest che ha permesso agli astronauti di uscire direttamente dalla Stazione (anziché dalle navette spaziali attraccate) per effettuare le cosiddette EVA (Extra Vehicular Activity). Il 17 settembre successivo, l’arrivo del modulo Pirs ha dato la possibilità di effettuare EVA anche dalla parte russa, ma ha anche dato il via alla più lunga pausa (oltre sei anni) nell’assemblaggio delle sezioni pressurizzate del complesso orbitale. Il successivo componente, il modulo Harmony (Nodo 2) è infatti arrivato solamente il 26 ottobre 2007. Tuttavia, l’aggiunta di questo modulo ha rappresentato la chiave di volta nella costruzione della ISS, permettendo una rapida espansione che ha visto in meno di otto mesi l’arrivo sia del modulo europeo Columbus (11 febbraio 2008) che di quello giapponese Kibo (3 giugno 2008). Quest’ultimo è dotato di una ulteriore sezione pressurizzata (chiamata ELM-PS) che in attesa del suo arrivo è stata portata sulla Stazione il 14 marzo 2008. Il 12 novembre 2009 ha visto l’aggiunta del modulo russo Poisk seguito, il 12 febbraio 2010, dal modulo Tranquility (Nodo 3) e dalla Cupola. Sempre nel 2010 (il 18 maggio) è arrivato il più recente fra i moduli russi, Rassvet. Il 1 marzo 2011, con l’installazione di Leonardo, la Stazione Spaziale ha raggiunto la configurazione che conosciamo ai nostri giorni, o perlomeno che conoscevamo fino allo scorso 16 aprile quando un nuovo e futuristico componente è stato aggiunto alla Stazione Spaziale Internazionale, il modulo “gonfiabile” BEAM.
Questi 19 elementi pressurizzati rappresentano l’habitat all’interno del quale gli astronauti possono compiere le loro attività quotidiane. La International Space Station è stata infatti concepita come un vero e proprio habitat spaziale, il miglior posto ad oggi disponibile per effettuare attività umane al di fuori dell’atmosfera terrestre. I primi uomini a mettervi piede (alle 19:55 GMT del 10 dicembre 1998) furono i sei astronauti della missione STS 88. Quella fu anche la prima di 37 missioni delle navette spaziali (Space Shuttle) americane dedicate all’assemblaggio e attivazione della ISS. A questo scopo furono utilizzate le navette Endeavour, che ha aperto le danze con la missione appena citata, Discovery, che con i suoi 110 giorni complessivi di attracco e 13 missioni è risultata quella maggiormente utilizzata, e Atlantis che ha effettuato il volo finale nel luglio 2011. Malgrado tutte queste missioni STS (Space Transportation System) abbiano accumulato solo 308 giorni totali di permanenza sulla Stazione Spaziale Internazionale (pari appena al 4,8% del tempo di esistenza del complesso orbitale) hanno consentito a 242 persone di salire a bordo, 156 delle quali per la prima volta. Per contro, le meno capienti navicelle russe Sojuz a fronte di 46 voli e 7.862 giorni di permanenza hanno portato 137 persone, 66 delle quali alla loro prima missione sulla Stazione Spaziale. Da questi numeri si può chiaramente capire perché per la prima navicella si parli appunto di navetta, cioè di un veicolo che fa la spola avanti e indietro (o su e giù in questo caso), mentre la funzione della seconda è stata, ed è tutt’ora, molto diversa.
Le Sojuz sono state concepite per effettuare dei voli “usa e getta” ma al tempo stesso per rimanere praticamente tutto il tempo agganciate alla Stazione in modo da fungere anche da scialuppe di salvataggio sempre a disposizione per riportare a Terra gli astronauti in caso di bisogno. Dai quasi 7.900 giorni totali di attracco (pari a 21 anni e mezzo) si evince anche che c’è stata mediamente più di una Sojuz (1,23 per la precisione) agganciata alla ISS, essendo questa nello spazio da 17 anni e mezzo. In effetti, per il 33,7% del tempo della sua esistenza, ci sono state due Sojuz contemporaneamente attraccate alla ISS a cui si aggiunge il 54,9% del tempo in cui ce n’è sempre stata una. In tre occasioni (ottobre 2009, novembre 2013 e settembre 2015) ci sono addirittura state tre Sojuz contemporaneamente agganciate alla Stazione Spaziale.
Malgrado le Sojuz abbiano effettuato quasi 50 missioni, il record per il veicolo fino ad ora più utilizzato nel programma ISS è detenuto dalle navicelle cargo russe Progress con i loro 61 voli e relativi attracchi. Tuttavia il loro tempo complessivo di permanenza (7.027 giorni) è inferiore a quello delle Sojuz. Rispetto a queste ultime, non è mai successo che ci fossero tre Progress agganciate contemporaneamente alla ISS mentre la presenza di due navicelle si è verificata per il 25,6% del tempo complessivo e per il 58,8% del tempo ne è stata presente una. L’elevato numero di lanci, unito al fatto che per i voli senza equipaggio le misure di sicurezza sono inferiori, ha prestato il fianco anche al più elevato numero di fallimenti nel programma ISS con due Progress andate perdute (nell’agosto 2011 e nell’aprile 2015) prima di poter raggiungere la Stazione Spaziale.
Rimanendo nell’ambito dei veicoli cargo (adibiti cioè al trasporto di rifornimenti ed equipaggiamenti) ci sono stati dei fallimenti anche da parte americana che hanno coinvolto addirittura entrambi i tipi di veicoli utilizzati. Dapprima è andata perduta una navicella Cygnus nell’ottobre 2014 a cui ha fatto seguito, nel giugno 2015, una navicella Dragon. Questi due veicoli, introdotti rispettivamente nel 2013 e nel 2012, hanno tuttavia effettuato con successo 13 voli (5 Cygnus e 8 Dragon) portando sulla ISS un totale di 24,6 tonnellate di rifornimenti, che rappresentano il 10,8% di quelli complessivamente trasportati per mezzo di veicoli cargo. La parte del leone, ancora una volta, la fanno le Progress che con le loro 148 tonnellate si prendono il 64,9% “del merito”, seguite dagli ATV europei con il 12,9% (29,5 tonnellate in 5 voli) e dai giapponesi HTV con il 11,4% (25,9 tonnellate in 5 voli).
Alle 228 tonnellate di rifornimenti portate sulla ISS dai cinque veicoli sopra citati bisogna poi aggiungere le 114 tonnellate trasferite all’interno della Stazione tramite gli 11 voli degli MPLM (Multi Purpose Logistic Module) che hanno trovato posto all’interno della capiente stiva delle navette spaziali americane fra il 2001 ed il 2011. Quattro di questi voli hanno visto nella stiva il modulo logistico Raffaello ed i restanti sette Leonardo, che grazie ad un ulteriore volo nel marzo 2011 è diventato parte integrante della Stazione Spaziale in qualità di PMM (Permanent Multipurpose Module).
Fra veicoli cargo e navicelle abitate, c’è stato quindi un notevole “traffico” durante le 100.000 orbite qui prese in considerazione. Se poi consideriamo che alcuni veicoli hanno visto più di un attracco durante la loro missione, le manovre di aggancio hanno raggiunto il considerevole numero di 189, distribuite fra 10 diversi boccaporti. Con i suoi 50 attracchi ricevuti, il boccaporto posteriore di Zvezda risulta il più utilizzato, seguito dai 37 attracchi del modulo Pirs e dai 35 del PMA 2. Per 19 volte è invece stato utilizzato il boccaporto inferiore di Zarja e per 17 quello inferiore di Harmony, mentre Poisk e Rassvet ne contano rispettivamente 14 e 12. Chiudono questa ipotetica classifica il boccaporto inferiore di Unity ed il PMA 3 con due soli attracchi ed infine quello superiore di Harmony che ha visto un unico utilizzo da parte dei veicoli sopracitati.
Naturalmente, tutto questo via vai si è reso e si rende necessario per sostenere le necessità della Stazione Spaziale Internazionale e le attività dei vari equipaggi che in questi 17 anni e mezzo si sono susseguiti ed hanno abitato l’enorme complesso orbitale. Il primo equipaggio permanente (Expedition 1) è arrivato sulla ISS il 2 novembre 2000 e da allora non c’è mai stata soluzione di continuità fra i vari Expedition che si sono succeduti. Tuttavia, in 11 occasioni dopo quel novembre di 16 anni fa (tre volte nel 2001, una nel 2002, una nel 2004 e due nel 2005, 2006 e 2007) la ISS è stata completamente disabitata, seppure per brevissimi periodi (fra i 16 e i 29 minuti). In realtà non si è trattato di abbandoni veri e propri ma di necessità legate al riposizionamento della Sojuz da un boccaporto ad un altro. Essendo come già detto le Sojuz delle vere e proprie scialuppe di salvataggio in grado di riportare a Terra gli astronauti in caso di necessità, oltre che naturalmente al termine della loro missione, nel momento in cui una di queste Sojuz deve essere riposizionata e quindi sganciata dalla ISS, tutti gli astronauti assegnati a quella navicella devono prendere posto al suo interno durante queste manovre e di conseguenza lasciare la Stazione. Se per qualsiasi motivo la Sojuz non fosse in grado di riagganciarsi alla Stazione Spaziale, dovrebbe necessariamente fare ritorno a Terra e di conseguenza lo dovrebbe fare con tutti gli astronauti al suo interno. Negli undici casi sopra citati, sulla Stazione erano presenti solamente due (in quattro casi) o tre astronauti (le altre sette volte) e di conseguenza la Sojuz da riposizionare era anche l’unica presente sulla ISS. Ecco quindi che per l’intera durata delle manovre di spostamento di quelle Sojuz (poco più di 4 ore sommandole tutte) la Stazione è rimasta senza nessuno a bordo. Il 27 settembre 2007 è avvenuto l’ultimo di questi spostamenti che hanno interessato l’unica Sojuz in quel momento presente sulla ISS e da quel giorno il complesso orbitale è stato abitato senza la minima pausa.
In realtà, tra il febbraio 2004 ed il giugno 2006 ci sono stati altri 11 eventi che hanno portato tutti i membri dell’equipaggio ad uscire dalla Stazione, seppure senza spostare la loro Sojuz. Come abbiamo visto, ci sono stati dei casi in cui sulla ISS erano presenti solamente due astronauti che rappresentano anche il minimo storico di presenze a bordo, fatti salvi i 680 giorni complessivi (fra il 20 novembre 1998 e il 2 novembre 2000) durante i quali la Stazione è rimasta disabitata a tutti gli effetti. Le Expedition composte da soli due membri sono state sei (da Expedition 7 a Expedition 12) alle quali si aggiungono un parziale della Expedition 13 ed uno della Expedition 22, dove il resto dell’equipaggio è salito a bordo successivamente ai primi due astronauti.
Fra le molteplici attività che gli astronauti sono chiamati a svolgere ci sono anche le EVA (attività extra-veicolari) che li vedono impegnati all’esterno della ISS per installare esperimenti ed equipaggiamenti oppure per riparare o sostituire elementi che si sono guastati. Tutte le EVA vengono svolte da due astronauti, sia per potersi ripartire il lavoro e quindi accorciare il più possibile il tempo di permanenza all’esterno, sia per motivi di sicurezza nel caso un astronauta fosse incapacitato a rientrare da solo nella ISS. Undici di queste EVA (cinque nel 2004, quattro nel 2005 e due nel 2006) si sono svolte proprio mentre sulla ISS erano presenti solo due astronauti e quindi entrambi sono dovuti uscire all’esterno lasciando provvisoriamente “incustodito” l’interno della Stazione Spaziale. Sommando quindi la durata di queste undici EVA, si può dire che per oltre due giorni (52,2 ore) all’interno della Stazione Spaziale Internazionale non c’è stata “anima viva”.
Anche se volessimo sommare questi due giorni di mancata occupazione ai 680 già citati, la percentuale di occupazione della Stazione Spaziale Internazionale rimarrebbe superiore al 89%. Dal settembre 2007 ci sono sempre stati almeno due astronauti a bordo e dal dicembre 2009 sempre almeno tre. Nel luglio 2009 è stato stabilito il record di presenze quando per 11 giorni consecutivi ci furono ben 13 astronauti a bordo. Un numero così elevato di astronauti si è verificato altre due volte (nell’agosto 2009 e nell’aprile 2010) ma per un numero di giorni inferiore. Se moltiplichiamo il numero di astronauti a bordo per il numero di giorni consecutivi in cui vi sono rimasti, il record è stato stabilito fra il dicembre 2011 e l’aprile 2012 quando per 126 giorni di fila la Stazione Spaziale ha ospitato sei persone.
Nei 5.707 giorni di occupazione, a bordo della ISS si sono avvicendati 222 astronauti, molti dei quali vi sono saliti più di una volta. Fino al 2005 il protagonista da questo punto di vista è stato Sergej Krikalev. L’astronauta russo non solo ha fatto parte dell’equipaggio che per primo è entrato nella Stazione ma due anni dopo è salito per la seconda volta a bordo (un record a quel tempo) facendo parte della Expedition 1 che ha inaugurato i voli di lunga durata. Nel 2005 è salito per la terza volta (anche in questo caso un record) sulla ISS come membro della Expedition 11 facendo di lui anche il primo astronauta a far parte di due Expedition. Il primo ad effettuare quattro voli sulla Stazione è stato invece Frederick Sturckow, curiosamente anche lui protagonista della STS 88. Dopo quella missione, Sturckow ha preso parte alla STS 105 (nell’agosto 2001) alla STS 117 (che ha comandato nel giugno 2007) e alla STS 128 il cui comando lo ha portato nell’agosto 2009 a salire per la quarta volta sulla ISS. Nel dicembre dello scorso anno invece si è avuto per la prima (e finora unica volta) un astronauta che ha visitato per la quinta volta il complesso orbitale, il russo Yuri Malenchenko, che tra l’altro si trova ancora a bordo. Prima di questa missione (Expedition 46-47), Malenchenko ha preso parte alla STS 106 (nel settembre 2000), alla Expedition 7 (nel 2003), Expedition 16 (fra il 2007 ed il 2008) ed Expedition 32-33 (2012).
Per quanto riguarda i soli equipaggi di Expedition, il testimone di Krikalev è stato preso da Gennady Padalka che nel 2012 con la Expedition 31-32 è diventato il primo astronauta ad effettuarne tre. La sua prima Expedition fu la numero 9 nel 2004 e la sua seconda la 19-20 nel 2009. Padalka nel 2015 è diventato inoltre il primo ad effettuare la sua quarta Expedition (la 43-44). Naturalmente la possibilità di prendere parte a più Spedizioni consente di passare moltissimo tempo sulla ISS. Ad oggi il record di permanenza complessiva è detenuto proprio da Gennady Padalka con i suoi 672 giorni, 15 più di Malenchenko e ben 131 in più di un altro astronauta russo che chiude l’ipotetico podio, Sergei Volkov, che però a differenza dei primi due ha effettuato “solo” tre missioni. In realtà i russi monopolizzano le prime otto posizioni, con l’americano Scott Kelly ed i suoi 506 giorni al nono posto. Il primo astronauta non americano o russo è il giapponese Koichi Wakata che occupa il ventunesimo posto con 327 giorni. Il primo europeo è la nostra Samantha Cristoforetti, al trentesimo posto con 199 giorni. Samantha è inoltre al primo posto fra gli astronauti con una singola missione al loro attivo, mentre il primatista fra coloro che ne hanno fatte due è Mikhail Kornienko che con 514 giorni si trova all’ottavo posto proprio davanti a Kelly. Questi due astronauti detengono invece il record per giorni consecutivi passati a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, ben 340 grazie alla cosiddetta “One Year Mission” terminata lo scorso marzo.
L’internazionalità della Stazione è ben evidente dalle 18 diverse nazionalità degli astronauti che fino ad ora l’hanno abitata. Russia e Stati Uniti fanno la parte del leone con rispettivamente 10.790 e 10.601 giorni di permanenza (sommando la permanenza di ogni loro singolo astronauta) seguiti dal Giappone con 959 giorni e dalla nostra Italia a quota 568. Poi troviamo nell’ordine Canada, Germania, Olanda, Belgio, Regno Unito, Francia, Svezia, Kazakistan, Malesia, Corea del Sud, Sudafrica, Brasile, Spagna e Danimarca che chiude “il gruppo” con i suoi 7,6 giorni di permanenza. Un po’ più ristretta è invece la cerchia delle nazioni i cui astronauti hanno effettuato attività extra-veicolari sulla ISS. In questo caso troviamo astronauti di nove diverse nazionalità capitanate dagli USA con ben 1.795 ore di escursioni, anche in questo caso sommando le ore passate in EVA da ogni astronauta. Al secondo posto c’è la Russia con 448 ore ed al terzo il Giappone con 41,5 ore. Seguono Canada, Svezia, Francia, Germania, Italia e Regno Unito, quest’ultimo con 4,7 ore.
Gli Stati Uniti detengono anche il primato per le ore di EVA effettuate da un singolo astronauta. Si tratta di Michael Lopez-Alegria che nel corso delle sue 10 uscite (anche questo un record) ha accumulato 67,7 ore di attività all’esterno della Stazione. Al secondo posto troviamo un altro americano, Richard Mastracchio, con 53,1 ore in nove uscite ed al terzo il primo dei russi, Fyodor Yurchikhin, che nelle sue otto EVA ha totalizzato 51,9 ore. Il primo astronauta non russo o americano è lo svedese Christer Fuglesang al ventiquattresimo posto con 31,9 ore in cinque uscite. In tutto gli astronauti che hanno preso parte alle 191 EVA fino ad ora effettuate a supporto della ISS sono 119, cioè il 53,6% di tutti quelli che sono saliti a bordo. Più della metà hanno quindi avuto l’opportunità di sperimentare queste uscite nel vuoto cosmico e di “costruire” letteralmente con le proprie mani un pezzetto di Stazione Spaziale. Il 45,5% di tutte le uscite sono state effettuate fra il 2006 ed il 2010 con il 2007 e le sue 23 EVA a rappresentare un record che difficilmente verrà battuto. Con l’assemblaggio della ISS ormai completato la necessità di effettuare EVA si è fortemente ridotta senza contare che sono allo studio procedure che prevedono l’utilizzo del braccio robotico Canadarm 2 e della sua “estensione” Dextre per effettuare alcune operazioni che un tempo richiedevano l’intervento umano.
Le preziosissime ore/uomo degli astronauti a bordo della Stazione devono essere messe a frutto il più possibile e quindi se si può evitare di farli uscire all’esterno (attività che fra preparazione, esecuzione ed operazioni post-rientro li occupano praticamente per tutto il giorno) lo si fa ben volentieri. Senza naturalmente contare il fatto che le operazioni di EVA presentano dei rischi ben maggiori rispetto a qualsiasi attività svolta all’interno della Stazione. Fra le attività che in questi ultimi anni occupano un posto di primissimo piano ci sono le ricerche volte alla comprensione di quanto il fisico umano (anche di persone in età avanzata) può sopportare la permanenza prolungata in assenza di peso, cioè la condizione che gli astronauti sperimentano per tutto il tempo che rimangono in orbita attorno alla Terra. Proprio a questo scopo è stata effettuata la già citata One Year Mission ed i due astronauti che l’hanno effettuata non sono stati scelti fra quelli in età relativamente giovane, anzi. Kornienko con i suoi quasi 56 anni al termine della missione si è “issato” al dodicesimo posto fra le persone meno giovani ad essere state sulla ISS. E sale al quarto posto se consideriamo quelli che come lui erano al secondo volo sulla Stazione Spaziale. L’americano Jeffrey Williams, uno dei sei astronauti attualmente a bordo della ISS, con i suoi 58,2 anni è al quinto posto assoluto come età superato solo da Pavel Vinogradov, il più anziano fra tutti gli astronauti russi con i suoi 60,0 anni, e dai connazionali Gregory Olsen, Charles Simonyi e Dennis Tito che hanno abitato la ISS rispettivamente a 60,5, 60,6 e 60,7 anni. Al contrario invece, la persona più giovane ad essere entrata nella ISS è il sudafricano Mark Shuttleworth con i suoi 28,6 anni.
A parte questi “exploit” l’età media alla quale gli astronauti sono saliti a bordo la prima volta si attesa sul valore di 44,1 anni, che salgono a 47,3 nel caso della seconda missione e 49,5 per l’eventuale terza volta. I sette astronauti che sono entrati per la quarta volta nella ISS lo hanno fatto all’età media di 52,7 anni, mentre la quinta volta di Malenchenko è avvenuta a 54,0 anni. Per quanto riguarda invece l’età media di tutti gli astronauti presenti sulla Stazione in un dato momento, il limite inferiore (verificatosi il 19 aprile 2008) è rappresentato dai 39,7 anni di Garrett Reisman, Sergei Volkov e Oleg Kononenko mentre quello superiore (avvenuto il 23 luglio 2015) dai 54,6 anni di Gennady Padalka, Scott Kelly e Mikhail Kornienko.
Durante queste 100.000 orbite, a bordo della Stazione Spaziale si sono pure festeggiati 64 compleanni che hanno coinvolto 51 diverse persone. Il primatista è Gennady Padalka che lo ha festeggiato addirittura quattro volte (in pratica in ogni missione che lo ha visto presente a bordo) mentre nessun altro lo ha festeggiato per più di due volte. In due occasioni se ne sono festeggiati perfino due nello stesso giorno. Il 15 aprile 2010 compirono gli anni Mikhail Kornienko ed il giapponese Soichi Noguchi (rispettivamente 50 e 45) mentre il 21 giugno 2012 fu la volta di Oleg Kononenko e Gennady Padalka (48 e 54).
Solitamente in occasione di un compleanno si augurano cento di questi giorni mentre rivolgendoci a questa superba creazione dell’ingegno umano non si può che dire: altre 100.000 di queste orbite!
Animazione che mostra l’intera sequenza di assemblaggio della ISS. Il modulo russo MLM è in forte ritardo sui tempi di realizzazione tanto che non è ancora stato aggiunto al complesso orbitale, che in cambio ha ricevuto il modulo BEAM precedentemente non previsto.
Photo credits: NASA
Nota: tutti i numeri presenti nell’articolo sono riferiti alla data di raggiungimento dell’orbita numero 100.000.
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