Intervista esclusiva all’astronauta Robert Springer
Dopo una pausa più lunga del previsto, riprendiamo le interviste dedicate al programma STS con la penultima della serie ormai giunta vicino alla sua conclusione ma che vedrà, come spiegato all’inizio del ciclo, una coda grazie ad un “ospite speciale”.
Robert Clyde Springer è nato il 21 maggio 1942 a St. Louis, nel Missouri, sebbene sia poi cresciuto ad Ashland, nell’Ohio, dove nel 1960 si è diplomato presso la locale Scuola Superiore. Quattro anni dopo si è laureato in scienze navali presso l’Accademia della Marina (U.S. Navy) ad Annapolis, nel Maryland. Dopo la laurea si è arruolato nel corpo dei Marines ricevendo nel 1966 il brevetto di pilota e prendendo parte a oltre 500 missioni in Vietnam a bordo di F-4 Phantom, Cessna O-1 Bird Dog ed elicotteri UH-1 Huey.
Alla fine del 1968 è ritornato in patria per frequentare la U.S. Naval Postgraduate School di Monterey, in California, dove nel 1971 ha conseguito un Master in analisi dei sistemi e ricerca operativa. Quattro anni dopo ha ricevuto il brevetto di pilota collaudatore presso la U.S. Navy Test Pilot School di Patuxent River, nel Maryland. Nel 1978 si è graduato presso il Armed Forces Staff College (ora Joint Forces Staff College) a Norfolk, in Virginia, assumendo la responsabilità del settore pianificazioni operazioni congiunte tra forze marine americane, NATO e Medio Oriente.
Nel maggio 1980 è stato selezionato nel nono gruppo di astronauti NASA. Fra i suoi compagni di corso c’erano Michael Smith, deceduto nell’incidente del Challenger e Charles Bolden attuale numero uno della NASA. Nel marzo 1989 ha effettuato la sua prima missione spaziale (STS-29) a bordo della navetta Discovery che vide la messa in orbita del satellite TDRS-4. Il secondo volo arrivò nel dicembre dell’anno successivo sulla navetta Atlantis per la missione STS-38. Si trattò di una missione per conto del Dipartimento della Difesa (DoD – Department of Defense) e quindi coperta da segreto militare. Tuttavia il carico rilasciato in orbita si ritiene essere un satellite spia della classe Magnum per monitorare gli eventi durante la prima guerra del Golfo oppure un satellite da ricognizione SDS-2. Nel dicembre 1990 Robert Springer si è dimesso dalla NASA e dal corpo dei Marines, dove ha raggiunto il grado di Colonnello, per intraprendere una carriera nel settore privato.
STS-29
Qual è stato l’aspetto che ti ha maggiormente entusiasmato nella tua prima esperienza spaziale?
Beh, sono stato selezionato come astronauta nel 1980 ed assegnato ad una missione che venne cancellata nel 1984. Una seconda missione alla quale fui assegnato venne cancellata a causa dell’incidente alla navetta Challenger che causò un’interruzione dei voli per oltre 30 mesi. La mia prima missione è quindi giunta dopo 8 anni di attesa e di addestramento continuo. La cosa più eccitante è quindi stata il fatto stesso di effettuare la missione!
Durante la missione qual è stato il maggiore problema che vi siete trovati a dover risolvere?
Fu un volo sostanzialmente nominale. Non abbiamo avuto reali criticità, ma solamente alcuni problemi con la telescrivente di bordo e con un paio di esperimenti che non hanno funzionato a dovere. Tutte cose che siamo comunque riusciti a gestire bene grazie all’addestramento che tutti noi avevamo ricevuto.
E cosa invece è andato meglio del previsto?
In ogni missione non si può sapere chi verrà affetto dal “mal si spazio” e chi no. Io ne fui affetto, ma solamente il secondo giorno e per circa sei ore. Sono state delle ore difficili ma poi sono stato bene per tutto il resto della missione, per cui poteva andare peggio.
Prima della tua carriera di astronauta avevi pilotato aerei ed elicotteri nel corpo dei Marines. Per quale motivo sei stato scelto dalla NASA come Mission Specialist anziché come pilota?
All’inizio presentai la mia candidatura come pilota per il primo gruppo di astronauti del programma STS, quello del 1978, ma non venni selezionato. Mi fu però suggerito di ripresentare la mia candidatura in qualità di Mission Specialist in quanto la NASA voleva che anche fra questi ci fossero comunque persone con un background di pilota e di esperienza nel campo militare in quanto la maggior parte dei Mission Specialist non lo erano. Così mi applicai nuovamente e venni selezionato. Non ha fatto molta differenza per me, ero solo felice di essere stato scelto.
Qual è stato il tuo ruolo in questa missione?
In questa missione ero Payload Commander, cioé responsabile del carico per cui dovevo assicurarmi che tutto funzionasse a dovere per permettere al satellite di venire sganciato al momento prestabilito. Per i carichi secondari ci siamo invece suddivisi le responsabilità ed è stato molto affascinante in quanto alcuni degli esperimenti che avevamo a bordo sono stati dei precursori per successive sperimentazioni che vengono condotte ancora oggi sulla ISS.
STS-38
Come venivano selezionati gli equipaggi per le missioni DoD? C’era un obbligo di confidenzialità per tutti gli astronauti della NASA o solo per alcuni?
Non credo ci fosse obbligo di confidenzialità o cose del genere in quanto sebbene il nostro equipaggio era interamente formato da militari successive missioni DoD non lo furono, per cui non era un requisito imprescindibile quello di essere militari. Credo che nel nostro caso sia stata una coincidenza il fatto che fossimo tutti cinque militari, anzi tutti cinque piloti. Due della Marina, due dell’Aviazione ed uno elicotterista dell’Esercito.
Ora dopo molti anni mi puoi dire se il satellite nella stiva era della classe Magnum oppure un SDS-2?
No, non posso ancora parlarne.
Durante la missione che cosa non andò come previsto e cosa invece andò meglio di quanto pianificato?
Andò tutto abbastanza bene tranne un problema con il satellite che rese necessario compiere alcune azioni speciali per renderlo operativo prima del suo rilascio. Questa cosa ci preoccupò molto ma alla fine ci riuscimmo.
Per quanto riguarda la seconda parte della domanda invece, dal mio punto di vista fui contento che la missione venne estesa di un giorno a causa del cattivo tempo nel sito di atterraggio e quindi potei godermi del tempo aggiuntivo nello spazio, peraltro senza molte cose da fare.
Durante la missione sapevi già che sarebbe stata l’ultima oppure speravi di volare ancora?
Mi venne offerta la possibilità di volare ancora ma io avevo già deciso di ritirarmi. Per cui sapevo già che sarebbe stato il mio ultimo volo nello spazio.
Qual è il ricordo più intenso della tua ultima missione?
La seconda volta che vai nello spazio hai già una certa esperienza e hai già visto molte cose per cui ciò ti permette di essere maggiormente coinvolto in quello che fai ma allo stesso tempo ti permette di staccartene un pochino per vedere le cose da una prospettiva più ampia. Per la natura stessa della nostra missione, non eravamo pieni di cose da fare come nel mio primo volo e quindi ho avuto più tempo per guardare fuori dal finestrino e scattare fotografie. Fu quindi fantastico potersi godere appieno la magnificenza che deriva dal trovarsi nello spazio.
Intervista rilasciata all’autore nel novembre 2009.
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