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L+200/4: Non è facile come allacciare la cintura di sicurezza

Samantha Cristoforetti nella Soyuz TMA-15M durante il lancio. Credit: Roscosmos/NASA TV

Samantha Cristoforetti nella Sojuz TMA-15M durante il lancio. Credit: Roscosmos/NASA TV

Dal Diario di bordo di Samantha Cristoforetti (nota scritta il 07/09/2015):

Avamposto Spaziale ISS. Orbita Terrestre—Giorno di missione 200 (11 giugno 2015)—Questa è la quarta di una serie finale di note del diario che ripercorrono la partenza, l’atterraggio e il riadattamento!

Assicurarsi al seggiolino della Sojuz non è una cosa veloce come allacciarsi la cintura di sicurezza: lo spazio è ristretto, la posizione scomoda e alcune delle cinghie sono difficili da raggiungere. Inoltre, come avevo imparato durante il controllo di tenuta stagna delle nostre Sokol, trovarsi in assenza di peso non rende l’operazione più facile, visto che il corpo non rimane fermo nel seggiolino. Quindi sono stata contenta una volta completato tutto: collegati i tubi dell’ossigeno e della ventilazione, inseriti i cavi delle comunicazioni radio e dei sensori biomedici, allacciate le cinghie in grembo e alle ginocchia. Non le ho strette, visto che sarebbero passate ancora diverse ore prima dell’accensione di deorbitazione e del nostro rientro nell’atmosfera. Nonostante lo sforzo fisico di assicurarmi al seggiolino non sentivo ancora troppo caldo nella Sokol, quindi non ho acceso la ventilazione della tuta godendomi qualche altro minuto di quiete.

Dalla radio è arrivata la cara, familiare voce del nostro istruttore Sojuz, Dima, che oggi avrebbe parlato sul canale space-to-ground [dallo spazio a terra—N.d.T.] da Mosca, proprio come era stato la “voce del centro di controllo” per centinaia di ore nel simulatore a Star City. Mi ha chiesto informazioni sullo stato delle nostre operazioni di vestizione della tuta e ho riferito che mi ero assicurata al seggiolino e Anton stava aiutando Terry nel modulo orbitale. Poi ho selezionato la schermata del mio display di comando e controllo che mostrava i parametri tecnici del nostro veicolo. Tutto sembrava a posto tranne i livelli di CO2 che tendevano ad aumentare, vicini a 4 mm Hg. Stavo per segnalarlo, ma il Controllo Missione di Mosca lo aveva ovviamente già visto dalla telemetria: Dima mi ha dato via radio istruzioni per attivare in quel momento la rimozione della CO2, un po’ prima di quanto previsto nella checklist.

Ancora qualche lettura di pressione da Terry e Anton, che ho riferito a Mosca, e il controllo di tenuta è stato considerato completo e superato: il distacco dalla ISS sarebbe stato sicuro. Fra l’altro, dovrei aggiungere che alcuni giorni prima del distacco avevamo eseguito anche un controllo dei thruster [motori di manovra—N.d.T.]. Innanzitutto i controllori di volo avevano portato la ISS nella modalità a deriva libera, cioè la Stazione si sarebbe lasciata portare leggermente fuori assetto dalle accensioni dei thruster della Sojuz senza cercare di compensare attivamente quelle variazioni. Poi Anton e io avevamo preso i nostri posti nella Sojuz, configurato i sistemi della capsula in modo che i controlli manuali agissero sulle accensioni dei thruster, e Anton aveva manovrato le leve di comando in sequenza in tutti e sei i gradi di libertà, dandoci l’opportunità di assicurarci che avrebbero reagito adeguatamente a tutti gli input di controllo, sia con il circuito di controllo primario che con quello di riserva.

Tornando al giorno della partenza, era arrivato il turno di Terry di assicurarsi al seggiolino. Anton ci ha raggiunti nel modulo di discesa pochi minuti dopo, chiudendo il portello che ci separava dal modulo orbitale.

Una volta assicurati tutti ai seggiolini, abbiamo indossato i guanti e chiuso i caschi per iniziare i controlli di tenuta delle tute. Per prima cosa abbiamo girato la valvola di regolazione blu sul petto nella posizione chiusa e il semplice flusso di ventilazione dalle ventole ci ha gonfiato leggermente le tute. Poi Anton ha scandito un breve conto alla rovescia di 5 secondi, alla fine del quale ha avviato il cronometro, mentre io ho contemporaneamente aperto la valvola che avviava il flusso di ossigeno nelle tute. Ciascuno di noi ha monitorato l’aumento di pressione della tuta sul proprio manometro da polso e riferito il raggiungimento di 0,1 atm e 3,5 atm, in modo che Anton potesse annotare i “tempi di riempimento”. Anche il controllo a terra seguiva le operazioni, visto che avevamo bloccato in posizione attiva il pulsante di trasmissione prima di iniziare il controllo di tenuta.

Dopo avere raggiunto 3,5 atm ciascuno di noi ha lasciato sgonfiare la tuta, controllando il rateo di flusso con la valvola di regolazione in modo da dare tempo alle orecchie di compensare il calo di pressione. Poi abbiamo aperto i caschi e io ho chiuso la linea di alimentazione dai serbatoi di ossigeno. Non avremmo più tolto i guanti fino a dopo l’atterraggio.

Buone notizie: tutte le nostre tute si erano “riempite” entro i tempi richiesti, passando il controllo di tenuta. Un altro potenziale ostacolo al nostro programma per la partenza era ormai superato!

Foto: in questa schermata dal video del nostro lancio potete vedere quanto sia ristretto lo spazio nella Sojuz!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS. Leggi il Diario di bordo di Samantha Cristoforetti e l’introduzione.

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