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SpaceX e ULA battono tutti i record di spesa per lobbying

Se può esserci un indicatore per quantificare indirettamente quanto l’attività sia fervente o meno in campo spaziale negli USA, questo sono i rendiconti dei vari soggetti coinvolti nelle attività di lobbying a Capitol Hill.
Per quest’anno è stato dichiarato che ULA, nei soli primi 3 trimestri, ha investito oltre 900.000 dollari in attività di lobbying al Congresso, ma non solo, per la prima volta SpaceX ha superato la “vecchia guardia” di chi al Congresso è ben abituato a queste dinamiche! Avendo già speso, fino allo scorso settembre, ben 1,3 milioni di dollari, SpaceX è balzata in testa alla classifica, e per entrambe, al termine dell’anno, verranno sicuramente battuti tutti i rispettivi precedenti record.

Un’attività di lobbying così intensa è dovuta principalmente alla “guerra” dei lanciatori per gli appalti militari e l’accesso ai propulsori RD-180, prodotti in Russia e utilizzati sugli Atlas 5 di ULA.
Per quanto riguarda i contratti per lanciare payload del Dipartimento della Difesa, nel corso del 2015 per la prima volta SpaceX è riuscita ad aggiudicarsi la possibilità di concorrere in queste gare avendo ottenuto la certificazione militare per il Falcon 9.
Appena prima della chiusura per il periodo Natalizio lo scontro fra le due fazioni si è inasprito molto. Il Senatore Repubblicano dell’Alabama Richard Shelby, strenuo difensore dei diritti di ULA e sostenitore di un accordo per ribaltare la restrizione nell’utilizzo dei propulsori prodotti in Russia per i lanci militari, ha accusato la fazione opposta di utilizzare questa “scusa” come pretesto per affossare un’intera industria a favore di SpaceX, la quale punterebbe al monopolio a rischio della sicurezza nazionale e della perdita di capacità industriale dell’intera Nazione.
Dalla parte opposta il Senatore, sempre Repubblicano, McCain dall’Arizona, sponsor di SpaceX e fautore del divieto originale sull’utilizzo di tali propulsori sui lanciatori USA, con parole più che taglienti indirizzate alla lobby opposta, ha accusato i rivali di “finanziare Putin e i suoi compari con una cascata di centinaia di milioni di dollari”.

E queste sono solo le premesse di ciò che accadrà all’inizio del nuovo anno, quando si dovrà ridiscutere tale divieto e con il Dipartimento della Difesa che ha in programma di assegnare i contratti di lancio per almeno 4 satelliti, per i quali, per la prima volta, ULA e SpaceX se la vedranno in un testa a testa.

Fin dalla sua fondazione nel 2006, ULA è sempre stata monopolista per gli appalti di lancio governativi e la fetta di fatturato portata da questi contratti è sempre stata importante. Da parte sua SpaceX, che come detto, da quest’anno può concorrere ad armi pari all’assegnazione di questi contratti e spera di aggiudicarsene una buona fetta, fra i più lucrosi e indispensabili alla sua crescita.
A complicare questa inedita situazione di mercato c’è poi il problema dei propulsori utilizzati da ULA, gli RD-180 Russi per i quali un possibile sostituto indigeno non è previsto almeno fino al 2019 e il cui utilizzo, fino ad allora, sarà sempre in balia del saliscendi nei rapporti geopolitici USA-Russia.

Il divieto di utilizzare propulsori russi per il lancio di payload militari USA era inizialmente stato imposto vietando di utilizzare questi propulsori se acquistati dopo l’1 febbraio 2014 per lanci commissionati dal Dipartimento della Difesa. Successivamente tale imposizione è stata rimossa, dietro una fortissima attività di lobbying capitanata dal Sen. Shelby, per permettere a ULA di competere ad armi pari con SpaceX per le future gare.
ULA dispone dell’Atlas 5 e del Delta IV, il primo utilizza i propulsori russi mentre quest’ultimo, benché abbia propulsori “made in USA”, è stato dichiarato che uscirà dal mercato nel 2018 non essendo più economicamente competitivo se paragonato al Falcon 9.
Da entrambe le parti quindi si sono ormai formate le lobby per quella che si preannuncia per l’anno entrante una vera e propria guerra. ULA ha acquisito almeno quattro nuovi lobbisti dalla sua oltre a Theodore Kronmiller, ex ufficiale del Dipartimento di Stato, il senatore Democratico Bud Cramer e diversi membri degli Appropriations Committee in entrambi i rami del Congresso.

SpaceX invece, che a prima vista si sarebbe potuto ipotizzare spaesata da queste dinamiche, oltre ad aver stanziato la cifra più alta in assoluto per l’attività di lobbying ha già arruolato fra le sue fila il senatore ex leader della maggioranza al Senato Trent Lott, l’ex senatore democratico Jon Breaux, Heather Podesta e il lobbista di lungo corso alla difesa Michael Herson.

Nei prossimi mesi entrambe le lobby getteranno sul tavolo tutte le carte che potranno giocarsi, costi, affidabilità economica, tecnologia, occupazione, storia, esperienza… e il vincitore oltre ad aggiudicarsi i contratti ora in palio potrà così ipotecare una grossa fetta di mercato per i prossimi anni.

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