Ecco la seconda intervista di questo “ciclo” dedicato agli astronauti che hanno volato nel programma STS della NASA.
Jon Andrew McBride è nato il 14 agosto 1943 a Charleston, nel West Virginia. Cresciuto nella vicina Beckley, si è diplomato nel 1960 presso la locale Woodrow Wilson High School. Dal 1960 al 1964 ha frequentato la West Virginia University per poi arruolarsi nel 1965 con la U.S Navy. Nella guerra del Vietnam ha effettuato 64 missioni di combattimento pilotando un F-4 Phantom. Ha frequentato la scuola di piloti collaudatori dell’USAF alla base aerea di Edwards e quella di combattimento della U.S. Navy (Top Gun) a Miramar, entrambe in California.
McBride è stato selezionato dalla NASA nel gennaio 1978 con il primo gruppo di astronauti espressamente scelto per volare sullo Space Shuttle, che a quell’epoca era ancora nella fase di sviluppo. Nel 1984 ha effettuato la sua unica missione spaziale, denominata STS 41-G, a bordo della navetta Challenger in qualità di pilota. Su questo stesso veicolo nel 1986 troveranno la morte i compagni di corso Francis Scobee, Ellison Onizuka, Ronald McNair e Judith Resnik.
Durante la STS 41-G fu messo in orbita il satellite ERBS ed osservata la Terra per mezzo di una multipiattaforma chiamata OSTA-3. Nel 1996 un ex ufficiale sovietico affermò che la navetta fu intenzionalmente illuminata da un raggio laser inviato da una stazione di terra in Kazakistan che provocò dei malfunzionamenti a bordo.
Nel 1989 Jon McBride si è dimesso dalla NASA e dalla U.S. Navy per intraprendere una carriera privata.
STS 41-G
Cosa hai provato a volare sotto il comando di Robert Crippen, un’autentica leggenda del programma STS?
È stato un vero onore volare con Bob Crippen. Per me lui è Mr. Space Shuttle. Inoltre è un vero gentleman e un professionista in ogni aspetto dell’aviazione e del suo approccio alla vita in generale.
Parlami dell’incidente con il laser russo.
Questa domanda mi è stata fatta svariate volte. Se mai c’è stato questo “incidente”, né io né gli altri miei compagni di equipaggio abbiamo saputo nulla sia prima che durante la missione. Non sono nemmeno sicuro che sia successo veramente. Ma se è successo che cosa posso dire ora?
Questa fu la prima missione con due donne a bordo. Qual è stato il maggior problema di privacy per questo equipaggio misto?
Non c’è stato nessun problema di privacy. Altre donne avevano volato prima e senza problemi di privacy. Il fatto di averne due a bordo non ha fatto alcuna differenza.
Per quale motivo dopo questa missione non ne hai effettuate altre?
Era previsto che comandassi la missione STS 61-E, la quale era in programma subito dopo la STS 51-L. Quest’ultima missione come si sa è quella che ha visto l’incidente del Challenger per cui la mia è ovviamente stata subito cancellata. A seguito dell’incidente i voli sono stati sospesi per tre anni. Per la maggior parte di questo tempo sono stato a Washington in qualità di assistente dell’amministratore NASA. Verso la fine del mio incarico a Washington mi è stato assegnato il comando di una missione che sarebbe partita dopo due anni. Si trattava di una missione a bassa priorità per cui c’era anche l’eventualità che potesse venire cancellata. Ero quindi stato per tre anni lontano dai voli e avevo davanti a me altri due anni di addestramento per una missione che poteva anche non partire. Considerato poi che gli ultimi 25 anni li avevo passati fra U.S. Navy e NASA decisi che era il momento di cambiare vita. Mi sono ritirato da entrambi gli enti e con mia moglie siamo tornati nel West Virginia, il “paradiso in terra” dove sono nato. Qui ho iniziato una nuova carriera nel mondo degli affari e non mi sono più guardato indietro.
Qual è il ricordo più bello della tua prima e unica missione spaziale?
La bellezza della Terra vista dall’orbita. Alcune delle viste più belle in assoluto sono state sopra il Mar Mediterraneo e attorno all’Italia. Ho anche catturato la bellezza dell’Italia nel film IMAX “The Dream is Alive”.
Intervista rilasciata all’autore nel gennaio 2010.