L’esperimento Airway Monitoring a bordo della ISS
L’Airway Monitoring è uno degli esperimenti di cui la missione Futura é responsabile ed é stato condotto la settimana scorsa da Samantha Cristoforetti e dal collega NASA Terry Virts, all’interno dell’airlock Quest della ISS. Saranno otto in totale gli astronauti che raccoglieranno dati sui loro polmoni per questo esperimento e questa é la prima volta che il Quest è utilizzato per scopi prettamente scientifici, dal momento che il modulo serve principalmente per consentire agli astronauti di effettuare EVA.
Venerdi Samantha e Terry sono entrati quindi nell’airlock per un’altra delle sessioni programmate, (avevano infatti già svolto l’esperimento una volta sulla terra, nella base NASA, come pure in Gennaio nella ISS) e vi hanno ridotto la pressione del 30% – il che equivale a essere su una montagna a 3000 m di altitudine, prima di espirare in un analizzatore che misura il contenuto di ossido di azoto presente nei polmoni.
L’ossido di azoto (NO) come marcatore dell’infiammazione aerea
Mentre sulla Terra la polvere cade al suolo, in assenza di peso essa circola liberamente, spesso causando irritazioni e infiammazioni ad occhi e polmoni. Inoltre, nel caso specifico della Luna e di Marte la polvere, a causa dell’elettricità statica, potrebbe provocare danni anche maggiori per gli astronauti. L’esperimento Airway Monitoring è quindi volto a monitorare l’infiammazione polmonare e in generale la salute dei polmoni degli astronauti, tramite l’analisi dei livelli di ossido di azoto.
Quando respiriamo infatti, i nostri corpi assorbono ossigeno ed espellono non solo anidride carbonica, ma anche ossido di azoto (NO), un gas prodotto nel corpo (ma anche presente nel fumo di sigaretta e negli scarichi delle auto) per regolare il flusso sanguigno, che funziona anche come agente antibatterico. In medicina, misurando la quantità di ossido di azoto esalato dai pazienti é possibile diagnosticare infiammazioni polmonari e asma, per esempio. L’esperimento Airway Monitoring permette dunque di esaminare la quantità di NO espulso dagli astronauti nell’airlock, una volta depressurizzato. Studiare la diagnostica dell’ossido di azoto nello spazio, oltre a fornire ulteriori dati alle ricerche condotte dalle equipes scientifiche terrestri, porterebbe allo sviluppo di un test polmonare semplice e veloce, di grande beneficio per la medicina.
Come scriveva infatti Samantha Cristoforetti nel suo diario di bordo, prima della partenza: “Questo esperimento è interessante sia dal punto di vista della scienza fondamentale, sia per le applicazioni nello spazio e a terra. In termini di conoscenza, migliorerà la nostra comprensione di come operino i polmoni e la funzione respiratoria. Questo ci aiuterà a diagnosticare e curare le malattie del polmone: pensate per esempio che oltre 300 milioni di persone in tutto il mondo soffrono di asma, e in alcune regioni del mondo la patologia non viene spesso diagnosticata. Per l’esplorazione dello spazio, è veramente importante capire cosa accade ai polmoni degli astronauti durante il volo spaziale di lunga durata. Siamo portati a inalare molte piccole particelle che fluttuano nell’aria in microgravità, mentre sulla Terra cadono al suolo”.
Fonte: ESA
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