Ancora sconosciute le cause della perdita del Falcon 9
Sembrano essere ancora sconosciute le cause che hanno portato all’esplosione del Falcon 9 di SpaceX che avrebbe dovuto immettere in orbita la capsula di rifornimento alla ISS Dragon.
Durante l’International Space Station Research and Development Conference di Boston proprio Elon Musk ha confermato che “Chiunque possa essere coinvolto nell’analisi delle cause che hanno portato all’incidente è molto molto concentrato su questo obiettivo. I dati sembrano essere piuttosto difficili da interpretare. Qualsiasi cosa sia accaduto non è probabilmente semplice da capire, per cui vogliamo spendere quanto più tempo possibile per analizzare tutto quello che abbiamo”.
Quello che per ora è confermato è che “C’è stato un qualche tipo di sovrapressione nel serbatoio dell’ossigeno liquido del secondo stadio, ma per quanto riguarda l’esatta causa e la successiva sequenza degli eventi non c’è ancora una teoria che risponda completamente ai dati ricevuti”.
Ci sarà quindi da verificare se alcuni dei dati ricevuti siano inficiati da errori di misurazione e perché questi siano avvenuti oppure individuare uno scenario, attualmente sconosciuto, che riesca a spiegare tutta la telemetria in possesso di SpaceX.
I pochi detriti recuperati sembra non possano portare a dettagli significativi su quanto avvenuto, determinanti invece saranno gli oltre 3000 canali di telemetria trasmessi a terra, comprese diverse riprese video delle telecamere a bordo. Il lavoro più lungo, ma anche più importante sarà quello di allineare temporalmente tutti questi canali, arrivando a livello di millisecondi, per poter descrivere in maniera precisa la catena degli eventi.
Ovviamente senza una causa chiara del fallimento i tempi di messa a terra del vettore rimangono indeterminati e tali rimarranno fino a quando la causa sarà stata individuata e le necessarie misure di sicurezza potranno essere implementate.
Sempre in questi giorni è stato resa pubblica la decisione, condivisa da NASA dopo una richiesta di SpaceX precedente all’incidente del Falcon 9, di rimandare a data da destinarsi la missione di simulazione di abort a “Max-Q” della futura capsula abitata Dragon V2.
Il test era inizialmente previsto entro fine anno con un primo stadio modificato di Falcon 9, utilizzato per portare alla massima pressione aerodinamica un simulacro della capsula Dragon V2, momento in cui sarebbe iniziata la sequenza di espulsione e recupero.
Il piano era quello di riutilizzare la stessa capsula ricondizionata utilizzata per il test “zero-zero”, ovvero da terra e da fermo, dello scorso maggio, dal momento però che la costruzione di questa capsula era iniziata 2 anni fa, nel frattempo il design della Dragon V2 è variato sensibilmente. Si è così preferito aspettare e avere un modello più fedele di quello che sarà il mezzo finale che porterà in orbita gli astronauti.
Con la nuova pianificazione il test di abort a Max-Q è stato spostato a dopo il primo volo di collaudo non abitato in orbita della capsula (DM-1), la stessa capsula verrà poi riutilizzata per il test di abort in volo.
Differentemente da quanto previsto inoltre il test non si svolgerà più in California dalla Vandenberg Air Force Base ma dal Launch Complex 39A del Kennedy Space Center attualmente in fase di costruzione.
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