L’Agenzia Spaziale Italiana difende Vega
Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), in una dichiarazione del 17 marzo ha figuratamente alzato un po’ la voce per opporsi alla paventata acquisizione da parte dell’industria francese di Avio nell’ambito della riorganizzazione a livello continentale del settore lanciatori. L’azienda italiana di Colleferro, provincia di Roma, è una delle principali a livello europeo nel campo della propulsione a solido per applicazioni aerospaziali e negli ultimi anni si è distinta essendo la capo-commessa del lanciatore leggero Vega che è anche in gran parte di produzione italiana.
Il presidente Battiston si è sbilanciato facendo appello alle autorità italiane che a suo dire “devono garantire che la versione avanzata del lanciatore europeo Vega rimanga italiana in parole e fatti.”
Attualmente la società Avio è detenuta all’85% da Cinven, una società di investimento europeo che si occupa di far crescere e sviluppare nuove realtà industriali nel vecchio continente. Il desiderio mai nascosto di monetizzare l’investimento fatto nell’azienda italiana ha solleticato l’interesse di due giganti del settore aerospaziale europeo: il colosso tedesco Airbus Defence and Space e la francese Safran, storica costruttrice di motori a razzo. Il restante 15% del pacchetto azionario è di proprietà di Finmeccanica, uno dei più grandi gruppi industriali italiani il cui nome è stato recentemente cambiato in Leonardo. Anche dirigenza di Leonardo ha più volte in passato palesato la possibilità di un acquisto della restante quota aziendale di Avio, sia da soli che in società con altri soggetti interessati ma il progetto non si è mai concretizzato.
Nel frattempo la valutazione di Avio, e quindi della quota di Cinven, è cresciuta di molto con l’esito positivo dei lanci di Vega. Infatti il vettore leggero ha fatto segnare fino a ora 5 lanci coronati da successo su 5 e questo ne ha fatto salire il prestigio consentendogli di ritagliarsi una fetta di quello che sembra essere il fiorente mercato dei lanci di piccoli carichi, siano essi dimostratori tecnologici o vere e proprie missioni scientifiche. Un’ulteriore rivalutazione si è avuta nel dicembre 2014 quando la ministeriale ESA ha stabilito di procedere con i programmi per la nuova generazione di lanciatori europei: Ariane 6 e Vega-C. Infatti in un’ottica di riduzione dei costi tramite la produzione su larga scala, il nuovo vettore pesante europeo utilizzerà il primo stadio del vettore leggero come razzo ausiliario per il decollo. Con queste prospettive di utilizzo gli analisti hanno stimato in circa 30 unità l’anno la quantità richiesta a regime per questo componente così fondamentale.
Attualmente il primo volo di Vega-C è previsto per il 2018 ma è già allo studio un’ulteriore versione aggiornata, Vega-E. Il debutto di Ariane 6 è invece previsto per il 2020 con l’attuale punta di diamante della flotta europea, l’Ariane 5, destinato a effettuare il suo ultimo volo nel 2023 seguito da vicino dall’ultimo volo dell’altro vettore che fa base a Kourou in Guyana Francese, il russo Sojuz.
I timori del presidente Battiston nascono dalle recenti mosse societarie che hanno visto la nascita di Airbus Safran Launchers, una società creata dai due colossi europei dell’aerospazio e che sarà il principale appaltatore del vettore Ariane 6, oltre che l’attuale costruttore di Ariane 5. La nuova società dovrebbe ottenere inoltre il via libera dalla Commissione Europea all’acquisizione della quota di Arianespace detenuta dal governo francese, raggiungendo così il 74% dell’azienda che commercializza tutti i voli spaziali da Kourou. Appare piuttosto ovvio che a questo punto le due società non hanno nessun interesse a farsi la guerra per l’acquisto di Avio e anzi faranno fronte comune tanto più che acquisendo l’azienda italiana incamererebbero anche il suo 3,4% di Arianespace, rafforzando ulteriormente la loro posizione di forza.
Un altro scenario prospettato da alcuni addetti al settore è un’alleanza fra Avio e il gruppo aerospaziale tedesco OHB SE per rilevare la quota di Cinven, ma i portavoce delle due società hanno rifiutato di commentare in merito.
L’allarme di Battiston è forse indirizzato al governo italiano che ha sempre mantenuto e continua a mantenere una posizione poco chiara in merito alla proprietà dell’azienda italiana senza far trasparire in modo chiaro quanto sia determinato a mantenere in mani italiane Avio nel momento in cui Cinven romperà gli indugi e smuoverà la situazione dichiarandosi apertamente pronta a vendere la propria quota. Il parere del governo italiano non è di poco conto visto che l’azienda è sì il principale costruttore industriale di Vega ma il primo appaltatore è in realtà ELV SpA di cui Avio detiene il 70% ma il restante 30% è di proprietà dell’Agenzia Spaziale Italiana e quindi del governo italiano. Questo scenario dà all’Italia un grosso peso su tutto ciò che riguarda Vega che è ritenuto strategico poiché consente di avere un accesso indipendente allo spazio. Ma il principale timore italiano è che Airbus Safran Launchers, una volta acquisito il controllo di Arianespace, favorisca commercialmente il “suo” vettore Ariane 6 a discapito di Vega con conseguenti perdite di guadagno da parte dell’industria nazionale. Infatti la versione più leggera del nuovo vettore pesante, Ariane 62, potrebbe competere per una stessa fetta di mercato di Vega-C.
Nel comunicato del 17 marzo, Battiston si è appellato all’orgoglio nazionale italiano su Vega per opporsi all’acquisto di Avio da un parte di un soggetto non italiano. Non ha menzionato Airbus o Safran in modo esplicito ma non ce n’era bisogno. “Prima di tutto vorremmo dire, con orgoglio, che siamo la sesta potenza spaziale al mondo,” ha detto Battiston. “Dobbiamo mantenere le capacità per un accesso indipendente allo spazio. Dobbiamo garantire che Vega, lanciatore europeo avanzato, rimanga italiano in parole e fatti. Il fondo d’investimento Civen detiene più del 80% delle azioni e potrebbe ottenere un grande introito dalla vendita delle sue partecipazioni, anche a concorrenti spaziali. Se questo accadesse, non solo metterebbe in pericolo il miliardo di euro di investimenti pubblici italiani, ma sarebbe anche una sconfitta per il comparto spaziale italiano, costringendolo a chiedere piuttosto che a decidere per andare in orbita.”
Fonte: ASI
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