Raggiunti i 300 lanci orbitali con equipaggio
Probabilmente senza nemmeno saperlo, gli astronauti Sergei Volkov (russo), Andreas Mogensen (danese) e Aidyn Aimbetov (kazako) lo scorso 2 settembre sono stati i protagonisti di quello che negli annali resterà il 300° lancio che ha portato degli uomini in orbita attorno al nostro pianeta. Il primo di questi lanci è datato 12 aprile 1961, quando il russo (allora sovietico) Yuri Gagarin effettuò la prima storica orbita della Terra a bordo della capsula Vostok 1.
Il traguardo dei 100 lanci è stato raggiunto il 24 gennaio 1985 con la messa in orbita della navetta spaziale Discovery per la missione denominata STS 51-C con a bordo gli americani Thomas Mattingly, Loren Shriver, Ellison Onizuka, James Buchli e Gary Payton.
Il lancio numero 200 è avvenuto il 19 novembre 1997 con la missione STS-87 della navetta Columbia. In quell’occasione raggiunsero l’orbita gli americani Kevin Kregel, Steven Lindsey, Winston Scott e Kalpana Chawla, il giapponese Takao Doi e l’ucraino Leonid Kadenyuk.
Per una tragica coincidenza, l’astronauta Onizuka che era a bordo del lancio numero 100 perderà la vita appena un anno dopo (il 28 gennaio 1986) nell’incidente della navetta Challenger, in quello che avrebbe dovuto essere il lancio orbitale numero 112 ma che purtroppo rimarrà invece negli annali dei lanci falliti. L’astronauta Chawla invece, nel suo caso protagonista del lancio numero 200, perderà la vita il 1 febbraio 2003 nell’incidente della navetta Columbia.
Questi incidenti sono purtroppo stati la dimostrazione di quanto sia difficoltoso e rischioso lanciare ed operare dei veicoli destinati allo spazio e di come ancora oggi, dopo 54 anni dal primo lancio umano, la “colonizzazione” dello spazio proceda a rilento. Numeri alla mano, ci sono voluti 24 anni per effettuare i primi 100 lanci e solo 12 anni per completare i successivi 100. Questo significa che si è passati da una media di un lancio ogni 87 giorni del periodo 1961-1984, ad uno ogni 47 giorni del periodo 1985-1997. Non è un caso infatti che il maggior tempo che sia mai passato fra un lancio ed il successivo appartenga al primo periodo qui considerato quando, dopo il lancio della Sojuz 1 avvenuto il 23 aprile 1967 con il russo Vladimir Komarov a bordo, che perderà la vita al rientro a Terra il giorno successivo, ci furono 538 giorni senza altri lanci. L’esplorazione spaziale umana riprese infatti solo il 11 ottobre 1968 con il lancio della missione Apollo 7, con a bordo gli americani Walter Schirra, Donn Eisele e Walter Cunningham. Entrambe queste missioni hanno visto dei primati spaziali, con Komarov che fu il primo russo a volare due volte nello spazio (e tristemente fu anche il primo astronauta a morire in missione) e Schirra che fu il primo uomo ad effettuare tre missioni spaziali.
Al contrario invece, il secondo periodo ha coinciso con il record del più breve tempo fra due lanci, effettuati addirittura a meno di un’ora e mezza di distanza. Alle 6:49 GMT (le 7:49 del mattino in Italia) del 2 dicembre 1990 la navetta Columbia partiva da Cape Canaveral per la missione STS-35 con a bordo gli astronauti americani Vance Brand, Guy Gardner, John Lounge, Jeffrey Hoffman, Robert Parker, Samuel Durrance e Ronald Parise. Un’ora e 24 minuti dopo (alle 8:13 GMT) partiva da Bajkonur la Sojuz TM-11 con a bordo i russi Viktor Afanasyev e Musa Manarov ed il giapponese Toyohiro Akiyama. Anche queste due missioni hanno visto dei primati, con Brand che compiendo il suo quarto e ultimo viaggio spaziale all’età di 59,6 anni diventò la persona meno giovane ad essere fino ad allora andata in orbita, e Akiyama che fu il primo cittadino giapponese ad andare nello spazio.
Per arrivare al terzo centinaio di lanci ci sono però voluti altri 18 anni, con una media di un lancio ogni 65 giorni il ché rappresenta un’involuzione rispetto al periodo precedente. Da questo punto di vista quindi non c’è stata un’escalation continua, ma piuttosto tre fasi ben distinte con quella attuale che rappresenta la via di mezzo fra i primi anni e quelli subito successivi. Considerando infatti tutti i 54 anni di voli spaziali la media si attesta a 66 giorni fra un lancio e l’altro, con il periodo attuale che rispecchia pienamente questo valore.
Anche considerando il numero di missioni effettuate ed il numero di persone portate in orbita ogni anno si evince come il “periodo d’oro” dei voli spaziali sia rappresentato dal passato più che dal presente. Il 1985, con i suoi 11 lanci orbitali con equipaggio, rimane ineguagliato ed avvicinato solo dagli anni 1992, 1994 e 1997 dove i lanci furono 10. Sempre al 1985 bisogna tornare per avere il maggior numero di astronauti portati in orbita (ben 63) in un singolo anno. Al secondo posto c’è il 1992 con 59 persone seguito dal 1997 con 58. All’opposto troviamo il 1964 ed il 1967 con un solo lancio orbitale ed ancora il 1967 con una sola persona in orbita (lo sfortunato Komarov).
Questi alti e bassi sono stati per la maggior parte scanditi da gravi incidenti con perdita di vite umane e questo mezzo secolo di lanci ci ha insegnato che mandare persone nello spazio è tremendamente difficile e dispendioso, sia in termini strettamente monetari che di risorse tecnologiche e umane, tanto che solo tre nazioni sono finora riuscite nell’impresa. Di questi 300 lanci infatti, 163 sono stati effettuati dagli USA (a partire dal 1962), 132 dalla Russia (che fu la prima nel 1961) e 5 dalla Cina, con quest’ultima aggiuntasi solo nel 2003.
Questo si riflette anche sulla nazionalità delle 542 diverse persone che fino ad oggi possono vantarsi di aver orbitato attorno al nostro pianeta. Ben 335 di loro (pari al 61,8% del totale) sono infatti cittadini americani e 118 (il 21,8%) russi, mentre il restante 16,4% raccoglie astronauti di altre 35 nazionalità diverse. Fra queste la più rappresentata è la Germania (comprendendo anche l’ex Germania-est) con 11 persone, seguita da Cina e Giappone con 10, Francia e Canada con 9 e la nostra Italia con 7 astronauti: Franco Malerba, Maurizio Cheli, Umberto Guidoni, Roberto Vittori, Paolo Nespoli, Luca Parmitano e Samantha Cristoforetti. Come si vede una sola donna fra i nostri sette astronauti, pari al 14,3%. In effetti, la suddivisione per genere fra le persone andate in orbita è molto lontana dall’essere paritaria tanto che dei 542 astronauti le donne sono a quota 59, cioè il 10,9% del totale.
Sempre a proposito di percentuali, il 32,3 % dei 542 astronauti sopra citati ha effettuato un unico lancio. Questo significa che la maggior parte (quasi esattamente i due terzi) ha effettuato due o più missioni, tanto che nei 300 decolli verso lo spazio le persone complessivamente trasportate in orbita sono state 1.222, con una media quasi perfetta di 4 persone per ogni lancio. Anche questo dato può essere utilizzato come termometro per misurare l’attuale “stato di salute” dell’esplorazione spaziale. I 19 lanci effettuati negli ultimi 4 anni (dal giugno 2011 ad oggi) hanno sempre e solo visto tre membri di equipaggio a bordo, un valore del 25% inferiore alla media sopra citata.
Questi lanci con tre membri di equipaggio sono in realtà i più frequenti, essendo occorsi 94 volte pari al 31,3 % del totale. Per 62 volte inoltre gli astronauti al lancio sono stati solo due, mentre in 14 occasioni c’è stato addirittura un unico astronauta a bordo del veicolo (il più recente di questi ha visto il cinese Yang Liwei a bordo della Shenzhou 5 inaugurare i voli orbitali della sua nazione). Paradossalmente, sebbene la media indichi 4 persone a bordo (4,1 per la precisione) di ogni lancio, i lanci con quattro astronauti sono stati solamente tre, cioè lo 0,01%! Ciò che sposta la media verso l’alto sono i 36 lanci con cinque persone a bordo, i 28 lanci con sei persone e soprattutto i 62 lanci che hanno visto ben sette astronauti prendere contemporaneamente la via dello spazio. Esiste infine un unico caso dove furono 8 le persone a bordo.
Il lancio più affollato della storia fu quello della navetta spaziale Challenger che il 30 ottobre 1985 portò in orbita per la missione denominata STS 61-A gli americani Henry Hartsfield, Steven Nagel, James Buchli, Guion Bluford e Bonnie Dunbar, i tedeschi Reinhard Furrer e Ernst Messerschmid e l’olandese Wubbo Ockels. Questo lancio orbitale da record fu tristemente anche l’ultimo per la navetta Challenger che andò perduta nel gennaio successivo assieme alla vita delle sette persone che avrebbe dovuto portare in orbita.
Come si diceva, i due terzi dei 1.222 “passeggeri” per lo spazio comprendono persone che in orbita ci sono andate più volte. I primatisti in questa “classifica” sono gli americani Jerry Ross e Franklin Chang-Diaz con ben 7 lanci al loro attivo. Sono sei invece le persone che possono vantare sei decolli, mentre il “club” degli astronauti a quota cinque lanci conta 25 membri. Man mano che si scende con il numero di lanci, il numero delle persone che li hanno effettuati aumenta, tanto che a quota quattro ci sono 67 astronauti, 93 sono a quota tre e quelli con due lanci all’attivo sono 151. Le 175 persone rimanenti hanno effettuato un unico volo spaziale.
La possibilità di effettuare più lanci consente naturalmente di aumentare il tempo passato in orbita o meglio nello spazio in generale, visto che 24 diversi astronauti hanno addirittura lasciato l’orbita terrestre, per dirigersi verso quella lunare.
Parlando quindi di tempo passato nello spazio, sommando i giorni e le ore che ognuna delle 542 persone hanno passato in missione si raggiunge il valore di 46.873 giorni (al momento in cui questo articolo viene pubblicato). Anche in questo caso la ripartizione fra le nazioni non è affatto equa, con USA e Russia che ancora una volta fanno la parte del leone. Se però nel numero di lanci e di cittadini andati nello spazio il primato spetta agli USA, la situazione si rovescia per quanto riguarda il tempo passato in orbita, con la Russia a quota 24.713 giorni (pari al 52,7% del totale) e gli USA che seguono a quota 17.751 giorni (il 37,9%). Il rimanente 9,4% è ripartito fra le altre 35 nazioni, capitanate dal Giappone con 1.014 giorni davanti a Germania e Italia con rispettivamente 659 e 627 giorni.
Il divario fra Russia e USA si amplia in maniera ancora più netta se consideriamo che la prima ha mandato in orbita poco più di un terzo degli astronauti rispetto alla seconda. Ogni astronauta russo ha infatti passato mediamente 209 giorni nello spazio, contro i 53 giorni di quelli americani, che fra le nazioni che hanno mandato più di due loro cittadini nello spazio si piazzano addirittura al sesto posto, sopravanzati da giapponesi (con 101 giorni a testa di media), italiani (90 giorni), tedeschi (60) e canadesi (56). Naturalmente si tratta solo di medie aritmetiche, che danno un’idea generale ma che non possono rispecchiare i singoli casi. Facendo una media infatti, risulterebbe che ognuno dei 542 astronauti ha passato 86 giorni nello spazio, ma naturalmente non è così. Nella realtà, ben 406 di loro (cioè esattamente i tre quarti del totale) non sono arrivati a questo numero di giorni passati in orbita, mentre sono “solo” 136 le persone (70 delle quali di nazionalità russa) che hanno accumulato più di 100 giorni nello spazio.
Ancora più ristretta è la cerchia di coloro che possono vantarsi di avere passato più di un anno (cioè 365,25 giorni) nello spazio. Attualmente questo club conta 33 persone (32 uomini e una donna), delle quali 28 sono di nazionalità russa e cinque americana. Il primato assoluto spetta al russo Gennady Padalka con 878 giorni accumulati durante le sue cinque missioni spaziali, che equivalgono a 2,4 anni. Solamente altre tre persone (tutte russe) hanno superato i 2 anni nello spazio: Sergej Krikalev con 803 giorni in sei missioni, Alexander Kaleri con 769 giorni in cinque missioni e Sergei Avdeyev con 748 giorni in “appena” tre missioni. Quest’ultimo ha quindi una media di ben 249 giorni di permanenza nello spazio per ogni missione effettuata, che lo pone al terzo posto assoluto in questo ambito, superato solamente dai connazionali Musa Manarov (271 giorni di media nelle sue due missioni) e Valeri Polyacov primatista con 339 giorni di media (anche lui in due missioni).
Al sesto posto in questa ipotetica classifica (ed al primo posto fra gli astronauti non russi) troviamo la nostra Samantha Cristoforetti che nella sua unica missione spaziale ha totalizzato 200 giorni in orbita. I 200 giorni consecutivamente passati nello spazio da Samantha rappresentano inoltre un record in campo femminile dal momento che nessun’altra donna ha mai passato tanto tempo in orbita in una singola missione, mentre sono 15 (di cui 13 russi) gli astronauti maschi ad aver fatto meglio, con il record detenuto da Polyacov che nella sua seconda missione spaziale è rimasto in orbita ben 438 giorni. Solo altri tre astronauti (tutti russi) sono rimasti nello spazio per più di un anno prima di ritornare a Terra, i già citati Avdeyev e Manarov (rispettivamente 380 e 366 giorni) e Vladimir Titov che fu il compagno di missione di Manarov rimanendo quindi anche lui in orbita per 366 giorni.
Se in campo femminile Samantha è la primatista per giorni consecutivi passati nello spazio, non lo è considerando il tempo complessivo, essendoci quattro donne (tutte americane) che la sopravanzano. La primatista è Peggy Whitson, che con i suoi 377 giorni (in due missioni) è anche l’unica donna ad aver accumulato più di un anno di permanenza in orbita.
Tutte queste lunghe permanenze nello spazio sono state e sono tutt’ora possibili grazie alla presenza in orbita di Stazioni Spaziali in grado di ospitare equipaggi per periodi molto prolungati. La prima Stazione Spaziale fu la russa Salyut 1 che rimase in orbita per 175 giorni nel 1971, mentre oggi l’unica Stazione Spaziale attiva è la ISS (International Space Station) che ha raggiunto i 6.165 giorni di esistenza con il suo primo modulo che fu lanciato il 20 novembre 1998. Proprio durante il programma ISS si è avuto il maggior numero di persone contemporaneamente nello spazio. In otto diverse occasioni infatti ben 13 astronauti si sono trovati in orbita nello stesso momento. Fra queste otto, la presenza più lunga è stata raggiunta nel luglio 2009 quando per 15,7 giorni (dei quali 11 a bordo della ISS) si trovarono nello spazio gli americani Michael Barratt, Mark Polansky, Douglas Hurley, David Wolf, Christopher Cassidy, Thomas Marshburn e Timothy Kopra, i russi Gennady Padalka e Roman Romanenko, i canadesi Robert Brent Thirsk e Julie Payette, il giapponese Koichi Wakata ed il belga Frank De Winne. In quei giorni ci furono quindi astronauti di cinque nazionalità diverse contemporaneamente in orbita, il ché rappresenta un record sebbene sia stato eguagliato in altre sette occasioni, sia in precedenza che successivamente. Il caso più “estremo” è rappresentato da quanto avvenne fra il maggio e il luglio del 2009, quando per ben 49 giorni ci furono a bordo della ISS “solamente” sei persone ma appunto di cinque nazionalità diverse: i russi Padalka e Romanenko, il giapponese Wakata, l’americano Barratt, il belga De Winne e il canadese Thirsk.
Sempre grazie alla ISS è stato anche stabilito il record per il numero di donne contemporaneamente nello spazio. Nell’aprile 2010, le americane Tracy Caldwell, Stephanie Wilson e Dorothy Metcalf-Lindenburger e la giapponese Naoko Yamazaki si trovarono per 15 giorni contemporaneamente in orbita (dei quali 10 a bordo della ISS assieme ad altri nove colleghi maschi). Non era mai successo prima e a tutt’oggi non si è più ripetuto, che quattro donne fossero nello spazio assieme, mentre in sei diverse occasioni ce ne sono state tre. Sono state invece 34 le volte che due donne si sono trovate contemporaneamente in orbita. All’opposto, il più lungo periodo senza alcuna donna nello spazio, dopo il primo storico volo della russa Valentina Tereshkova che il 16 giugno 1963 a bordo della Vostok 6 diventò la prima rappresentante del gentil sesso a raggiungere l’orbita terrestre, è rappresentato proprio dai 19 anni che passarono fra il volo di quest’ultima e quello della connazionale Svetlana Savitskaya, che il 19 agosto 1982 venne lanciata alla volta della Stazione Spaziale Salyut 7 a bordo della Sojuz T-7 assieme ai colleghi Leonid Popov e Aleksandr Serebrov.
Tornando alla Sojuz TMA-18M protagonista del lancio numero 300, il suo equipaggio è stato interamente composto da astronauti di diverse nazionalità. La prima volta che un veicolo spaziale veniva lanciato con a bordo astronauti di nazionalità diverse è stato il 2 marzo 1978, quando all’interno della Sojuz 28 presero posto il russo Aleksei Gubarev ed il cecoslovacco Vladimir Remek. Quest’ultimo fu anche il primo astronauta non russo o americano ad andare nello spazio. Dopo di allora sono stati molti gli equipaggi misti per quanto riguarda la nazionalità al momento del lancio. Per la precisione a tutt’oggi se ne contano 135 (pari al 45% del totale) il ché dimostra come i viaggi spaziali con equipaggio siano spesso frutto di collaborazioni internazionali. Il 71,1% (pari a 96 lanci) di questi equipaggi internazionali hanno visto a bordo astronauti di “sole” due nazionalità diverse, mentre in 38 occasioni le nazionalità rappresentate sono state tre. Esiste invece un solo caso in cui a bordo del veicolo al momento del lancio sono state rappresentate ben quattro nazioni. Il 19 aprile 2001 partiva da Cape Canaveral la navetta spaziale Endeavour per la missione STS-100 con a bordo gli americani Kent Rominger, Jeffrey Ashby, Scott Parazynski, John Phillips, il canadese Chris Hadfield, il nostro Umberto Guidoni ed il russo Yuri Lonchakov. Pur essendo quest’ultimo un equipaggio decisamente internazionale, la maggior parte di esso era rappresentato da cittadini americani, a differenza per esempio delle sopra citate Sojuz 28 e TMA-18M, dove ogni nazione è stata rappresentata da un unico astronauta. Nei 300 lanci con equipaggio questa ripartizione paritaria si è verificata 34 volte, pari al 11,3% del totale.
Sempre a proposito dei 300 lanci che questo articolo vuole celebrare, in 86 occasioni il veicolo che è partito dalla rampa di lancio è poi atterrato con un equipaggio in tutto o in parte diverso. In un caso, il veicolo partito (la Sojuz 32 lanciata il 25 febbraio 1979) è addirittura rientrato a Terra senza nessuno a bordo. Questi cambi di equipaggio sono avvenuti grazie all’attracco del veicolo con una Stazione orbitante nella quale gli astronauti hanno potuto trasferirsi per poi successivamente rientrare a Terra con un diverso veicolo a sua volta agganciatosi alla Stazione. Esiste però un caso in cui è avvenuto un cambio di equipaggio senza che i veicoli coinvolti (le Sojuz 4 e 5) si siano agganciati ad una Stazione spaziale. In quel caso i due veicoli si agganciarono fra loro (era il 16 gennaio 1969) e due dei tre astronauti partiti con la Sojuz 5, i russi Aleksei Yeliseyev e Yevgeny Khrunov, uscirono dal loro veicolo ed effettuarono una “passeggiata spaziale” nel vuoto cosmico per potersi trasferire nella Sojuz 4, con la quale rientrarono poi a Terra. Questa fu anche la prima volta che queste passeggiate spaziali, tecnicamente chiamate attività extra-veicolari (in inglese EVA, Extra Vehicular Activity) venivano effettuate da due persone, essendo state tutte le precedenti sette EVA eseguite da un unico astronauta. La prima di queste, il 18 marzo 1965, vide il russo Alexei Leonov uscire dal veicolo Voskhod 2 per testare la tuta e le tecniche necessarie per operare al di fuori dell’ambiente protetto di un veicolo spaziale.
Leonov effettuò quella storica EVA all’età di 30,8 anni che lo rende ancora oggi, 50 anni dopo, la persona più giovane ad aver effettuato questo tipo di attività spaziale. Ed è sempre di un russo, Pavel Vinogradov, il primato opposto, cioè dell’astronauta più anziano ad aver effettuato una EVA. Vinogradov, il 19 aprile 2013, effettuò all’esterno della ISS la quinta attività extra-veicolare della sua carriera all’età di 59,6 anni. Con lui in quella uscita ci fu il connazionale Roman Romanenko, di ben 17,9 anni più giovane di lui. Quest’ultimo tuttavia non è un record, in quanto nel maggio del 1995 gli astronauti russi Vladimir Dezhurov e Gennady Strekalov effettuarono tre EVA all’esterno della stazione spaziale Mir con il secondo 21,8 anni più giovane del primo. Per concludere lo spazio dedicato ai primati anagrafici, ce n’è uno stabilito proprio nell’EVA più recente, quella effettuata il 10 agosto scorso all’esterno della ISS dai russi Gennady Padalka e Mikhail Kornienko. Con i loro 56,2 anni di età media, i due uomini hanno stabilito il record di anzianità considerando tutti gli astronauti contemporaneamente in EVA.
Nel 95,9% dei casi (cioè 348 volte su 363) le EVA sono state effettuate da due astronauti. Per 14 volte invece un’unica persona è uscita dal veicolo, mentre a tutt’oggi esiste un solo caso in cui una EVA è stata effettuata da tre astronauti. Il 13 maggio 1992, gli americani Pierre Thuot, Richard Hieb e Thomas Akers uscirono dalla navetta spaziale Endeavour nel corso della missione STS-49 (nella quale vennero effettuate un totale di quattro EVA) e rimasero all’esterno del veicolo per ben 8,5 ore. Nessuna EVA prima di allora era durata tanto e oggi è superata solo dalla passeggiata spaziale che il 11 marzo 2001 vide gli americani James Voss e Susan Helms rimanere al lavoro per 8,9 ore nel corso della missione STS-102 della navetta Discovery, in quel momento attraccata alla Stazione Spaziale Internazionale. Susan è stata una delle sole 11 donne (10 americane e una russa) che hanno finora effettuato attività extra-veicolari. La prima fu proprio la russa Svetlana Savitskaya, che il 25 luglio 1984 uscì all’esterno della stazione spaziale Salyut 7 assieme al connazionale Vladimir Dzhanibekov. Per la Russia fu però un fuoco di paglia in quanto né Svetlana né nessun’altra sua connazionale ha più effettuato altre EVA. In campo femminile la primatista è Sunita Williams, con 7 uscite extra-veicolari per una durata complessiva di 50,7 ore.
In totale sono state effettuate 363 EVA (per una durata complessiva di 2.050 ore) da parte di 212 diversi astronauti, dei quali 133 americani (il 62,7%) e 62 russi (il 29,2%). Il restante 8,1% è rappresentato da astronauti di 9 nazionalità diverse con Canada, Francia, Germania e Giappone davanti a tutti con 3 loro cittadini che possono vantare questo tipo di esperienza. Sommando tutte le ore passate in EVA dai 212 astronauti che le hanno effettuate si arriva ad un totale di 170 giorni, dei quali 112 da parte di astronauti americani (il 65,9%) e 48 da parte di astronauti russi pari al 28,2% del totale. Il restante 5,9% è ripartito fra le altre nazioni capitanate dal Giappone con 54 ore (2,25 giorni) di EVA.
Se gli USA sono al primo posto in quanto a numero e durata complessiva di queste attività al di fuori del veicolo, a livello individuale il record è invece detenuto dal russo Anatoly Solovyev con ben 14 uscite per un totale di 68,7 ore. Questo significa che l’astronauta russo ha passato l’equivalente di 2,9 giorni nel vuoto dello spazio protetto solo dalla sua tuta spaziale. Oltre a Solovyev, altri 9 astronauti (otto americani e un russo) hanno passato più di 2 giorni complessivamente in EVA, mentre altri 54 astronauti hanno oltrepassato le 24 ore.
La maggior parte di queste EVA sono servite per effettuare lavori di manutenzione a satelliti e Stazioni orbitanti, nonché per contribuire all’assemblaggio stesso di queste ultime. Ma la capacità per un astronauta di uscire dal proprio veicolo spaziale è soprattutto un requisito fondamentale per poter esplorare altri pianeti e corpi del Sistema Solare. Una parte delle 24 persone (tutte americane) che nel corso delle proprie missioni hanno lasciato l’orbita terrestre già lo hanno fatto! La metà di essi ha infatti effettuato EVA non solo nel vuoto dello spazio, ma addirittura potendo camminare su una superficie solida. Si tratta di Neil Armstrong, Edwin Aldrin, Charles Conrad, Alan Bean, Alan Shepard, Edgar Mitchell, David Scott, James Irwin, John Young, Charles Duke, Eugene Cernan e Harrison Schmitt. Questi 12 uomini, fra il 1969 e il 1972 sono stati protagonisti di 15 EVA (per una durata complessiva di 80,6 ore) sul suolo lunare che ancora oggi rappresentano il culmine dell’esplorazione umana del cosmo. Da un punto di vista strettamente numerico, è sorprendente che il culmine sia stato raggiunto appena 8 anni dopo l’inizio di questa esplorazione e che per i successivi 43 anni dall’ultimo sbarco lunare non ci si è più nemmeno avvicinati a quell’apice.
I soli 12 uomini che nella storia del genere umano hanno camminato su di un corpo diverso dal pianeta Terra avevano un’età media di 39,8 anni al momento del lancio che li ha portati sulla Luna, con il più giovane di loro (Duke) che ne aveva 36,5 ed il meno giovane (Shepard) 47,2. Se consideriamo invece tutte le 542 persone che sono state lanciate nello spazio, l’età media a cui è avvenuto il loro primo lancio è pari a 40,3 anni, con il più giovane rappresentato dal russo Gherman Titov (che fu il secondo uomo in orbita dopo Gagarin) con 25,9 anni ed il meno giovane dall’americano Dennis Tito con 60,7 anni. Esistono però due persone (anche loro americane) che hanno effettuato una missione spaziale ad un’età più avanzata di Tito. Si tratta di Story Musgrave, che nel suo sesto e ultimo lancio aveva 61,3 anni e John Glenn che con i suoi 77,3 anni rappresenta l’astronauta più anziano ad essere andato in orbita. Glenn detiene anche il record per il maggior tempo passato fra la prima e l’ultima missione spaziale, avendo effettuato il suo primo lancio il 20 febbraio 1962 (fu il terzo uomo dopo Gagarin e Titov ad andare in orbita, nonché il primo americano) con la Mercury 6 ed il suo secondo ed ultimo 36,7 anni dopo, il 29 ottobre 1998 a bordo della navetta spaziale Discovery per la missione STS-95.
Se Glenn ha dovuto aspettare più di 36 anni per tornare nello spazio, all’opposto troviamo un intero equipaggio che ha effettuato due lanci nel giro di appena tre mesi. Gli americani James Halsell, Susan Still, Janice Voss, Donald Thomas, Michael Gernhardt, Roger Crouch e Gregory Linteris vennero lanciati il 4 aprile 1997 a bordo della navetta spaziale Columbia per la missione STS-83. A causa di un grave guasto la loro missione dovette essere interrotta solo 4 giorni dopo a fronte dei quasi 16 giorni previsti di permanenza in orbita. Vennero quindi effettuate pochissime delle attività pianificate tanto che la NASA decise di ripetere la missione non appena fosse stato risolto il problema che l’aveva terminata in anticipo. Il 1 luglio successivo i 7 astronauti tornarono così nello spazio, sempre a bordo della navetta Columbia per la missione che venne rinominata STS-94, stabilendo un record che dura tutt’ora: due lanci effettuati da una stessa persona a distanza di soli 88 giorni uno dall’altro.
John Glenn (classe 1921), oltre ad essere il primo americano in orbita, è anche la persona oggi più anziana fra le 542 andate nello spazio, con i suoi 94 anni compiuti lo scorso 18 luglio. Questo primato lo detiene dal 30 giugno 1995, quando si spense il russo Georgy Beregovoy, che essendo nato il 15 aprile 1921 era l’unico astronauta più anziano di Glenn. Nessuno nato prima del 1921 è infatti mai andato nello spazio e a parte loro due tutti gli altri astronauti sono nati dal 1923 in avanti. Attualmente il più giovane (o meglio la più giovane) è l’astronauta cinese Wang Yaping, nata nel gennaio 1980. Nessuna persona nata successivamente è ancora andata nello spazio. In questa ipotetica classifica delle “nuove leve”, nei primi cinque posti per gioventù troviamo ben quattro donne. Oltre alla già citata Yaping, ce ne sono infatti due classe 1978 (la cinese Liu Yang e la sudcoreana So-Yeon Yi) e una classe 1977, la nostra Samantha Cristoforetti. L’unico uomo di questa cinquina è il russo Alexander Misurkin, classe 1977 come Samantha ma più giovane di cinque mesi.
Anche considerando l’età media alla quale è stato effettuato il primo lancio si evince un’età inferiore per le donne rispetto ai maschi. Se i 483 uomini si sono infatti imbarcati per la prima missione mediamente a 40,6 anni, per le 59 donne questo valore è di 37,9 anni. Il record di gioventù appartiene alla russa Valentina Tereshkova che all’epoca del suo storico lancio aveva solo 26,3 anni e superata in assoluto solo dal connazionale Gherman Titov.
Nel suo volo spaziale, Titov era l’unico a bordo del veicolo e quindi non esiste un equipaggio la cui età media possa essere stata inferiore alla sua, mentre il lancio che ha visto l’età media più elevata dei suoi componenti è stato quello effettuato dalla Sojuz TMA-7 il 1 ottobre 2005 con a bordo gli americani William McArthur e Gregory Olsen ed il russo Valery Tokarev. I tre astronauti avevano un’età media di 55,9 anni. Il record per differenza di età è invece rappresentato dai 41,7 anni che separavano John Glenn e lo spagnolo Pedro Duque (classe 1963) a bordo della navetta Discovery il 29 ottobre 1998. Dal punto di vista anagrafico quindi Duque avrebbe potuto essere tranquillamente figlio di Glenn e malgrado non si sia mai verificata la presenza contemporanea nello spazio di padre (o madre) e figlio/a esistono tre casi in cui i figli hanno seguito le orme dei padri. Il primo “figlio d’arte” ad andare nello spazio è stato proprio uno dei tre astronauti protagonisti del lancio numero 300, il russo Sergei Volkov. Il 8 aprile 2008 Volkov salpò per lo spazio a bordo della Sojuz TMA-12 (assieme al connazionale Oleg Kononenko e alla sudcoreana So-Yeon Yi) per la prima delle sue finora tre missioni spaziali. Effettuando il terzo volo spaziale (tutt’ora in corso a bordo della ISS), Sergei ha eguagliato il padre Alexander Volkov (attivo dal 1985 al 1991) per numero di voli e dal 27 settembre scorso lo ha addirittura superato per numero di tempo complessivo (391 giorni) passato nello spazio. Nessuno degli altri due figli d’arte ha ancora eguagliato il padre né per numero di voli né per tempo passato in orbita. L’americano Richard Garriot ha infatti effettuato una sola missione contro le due del padre Owen Garriott e gli mancano 58 giorni di permanenza in orbita per raggiungerlo, mentre il russo Roman Romanenko ha effettuato due voli contro i tre del padre Yuri Romanenko con 97 giorni di missione in meno.
Essendo state lanciate nello spazio oltre 500 diverse persone, alcune delle quali ci è anche andata più volte e/o ha passato mesi in orbita, si è naturalmente verificato che qualcuna di esse abbia festeggiato il proprio compleanno mentre era nello spazio. A tutt’oggi, si sono festeggiati 117 compleanni spaziali, con addirittura delle persone che lo hanno festeggiato più volte. Il record appartiene al russo Padalka, che nello spazio ha “soffiato candeline” per ben quattro volte. In tre casi invece il compleanno è caduto proprio nel giorno del lancio, protagonisti gli americani Richard Truly (44 anni compiuti il 12 novembre 1981 sulla navetta Columbia per la missione STS-2), Dale Gardner (36 anni il 8 novembre 1984 sulla navetta Discovery per la STS 51-A) e Kent Rominger (41 anni il 7 agosto 1997, navetta Discovery e missione STS-85). Ad oggi esiste invece un unico caso di compleanno il giorno del rientro a Terra. Il 27 aprile 1989 il russo Valeri Polyacov festeggiò i suoi 47 anni al termine della sua prima missione spaziale, il cui rientro avvenne a bordo della Sojuz TM-7.
Il compleanno più recente è quello festeggiato da Padalka lo scorso 21 giugno mentre era a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Il primo astronauta a compiere gli anni nello spazio fu anch’esso un russo, Viktor Patsayev che il 19 giugno 1971 festeggiò il suo 38° compleanno a bordo della stazione spaziale Salyut 1. Per un terribile destino, Patsayev (assieme ai suoi compagni di missione Georgy Dobrovolsky e Vladislav Volkov) morirà appena 11 giorni dopo a causa di un malfunzionamento della loro Sojuz 11 durante il rientro a Terra.
Quello dei tre astronauti russi fu il secondo incidente mortale in una missione spaziale, dopo quello occorso a Komarov, anche in questo caso a causa di una guasto alla navicella durante l’atterraggio. Fra le persone andate nello spazio, sono 15 (10 americani, quattro russi e un israeliano) quelle morte durante la missione, sebbene a questi debbano aggiungersi altri decessi durante le fasi di addestramento o comunque correlate con la preparazione per il volo spaziale. Questi incidenti mortali hanno coinvolto anche persone che non hanno avuto la possibilità di andare nello spazio, e quindi non rientrano fra le 542 qui considerate, ma si stavano preparando per farlo oppure erano addirittura partiti dalla rampa di lancio come nel caso dell’incidente alla navetta Challenger.
Fra le 542 persone che sono state in orbita, sono 76 (71 uomini e 5 donne) quelle che ci hanno lasciato per sempre, di cui 43 sono astronauti americani, 30 russi, uno tedesco, uno israeliano e uno olandese. Il più giovane di questi 76 a perdere la vita rimane a tutt’oggi Yuri Gagarin, morto meno di tre settimane dopo aver compiuto i suoi 34 anni. Un beffardo destino ha quindi separato come più non si poteva le sorti del primo russo e del primo americano in orbita. Gagarin morto giovanissimo (come nessun’altro finora) e Glenn vissuto tantissimo (come nessun’altro finora) e ancora in vita.
In copertina: l’equipaggio del lancio numero 300. Da sinistra, A. Aimbetov, S. Volkov e A. Mogensen. Quest’ultimo è stato il primo cittadino danese a raggiungere lo spazio.
Photo credits: NASA, Roscosmos, RSC Energia, Spacefacts, pics-about.space, RKI, cuhk.edu.hk
Nota: le EVA considerate non comprendono le stand-up EVA e le IVA.
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