All’inizio degli anni ’60 Robert Nelson, dell’Università di Stanford, partorì l’idea di utilizzare il disolfuro di tungsteno come lubrificante solido per i componenti delle missioni Mariner gestite dal JPL.
Questo composto chimico esiste in natura, anche se raro, nella tungstenite. Esso è più scivoloso del teflon e sopporta temperature dai -268°C ai +650°C all’interno dell’atmosfera terrestre, ma il range aumenta nel vuoto dello spazio. Proprio perché forma un legame con la superficie sulla quale viene applicato, risulta essere uno dei lubrificanti solidi più longevi, e può resistere a più di 20.000 atmosfere. Il disolfuro di tungsteno è anche uno dei materiali più sottili al mondo, perciò non va ad intaccare la dimensione ed il peso del componente al quale viene applicato.
Questa polvere era già in commercio all’epoca, ma veniva usata per altri scopi perché ha la tendenza a formare grumi, e può creare diossido di zolfo che impedisce il buon esito dei processi di rivestimento e causa corrosione. Nelson, però, scoprì che riscaldando la sostanza con l’idrogeno essa diventava più malleabile, leggera, ed utile allo scopo. Egli inoltre sviluppò un metodo per creare una miglior presa: “spararla” su di un oggetto con sufficiente pressione crea microscopiche imperfezioni che la fanno aderire completamente.
Tale metodo di applicazione è ancora oggi l’unico raccomandato dalle specifiche dettate dalla Society of Automotive, ma è molto costoso, soprattutto se utilizzato su componenti molto piccole, pertanto diverse aziende hanno tentato vie alternative come ad esempio la stesura con il pennello. “Posso capire che l’industria si sia allontanata dai precetti originari”, confessa Eric Woods, il presidente della Applied Tungstenite Corporation di Temecula, in California. “Ciò che rende unica la Applied Tungstenite è che ad oggi siamo ancora l’unica compagnia che utilizza il processo certificato. Ovviamente è possibile applicare la sostanza con vari metodi, ma il risultato non è lo stesso”.
Gli dà ragione il fatto che a lui si rivolgono ancora la maggior parte delle aziende aerospaziali, così come molti produttori di parti per auto da corsa, per aerei o stamperie plastiche. Alcuni dei sistemi utilizzati per il buon funzionamento delle sonde Mariner, dunque, persistono ancora oggi, inalterati.
Per approfondire:
Spinoff nel dettaglio [ENG]
Le missioni Mariner [ENG]
Sito di Applied Tungstenite Corporation [ENG]
Brevetto di Robert Nelson sul metodo di applicazione della sostanza [ENG]
Presentazione completa powerpoint originale in inglese, traduzione italiana a cura di Veronica Remondini.