Le interviste di AstronautiCAST: Nicola Pecile, primo pilota italiano di Virgin Galactic
Trascrizione parzialmente riadattata dell’intervista di Paolo Amoroso a Nicola Pecile, registrata il 19 dicembre 2015 per l’episodio 9×10 del podcast AstronautiCAST, pubblicato il giorno 8 gennaio 2016. Nicola Pecile è un pilota sperimentatore di Virgin Galactic, la compagnia spaziale privata che sta sviluppando lo spazioplano suborbitale con equipaggio SpaceShipTwo e il sistema di lancio orbitale aviotrasportato Cosmic Girl/Launcher One. Ecco il video dell’intervista.
Hanno collaborato alla trascrizione e alla realizzazione di questo articolo Filippo Magni, Valeria Parnenzini, Michael Sacchi, Marco Zambianchi e Alberto Zampieron. P: Paolo Amoroso; N: Nicola Pecile.
Presentazione
P: Diamo il benvenuto a Nicola Pecile, pilota sperimentatore di Virgin Galactic che salutiamo e ringraziamo per la disponibilità. Ciao Nicola dove ti trovi in questo momento?
N: Ciao paolo grazie per il vostro invito. Mi trovo a Lancaster, negli Stati Uniti, in California. È all’inizio del deserto del Mohave, una grandissima estensione che noi chiamiamo la patria del “flight testing”.
P: Vorrei cominciare chiedendoti di presentarti raccontando un po’ le tue esperienze professionali e cosa fai attualmente in Virgin Galactic.
N: Al momento in Virgin lavoro primariamente come pilota collaudatore sperimentatore per il programma SpaceShipTwo/WhiteKnightTwo, ma come immagino saprete recentemente è stato acquisito anche un Boeing 747 dalla compagnia che verrà utilizzato per l’immissione in orbita di microsatelliti o comunque di satelliti con payload non troppo grandi. Questo verrà effettuato con un lanciatore che si chiama LauncherOne, che partirà dal veicolo 747. Quindi in futuro sarò impegnato su tutti e tre i veicoli, e l’attività si preannuncia molto interessante. Prima di fare questo però ero un pilota collaudatore sperimentatore in Aeronautica Militare e ho fatto servizio al Reparto Sperimentale Volo dell’Aeronautica per più di 10 anni. Prima di servire al reparto sperimentale ero un pilota di caccia su velivoli Tornado F3 che l’aeronautica ha utilizzato in leasing dalla Royal Air Force per un decennio. Tra l’Aeronautica Militare e la Virgin c’è stata una parentesi interessante di quattro anni come istruttore alla National Test Pilot School di Mohave, dove di fatto insegnavo e qualificavo il personale sperimentatore proveniente anche dal Reparto Sperimentale Volo. Questo mi ha permesso di ampliare ulteriormente la mia esperienza come istruttore, sicuramente prima non così consistente. Sono entrato in Virgin da tre mesi, quindi un periodo un po’ limitato, però mi sto trovando bene. È un gruppo di persone molto “committed” al raggiungimento dell’obiettivo finale e a livello manageriale vedo che c’è una direzione molto forte per raggiungere questo obiettivo.
La flotta di Virgin Galactic
P: Proprio a proposito della tua attività attuale in Virgin, quali veicoli stai pilotando attualmente, e su quali potrai volare in futuro? Avevi accennato prima a tre velivoli, sia gli aerei madre WhiteKnight e Cosmic Girl, ma anche SpaceShipTwo, lo spazioplano con equipaggio. Quindi potrai andare nello spazio?
N: Sì, sì, assolutamente. I piloti che abbiamo, al momento sono sette, sono intercambiabili nei ruoli. Ovviamente ci sono piloti che sono arrivati prima di me da parecchi anni, quindi come immagini avranno la priorità in quanto hanno molta più conoscenza di me sul sistema. Però il target finale per tutti e sette è di poter fare le attività su tutti e tre i veicoli. Al momento ho cominciato a volare sul WhiteKnightTwo, che è stato fermo per parecchi mesi per una manutenzione prolungata e ne è uscito di recente. Adesso è di nuovo fermo per una piccola manutenzione programmata e ne uscirà di nuovo a gennaio, per cui dovrei completare il mio “type rating” sul velivolo. È un aereo sperimentale, però la FAA [Federal Aviation Administration, ndr] di fatto rilascia un “type rating” ad hoc per un veicolo del genere, è come far volare un Boeing 737 o un Airbus 320. Una volta terminato quello, potrò volare come “pilot in command”, quindi in pieno controllo e responsabile del veicolo stesso sia per i lanci di SpaceShipTwo sia per tutte le altre attività che coinvolgono il WhiteKnight.
La navetta è quasi terminata, il roll-out avverrà probabilmente in febbraio. A quel punto, una volta finita una fase di prova a terra dei sistemi, dovremmo riuscire a fare una prima attività in volo nel mese di aprile, nel corso del quale il veicolo sarà comunque “captive”, cioè tenuto ancorato all’aereo madre, per esplorare alcune delle modifiche che sono state apportate dopo l’incidente che, come saprete, ha causato la perdita del primo veicolo nell’ottobre scorso. Da lì partirà quindi l’attività di prova che si prolungherà per tutto l’anno.
P: Quindi per “navetta” intendi il secondo esemplare di SpaceShipTwo.
N: Sì, esatto, quello che noi chiamiamo il Serial Number 2, che di fatto è il secondo veicolo SpaceShipTwo.
La parte di LauncherOne su Cosmic Girl sarà un po’ più lunga: il veicolo è stato acquisito di recente, si trova al momento in Texas dove verrà trasformato per poter montare il lanciatore sul lato sinistro. Siccome si tratta di una modifica abbastanza consistente, se tutto andrà bene, lanciatore ed aereo madre saranno pronti per la fine del 2017.
P: Quali impressioni hai avuto di WhiteKnightTwo, quale tipo di veicolo è a livello di pilotaggio?
N: È davvero poco convenzionale, basta guardarlo per capire che non vola come tutti gli altri. Di fatto ha delle caratteristiche uniche considerando le due fusoliere. I piloti siedono nella fusoliera destra e il fatto di essere così disallineati rispetto al centro è una cosa abbastanza inusuale.
Anche volando con velivoli grossi come, ad esempio, un Airbus A380 o il Boeing 747, indipendentemente dalle dimensioni, quando si atterra si cerca sempre di allinearlo con la linea centrale della pista. In questo caso, invece, ti devi ricordare che gran parte del veicolo si trova alla tua sinistra, quindi bisogna pensare di allineare il muso della fusoliera destra in maniera tale da poter atterrare comunque centrali. Si tratta quindi di una caratteristica abbastanza unica. È anche molto performante, ha delle prestazioni incredibili. Uno dei problemi è stare attenti a non superare la velocità massima: ci sono dei limiti alla velocità massima perché le prestazioni fornite dai quattro motori sono notevoli. Il volo che ho fatto era senza navetta, mentre il design è ottimizzato per portare il peso della navetta stessa.
La parte delle qualità di volo è anche molto interessante. Ci sono forze che variano con la velocità, quindi è un veicolo molto interessante, molto poco convenzionale.
L’addestramento dei piloti
P: Immagino che pilotare velivoli con caratteristiche uniche come quelle di WhiteKnightTwo e SpaceShipTwo non sia molto frequente. Per mantenere le abilitazioni e per l’addestramento avete dei simulatori di volo specifici?
N: Assolutamente sì, è un punto molto importante, perché volando poco ed essendo ancora in fase prototipale, soprattutto per SpaceShipTwo abbiamo bisogno di esercitarci alle possibili emergenze che si producono in un profilo di volo tipico della navetta. Quindi abbiamo due simulatori, e ce ne potrebbe essere un terzo che verrà costruito internamente a breve. Uno è specifico per il White Knight Two, mentre l’altro è per lo SpaceShipTwo. Quello del White Knight Two non utilizza un modello altamente sofisticato, ma ha un cosiddetto “fidelity level” prossimo all’80% della realtà. Quello di SpaceShipTwo, invece, è fatto molto bene: sentendo i piloti che hanno già volato con la navetta è comparabile con il veicolo reale al 95%, se non anche di più.
Ci esercitiamo spesso, quasi ogni giorno, e facciamo anche attività che coinvolgono la Control Room, cioè gli ingegneri che daranno poi supporto durante il funzionamento della navetta. Facciamo pratica con emergenze dedicate, in modo tale da stimolare la risposta del responsabile che sta in Control Room, così come accade per un volo spaziale tradizionale.
Gli spazioplani
P: Parliamo del velivolo più conosciuto di Virgin Galactic, lo SpaceShipTwo. Che somiglianze e differenze ci sono fra questo e gli spazioplani arrivati ad essere operativi che lo hanno preceduto, l’X-15, lo Space Shuttle e poi lo SpaceShipOne?
N: Beh, la caratteristica primaria è che non esiste nessun sistema di stabilizzazione su SpaceShipTwo, è un veicolo estremamente convenzionale, a comandi reversibili. Il pilota di fatto sente direttamente le risposte aerodinamiche sulle superfici che muove, a differenza dell’X-15, in cui c’era un sistema di stabilizzazione ed il veicolo aveva comunque un sistema irreversibile di comandi, attuato con una parte idraulica ed una pneumatica. Lo Space Shuttle, che era quasi del tutto automatizzato, durante la fase di rientro non veniva quasi mai pilotato manualmente, ma erano i computer che mantenevano il profilo di volo. Invece su SpaceShipTwo è tutto molto manuale, quindi la bellezza nel far parte di un programma del genere, dal punto di vista del pilota, è il fatto che ci sia “molto da volare”. Non è come essere chiusi all’interno di una capsula, come la Sojuz o le prossime che saranno sviluppate, in cui si viene semplicemente messi in orbita. In questo caso c’è proprio la manualità del pilota al 100% in tutto il profilo, sia durante la fase di salita sia durante il rientro.
P: Quindi si tratta di pilotare un razzo “from the seat of your pants”, come dicono i piloti…
N: Esatto, è un po’ come pilotare un velivolo ad alte prestazioni, in cui però la precisione richiesta è notevole. Abbiamo un sistema, che è stato costruito da Scaled Composites e successivamente sviluppato dalla Virgin, che è una sorta di “flight director” che permette di seguire il profilo con molta precisione. Le competenze richieste sono comunque notevoli e la cosa più bella per il pilota è proprio quella.
Cosmic Girl e Launcher One
P: Virgin Galactic, ne hai parlato prima, sta sviluppando un sistema di lancio orbitale in cui l’aereo madre Cosmic Girl, un Boeing 747, sgancerà in volo LauncherOne, un razzo a due stadi che poi porterà in orbita un carico utile fino a circa mezza tonnellata. Hai già avuto occasione di pilotare un Boeing 747 tradizionale o per te sarà un’esperienza completamente nuova?
N: No, non ho mai volato su un Boeing 747 prima, quindi sarà un’esperienza del tutto nuova. Al momento non sono il project pilot, ma uno dei piloti di supporto. Quando sono stato selezionato alla Virgin, con me è stata selezionata un’altra pilotessa che proveniva dalla Boeing, ma con esperienza pregressa alla NASA e nella Air Force americana. Il suo nome è Kelly Latimer e sarà il project pilot primario del programma. Quindi tutti gli altri piloti saranno soltanto di supporto. Al momento lei è l’unica con esperienza su un Boeing 747, oltre al nostro capo pilota David Mackay, che l’aveva già conosciuta quando lavorava per Virgin Atlantic. Inizialmente saranno solo loro due quelli che porteranno avanti il programma.
Sicuramente sarà un’esperienza interessante avendo già volato con velivoli di dimensioni comparabili, ma mai con un Boeing 747. Indubbiamente si tratterà di un ulteriore arricchimento dal punto di vista professionale.
P: I piloti di SOFIA, l’osservatorio astronomico volante della NASA, in cui c’è un telescopio ad infrarossi proprio a bordo di un Boeing 747, mi hanno detto che i piloti stessi hanno in quel caso un ruolo anche nel puntamento del telescopio. Infatti non è sufficiente muovere soltanto il telescopio, ma devono contribuire anche i piloti per indirizzarlo verso l’oggetto da osservare. Nel caso di una tipica missione di Cosmic Girl, quale sarà il ruolo dei piloti nel fornire la traiettoria iniziale del razzo? Sarà necessaria una grande precisione nello sgancio, oppure no?
N: Come sapete, una delle grandi possibilità di poter lanciare un razzo vettore da un veicolo del genere risiede nel fatto di poterlo mettere su qualunque orbita in funzione della prua su cui si sgancia. Quindi immagino che ci sarà un certo livello di tolleranza e non credo che sarà particolarmente restrittivo, nel senso che il lanciatore stesso, puntato in una certa direzione, dovrebbe poi avere la capacità di fare il tuning finale per potersi immettere nell’orbita prevista. Inoltre il LauncherOne avrà un sistema di thrust vectoring tramite cui controllerà i tre assi sia durante il lancio sia in fase di salita, senza utilizzare delle superfici aerodinamiche, che comunque ci saranno, ma garantiranno soltanto la stabilità del sistema piuttosto che il controllo. Quindi da quel punto di vista penso che la tolleranza sarà piuttosto ampia. È comunque richiesta una certa precisione, immagino soprattutto nel profilo di volo, non essendo un lancio tradizionale da un volo livellato, ma un lancio con una fase dinamica di accelerazione, che prevede quindi un “pull-up” per simulare i parametri che saranno richiesti dalla specifica missione. Il pilotaggio rientra sicuramente tra le caratteristiche di precisione per il tipo di profilo, non tanto per la prua ed il mantenimento, quanto più per i parametri di azimut, poiché il lanciatore stesso dovrà essere in grado di correggere eventuali errori.
P: Rimanendo sempre in ambito di pilotaggio, volevo chiederti: quali sono i compiti dei due piloti di SpaceShipTwo nell’ambito di una tipica missione?
N: I ruoli sono molto simili a quelli di un velivolo commerciale. C’è quindi il pilota, detto pilot in command, che sarà anche il responsabile della missione e pilota fisicamente il veicolo, mentre il copilota, che noi chiamiamo pilot, è di supporto al pilot in command durante le fasi di ascesa e rientro. In alcune fasi il carico di lavoro è persino più intenso per il copilota. Questo viene fatto intenzionalmente per ridurre il carico di lavoro del pilota e poter mantenere un sufficiente livello di situation awareness durante tutto il profilo della missione.
Però la crew cooperation tra i due non cambia rispetto a quello che si ha su un velivolo tradizionale.
Il panorama normativo e imprenditoriale europeo
P: Nella tua carriera, se non sbaglio, hai collaborato con le autorità civili di sicurezza aerea italiana ed europea, ENAC e EASA. Pensi che con l’attuale piano normativo europeo, se ci fosse un imprenditore che volesse proporre un’idea simile a quella di Richard Branson, avrebbe da noi la possibilità di realizzarla oppure no?
N: Ci sono dei lavori in corso molto importanti in Europa da questo punto di vista. È inutile dire che negli Stati Uniti è tutto più semplice perché ci sono delle libertà aeronautiche ed aerospaziali che permettono di fare molte cose laddove la normativa europea ancora non esiste, o, se esiste, è molto vincolante. Ci sono due grandi progetti che stanno andando avanti: uno riguarda il Regno Unito, in cui si sta cercando di portare avanti questo tipo di programmi in collaborazione con l’agenzia spaziale britannica, oltre al voler individuare un possibile spazioporto che sarà utile in futuro. Parallelamente l’Italia, proprio di recente, ha firmato con la Virgin Galactic un non-disclosure agreement per poter fare qualcosa del genere anche nel nostro Paese. Al momento il generale Vittori, che conoscete come astronauta e pilota dell’aeronautica militare ed ex pilota collaudatore sperimentatore come me, sta seguendo questa vicenda per la parte italiana e vorrebbe, per molteplici ragioni, portare il programma in Italia. Sono state individuate anche delle basi dell’aeronautica militare che potrebbero fornire il supporto necessario, e comunque lo sforzo dovrebbe essere comune tra Regno Unito e ASI per poter portare il programma in Europa. Probabilmente non si tratterà di un obiettivo nazionale, ma verrà fatto tramite l’ESA. A tal proposito, l’attuale direttore dello Human Directorate in ESA era, fino a pochi giorni fa, presso l’Agenzia Spaziale Britannica, quindi ha seguito già in prima persona la vicenda, in collaborazione con Virgin Galactic, nel Regno Unito e adesso c’è il terreno fertile per poter continuare questa discussione e poter fare una cosa del genere in futuro, non so se andrà a buon fine, io lo spero perché comunque sarebbe molto interessante.
Dico questo perché, ovviamente, il programma rientra sotto la regolamentazione ITAR (International Traffic in Arms Regulations) per quanto riguarda l’esportazione di tecnologia e di armamenti che è gestita dal Dipartimento di Stato Americano, quindi il problema è che nel momento in cui WhiteKnight o SpaceShipTwo vengono operati in una nazione straniera, di fatto, ci deve essere una autorizzazione del Dipartimento di Stato perché la conoscenza del sistema, le procedure che vengono utilizzate e l’esportazione nel complesso di tutto il sistema, ovviamente, possono generare dei problemi. Però non è qualcosa di insormontabile, richiederà parecchio tempo per poter essere sistemato, c’è sicuramente l’interesse da parte di Virgin Galactic di poter fare questo e c’è l’interesse da parte delle due agenzie che ho nominato prima, di poter portare il progetto in Europa. Se il progetto avrà successo e se, ovviamente, la parte burocratica verrà risolta ci sono serie possibilità che nel futuro questo possa accadere.
Le esperienze di un pilota sperimentatore
P: Nel tuo lavoro di pilota sperimentatore, quali sono state le tecnologie con applicazioni spaziali più interessanti a cui hai lavorato?
N: Mah, quando ero in aeronautica era partita l’idea di poter effettuare dei lanci di nano-satelliti, con masse da 5 a 15 kg, lanciati a bordo di un Typhoon Eurofighter F2000 ed ero stato coinvolto nello studio di fattibilità di questa cosa fin dall’inizio; poi per varie ragioni il progetto è stato cancellato, però c’era l’intenzione dell’aeronautica militare di poter attuare il progetto lanciando da un C-130, che di fatto avrebbe aperto il portellone della parte cargo posteriore e avrebbe sganciato un razzo nel senso opposto, quindi non nel senso della velocità dei veicolo, ma dalla parte opposta. Ora, da quando sono andato via, non so a che punto sia questo programma, però sapevo che stesse andando avanti. Quella è stata forse la parte che mi ha più coinvolto dal punto di vista dell’attività spaziale nel mio servizio che ho prestato in Aeronautica in passato.
P: E invece quali sono i velivoli più strani o tecnologicamente interessanti che hai pilotato?
N: Mah, sicuramente il più recente è stato appunto WhiteKnightTwo, molto, molto interessante. La mia esperienza spazia ormai su 134 macchine se contiamo il WhiteKnightTwo. La mia fortuna, che di fatto ho avuto arrivando al reparto sperimentale, è quella di essere stato coinvolto anche nel flight testing di elicotteri, non solo di velivoli da combattimento e di velivoli da trasporto; quindi ho potuto vedere anche una branca del mondo aeronautico che è molto interessante, quella dell’ala rotante, e questo mi ha permesso di spaziare veramente fra tutto quello che c’era la possibilità di testare, dai velivoli da combattimento, ai velivoli da trasporto, agli elicotteri. Se adesso avrò la possibilità di essere coinvolto nel flight testing di SpaceShipTwo possiamo dire che il panorama raggiungerà quasi i 360°, quella sarà sicuramente la ciliegina sulla torta che non vedo l’ora di poter mettere. Ci sono stati tanti velivoli fra i miei preferiti o che sono stati molto interessanti, ricordo con molto piacere l’F-104, che ha prestato servizio in aeronautica per tanti anni perché aveva delle qualità di volo di alto carico alare quindi molto simile a quello che è oggi lo SpaceShipTwo, così come il T-38 e tantissimi altri veicoli da combattimento che hanno delle prestazioni notevoli. Il fatto di avere questo background penso che sia stato un fattore importante nella mia selezione.
Per quanto riguarda la parte elicotteristica anche lì ne ho visti di molto interessanti, ricordo il Kamov Ka-32, quando l’abbiamo certificato in Europa è stata quasi un’impresa storica perché portare un elicottero con tecnologia russa e quindi con tutti gli standard che erano completamente al di fuori dalle normative europee e riuscire poi a certificarlo, anche se in categoria ristretta, in Europa è stata una sfida che mi ha stimolato molto e quindi la ricordo come una bella esperienza.
La longevità operativa del Boeing 747 e del B-52
P: Il 747 sarà l’aereo madre di LauncherOne e il B-52 è stato l’aereo madre dello spazioplano X-15, qual è il segreto dell’eterna giovinezza operativa di questi aerei che ormai hanno decenni di vita e sono stati progettati intorno agli anni ’60, insomma, diversi decenni fa?
N: Mah, non so se c’è una ricetta speciale, sicuramente sono macchine che sono state provate e hanno dimostrato la loro versatilità in molti contesti, non solo nel combattimento come può essere per il B-52, ma anche appunto nella sperimentazione, perché non solo l’X-15, ma tanti altri veicoli sperimentali, sono stati lanciati dall’aereo madre B-52.
Il 747 di fatto è quello che ha un po’ aperto il trasporto commerciale su grande scala così come lo conosciamo oggi, e quindi resta un velivolo storico dal punto di vista di come ha trasformato l’aviazione commerciale; penso che l’aver la flessibilità di una macchina che, è vero è vecchia, però permette di essere molto flessibile e versatile è stato un punto di forza e ha fatto sì che Virgin Galactic optasse per questo velivolo. Inutile anche dire che il velivolo già era nel gruppo Virgin, perché ha volato per Virgin Atlantic per molti anni, quindi era interessante per noi acquisirlo anche dal punto di vista del business, visto che ormai era destinato a non volare più perché sostituito da mezzi più moderni.
I piloti collaudatori ieri e oggi
P: Attualmente quali sono i tuoi record personali di altitudine, velocità e con quali velivoli li hai ottenuti?
N: Il mio record di quota è quasi 55.000 piedi con un Eurofighter Typhoon e il record di velocità è Mach 2,05 con un F-104.
P: Il celebre libro The Right Stuff di Tom Wolfe, ha portato nella cultura popolare la figura del pilota collaudatore degli anni ’50 e ’60, cosa è cambiato da allora nella formazione e nelle attività di questi piloti e degli astronauti con ruoli di pilotaggio?
N: Mah, dal punto di vista delle prestazioni e qualità di volo è cambiato poco, le cose che sono state introdotte di maggior importanza sono relative alla parte sistemistica e avionica. Ovviamente oggi c’è molta più dipendenza dai sistemi di bordo e quindi conoscere come vengono testati questi sistemi e come vengono di fatto sviluppati per essere user-friendly, dal punto di vista del pilotaggio, sicuramente è qualcosa che oggi viene insegnato nelle scuole di collaudatore in maniera molto più intensa di quello che poteva essere anche dieci o quindici anni fa.
La parte dei comandi di volo è un’altra cosa molto importante che sta prendendo un po’ il sopravvento rispetto alle scuole tradizionali, o comunque al modo di insegnare le qualità di volo in maniera tradizionale, perché oggi quasi tutti i veicoli hanno più meno un sistema di augmentation, come lo chiamiamo noi, cioè di stabilità artificiale che permette di mitigare o comunque di migliorare alcune caratteristiche che possono essere non troppo positive dei nuovi veicoli da combattimento o anche di velivoli da trasporto.
Pensate che qualunque aereo commerciale oggi è (quasi) dotato di un sistema fly-by-wire che di fatto svincola il pilota dal pilotaggio tradizionale e utilizza dei sistemi computerizzati per mantenere il controllo del velivolo stesso. Secondo me quello che è cambiato nella cultura generale dell’educazione di un pilota, è che dipendiamo molto di più dall’automazione; quindi anche possibili errori che vengono commessi dall’equipaggio possono essere riconducibili a volte ad un design non opportuno oppure ad una Human Machine Interface che non è stata progettata al meglio.
Per la parte spaziale è difficile da definire. Di fatto di velivoli da rientro planati non ce ne sono in giro. A parte l’X-37, che comunque è di fatto un drone, ma viene pilotato da terra in maniera quasi automatica, non ci sono esempi. Se guardiamo l’esperienza dell’X-15 e dello Space Shuttle abbiamo molta automazione sul secondo, molta poca sul primo. Lo SpaceShipTwo è un po’ in mezzo a queste due situazioni; il pilotaggio è assolutamente tutto manuale, però l’utilizzo di un sistema avionico sofisticato, permette comunque di raggiungere dei risultati brillanti come precisione, cosa assolutamente fondamentale nel tipo di profilo che deve essere volato con SpaceShipTwo.
Lavorare nel settore aerospaziale
P: Vorrei concludere con il nostro “Sportello Orientamento Studenti”, in quanto abbiamo spesso studenti o neolaureati che desiderano lavorare nel settore Aerospaziale. Che consigli daresti loro, e in particolare, visto che stiamo intervistando un pilota, che consigli daresti a chi vuole diventare pilota ad alto livello?
N: Separiamo la domanda in due parti: la prima è che sicuramente il futuro dei ragazzi di oggi è notevole, nel senso che le attività spaziali così come le abbiamo conosciute noi negli ultimi 20-30 anni si stanno trasformando molto rapidamente, e i ragazzi che oggi si stanno laureando probabilmente vedranno entro 20-25 anni i primi uomini e donne camminare su Marte. Ci sarà dunque uno sbocco nelle attività spaziali notevole per tutti. Secondo me è un settore in cui investirei molto nel mio futuro come ingegnere, come ricercatore, o come tecnico in generale, perché è una branca del mondo aeronautico che si sta sviluppando in maniera molto molto rapida, e che tra l’altro non è solo gestita da agenzie governative come abbiamo visto fino in tempi recenti, ma si sta evolvendo molto anche nel settore privato. Al di là di Virgin Galactic ci sono molte altre iniziative private come Blue Origin, come Bigelow, come tantissimi altri che stanno tentando di raggiungere quote orbitali o comunque di intraprendere attività commerciali a quote orbitali per svincolare i normali fondi destinati alle agenzie governative per spingere eventualmente l’essere umano a distanze ben più lontane, la Luna piuttosto che Marte o gli asteroidi. Questo è notevole, perché è la prima volta che succede nella storia, sta avendo successo come vedete con SpaceX e con Orbital. A volte ci sono degli insuccessi, però è importante imparare anche da quello che non funziona per cercare di fare sempre meglio. Pensate agli anni 60: se non ci fosse stato l’incidente dell’Apollo 1, probabilmente non ci sarebbe stato lo stimolo per mantenere le promesse di Kennedy di andare sulla Luna entro la fine del decennio. A volte le cose negative possono stimolare l’ambiente in maniera positiva.
Penso che da quel punto di vista, per chi vuole investire la propria attività futura nel mondo aerospaziale, sicuramente è un momento più che propizio.
Per la seconda parte della domanda relativa a come intraprendere una carriera da pilota professionista, ci sono molte attività, sia nel settore militare, ma anche in quello civile. Direi che se uno è intenzionato a seguire la strada civile bisogna subito cominciare con delle licenze di volo, ad esempio da Pilota Privato, ma poi avanzarle subito in una licenza commerciale, e cominciare anche con piccole attività che permettono di costruire l’esperienza in termini di ore di volo e di qualifiche che possono portare a eventuali attività future anche più grandi.
La parte militare è un po’ più complicata, perché richiede anche forse della fortuna, nel senso che, ovviamente, chi viene ammesso ad un corso in Accademia Aeronautica è da considerarsi fortunatissimo in quanto i posti sono molto limitati. Però partire nel settore militare è sicuramente un punto di forza notevole, perché poi una eventuale futura transizione nell’ambito commerciale o civile è molto ben vista per le qualità professionali che un militare generalmente sviluppa.
Ci sono questi due grossi filoni di carriera che si possono intraprendere. Non tutti possono accedere alla parte militare, gran parte però può accedere a quella Civile. Considerate anche che l’aviazione commerciale così come la conosciamo oggi si sta espandendo notevolmente, sia per quanto riguarda l’ala fissa che l’ala rotante. C’è una previsione che dice che nei prossimi dieci anni ci saranno milioni di posti da pilota, che oggi di fatto non esistono. Poter accedere ad una professione, anche complicata come quella di un pilota professionista, sicuramente nel futuro potrebbe essere più facile di quello che magari è stato nelle generazioni precedenti. Chiunque sia interessato ad una carriera aeronautica o addirittura spaziale, penso possa nel prossimo futuro avere buone chance di essere coinvolto in un modo o nell’altro.
P: Ringraziamo Nicola Pecile per questo sguardo sulla professione del pilota e poi sul mondo del settore spaziale privato che forse è conosciuto solo superficialmente, e ci auguriamo di poter assistere dall’Italia ad un suo lancio sullo spazioplano di Virgin Galactic. Grazie ancora Nicola!
N: Grazie a voi dell’ospitalità e restiamo in contatto per il futuro!
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