Stampare in 3d nello spazio è sempre più una realtà
Stampare in 3d nello spazio è sempre più una realtà. Lo ha dimostrato l’astronauta Scott Kelly che ha attivato Portable on Board Printer 3D la stampante tridimensionale progettata e realizzata in Italia che ha l’obiettivo di creare pezzi di ricambio e strumenti di lavoro direttamente in orbita.
L’esperimento POP3D (Portable on Board Printer 3D) è stato portato a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) da Cygnus, il cargo di Orbital, lo scorso 9 dicembre dopo un viaggio di circa 3 giorni iniziato dalle coste della Florida. Si tratta del vincitore del concorso del 2013 indetto dall’ASI e denominato “Volo Umano Spaziale per Ricerche e Dimostrazioni Tecnologiche sulla Stazione Spaziale Internazionale” che è stato aggiudicato alla ditta Altran Italia. L’azienda romana, specializzata nella consulenza avanzata in ambito ingegneristico, si è occupata come capo commessa della progettazione meccanica e dei sistemi ma si è avvalsa della collaborazione di Thales Alenia Space, per gli aspetti di PA/Safety e integrazione con i sistemi della stazione, e dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), con il suo Center for Space Human Robotics per le analisi finali. Benchè la stampante sia un oggetto tecnologicamente molto avanzato, per il suo utilizzo a bordo della ISS deve sottostare ai vincoli estremamente rigorosi che qualunque hardware deve rispettare in quell’ambiente per consentirne il funzionamento in assenza di gravità.
“Il progetto ha coinvolto un team coordinato dall’Agenzia Spaziale Italiana, in costante contatto con NASA, composto da tecnici e ricercatori di tre industrie nazionali,” ha commentato Gabriele Mascetti responsabile dell’unità Volo Umano e Microgravità dell’ASI. “L’utilizzo in orbita della Portable on Board Printer rappresenta una ulteriore dimostrazione della capacità italiana di ambire e raggiungere traguardi di elevato livello, sia in termini di successo tecnologico che di efficace cooperazione internazionale”.
La genesi di questo esperimento è partita dall’idea che ogni astronave contiene un’indefinita quantità di parti per lo più piccole e uniche e oltre a questo la maggior parte di esse richiede attrezzi specifici per la riparazione o l’utilizzo. La produzione additiva, meglio conosciuta come stampa 3D, è un modo veloce e facile per costruire piccoli oggetti di plastica di qualsiasi forma, che possono essere utilizzati in molti tipi di operazioni e proprio queste caratteristiche ne fanno la tecnologia ideale a bordo di mezzi spaziali: una stampante 3D fornirebbe la capacità di fabbricare parti di ricambio o semplici attrezzi direttamente nello spazio senza dover attendere l’invio da terra o doverseli portare al lancio.
L’esperimento condotto da Scott Kelly ha simulato proprio questo e, a partire dalle 13 di martedì scorso (2 febbraio 2016), l’astronauta statunitense attraverso un’apposita finestra ha supervisionato per circa un’ora l’apparecchiatura italiana intenta alla “creazione” di un piccolo oggetto in PLA. L’acido poliattico, o PLA, è un polimero plastico ottenuto da fonti rinnovabili come il mais, il grano o la barbabietola si tratta quindi di una materia plastica biocompatibile e biodegradabile. Tutta l’operazione è stata fotografata e filmata in alta risoluzione e tutto il materiale verrà rispedito a terra per la verifica del procedimento anche confrontandolo con un analogo campione prodotto con le stesse modalità in un laboratorio convenzionale. Per il momento tutto si è svolto in modo normale secondo quanto previsto a tavolino.
Come detto l’esperimento POP3D rappresenta quello che in gergo viene definito un dimostratore tecnologico: un’apparecchiatura sperimentale che serve a testare le tecnologie da utilizzare poi in maniera industriale. In questo senso si tratta del primo passo verso l’autoproduzione di strumenti in orbita, verso la creazione di un impianto di produzione digitale e automatizzata a bordo della ISS o di un qualsiasi altro veicolo spaziale o colonia extra-terrestre.
Non si tratta del primo esperimento di stampa 3D sulla ISS, già a fine 2014 era stata utilizzata una stampante per produrre piccoli oggetti e addirittura un attrezzo meccanico, ma la novità sta nel materiale utilizzato (assolutamente eco-compatibile) e nella completa automazione del processo.
Fonte: ASI e NASA
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