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L+51, L+52: Allarme ammoniaca? Niente panico!

Il sacco a pelo di Samantha Cristoforetti nel Laboratorio Destiny la notte dell'allarme ammoniaca sulla ISS. Credit: ESA/NASA

Il sacco a pelo di Samantha Cristoforetti nel Laboratorio Destiny la notte dell'allarme ammoniaca sulla ISS. Credit: ESA/NASA

Dal Diario di bordo di Samantha Cristoforetti (nota scritta il 17/01/2015):

Avamposto Spaziale ISS. Orbita Terrestre—Giorni di missione 51 e 52 (13 e 14 gennaio 2015)—Ciao a tutti, ora che le cose sono per lo più tornate alla normalità sulla ISS, è ora di recuperare con le note del diario della settimana. E che settimana è stata!

Andando indietro a martedì, siamo entrati in Dragon e abbiamo scaricato tutto il materiale urgente, principalmente tutto quello che doveva essere conservato al freddo. E poi passiamo a mercoledì quando, come potreste avere sentito, abbiamo avuto un bel po’ di agitazione qui a bordo e nei centri di controllo attorno al mondo quando è scattato l’allarme di fuga di ammoniaca.

Avevo appena terminato una videoconferenza mensile con i miei dirigenti dell’ESA e stavo per iniziare un ripasso della procedura di installazione dell’esperimento Airway Monitoring [monitoraggio delle vie aeree—N.d.T.] sul laptop del mio alloggio, quando tutti gli altoparlanti lungo l’intera Stazione hanno iniziato a trasmettere l’unico segnale acustico che di sicuro cattura l’attenzione immediata di tutti: il segnale d’emergenza.

[nel video le immagini dall’esterno della ISS e le comunicazioni radio fra gli astronauti e i centri di controllo nelle fasi iniziali dell’allarme ammoniaca—N.d.T.]

Sono uscita dal mio alloggio e ho guardato verso la paratia posteriore del Laboratorio [il modulo Destiny—N.d.T.], il più vicino pannello Caution and Warning [avvertimento e allarme—N.d.T.] su cui ho potuto mettere gli occhi, ed eccolà lì, la terza spia da sinistra era illuminata di rosso: anche senza leggere l’etichetta, so che la terza spia indica la temuta fuga di ammoniaca. Non che accarezzi l’idea di avere un incendio o una depressurizzazione (gli altri due scenari che possono fare scattare un allarme d’emergenza), ma l’ammoniaca, mi viene detto, può uccidere molto rapidamente. Non ero in grado di sentire alcun odore di ammoniaca in cabina, ma non sono certamente rimasta in giro ad annusare molto: ho immediatamente afferrato una maschera a ossigeno, l’ho indossata e mi sono diretta verso il segmento russo insieme con Terry, Butch e Sasha. Elena e Anton erano già nel segmento russo in quel momento.

Dopo esserci assicurati che nessuno venisse lasciato indietro, abbiamo chiuso il portello che isola il segmento russo da quello americano della Stazione e iniziato a preparare l’equipaggiamento per le misurazioni dell’ammoniaca e i respiratori per l’ammoniaca. Prima che proceda oltre, se siete interessati a qualche informazione di base (come il perché ci sia un pericolo di fuga di ammoniaca, o perché il segmento russo sia un rifugio sicuro, o quale sia la risposta a una fuga di ammoniaca), potete dare un’occhiata alle mie note del diario di addestramento: L-140 e L-142.

Tornando alla nostra storia… pochi minuti dopo che è scattato il segnale, Houston ha chiamato e l’ha dichiarato un falso allarme, così abbiamo interrotto la risposta d’emergenza e siamo tornati nel segmento americano, trovandolo naturalmente insolitamente tranquillo, visto che la risposta automatica del veicolo aveva spento tutte le numerose ventole della Stazione.

Perché un falso allarme? Beh, guardando la telemetria dalla Stazione, i controllori di volo non erano inizialmente in grado di trovare nessun segno di conferma che ci fosse effettivamente una fuga di ammoniaca, e tutto indicava invece un malfunzionamento dei computer. Ma quello era solo l’inizio di una lunga giornata per tutti…

Mentre inziavamo e rimettere a posto l’equipaggiamento d’emergenza e tornare alla normalità, abbiamo ricevuto dal CAPCOM la chiamata inaspettata: “Fuga di ammoniaca. Eseguire la risposta d’emergenza. Fuga di ammoniaca, eseguire la risposta d’emergenza. Fuga di ammoniaca, eseguire la risposta d’emergenza.”

Come abbiamo saputo più tardi, Houston aveva nel frattempo iniziato a vedere nella telemetria alcuni indizi che potevano forse suggerire una vera fuga di ammoniaca in cabina, in particolare un leggero aumento nella pressione della cabina: quantomeno, una fuga reale non poteva più essere esclusa a quel punto.

Così abbiamo indossato le nostre maschere e ci siamo rifugiati di nuovo nel segmento russo. Ancora più della prima volta, credo che il pensiero sia effettivamente passato per la mente di tutti mentre chiudevamo il portello: potremmo non riaprirlo più.

Abbiamo seguito l’intera procedura di risposta all’ammoniaca e, dopo avere sostituito le maschere a ossigeno con i respiratori con filtri per l’ammoniaca, abbiamo potuto confermare con i tubi di Draeger che l’atmosfera nel segmento russo non era contaminata, quindi era sicura da respirare.

Abbiamo tolto i respiratori e poi ci siamo riuniti tutti nel Modulo di Servizio russo, ansiosi di ascoltare quello che Houston aveva da dire sulla sospetta fuga. Abbiamo appreso che, per mitigare la possibile perdita, la pompa del circuito di raffreddamento esterno B era stata spenta e la pressione del circuito ridotta, ma siamo stati lieti di sentire che l’ammoniaca non era stata espulsa dal circuito verso lo spazio: un possibile scenario in una situazione come questa, ma anche un’azione che avrebbe compromesso la Stazione Spaziale per molto tempo.

In seguito alla disattivazione del circuito, era partito un orologio termico per molti equipaggiamenti di bordo: se non fossero stati spenti entro un certo periodo, si sarebbero surriscaldati. Quindi i centri di controllo in diverse nazioni erano impegnati nel cercare di eseguire uno spegnimento che avrebbe avuto il minore impatto possibile sui sistemi della Stazione e sull’attività scientifica.

Samantha Cristoforetti e l’equipaggio della ISS nella sezione russa della ISS durante l’allarme ammoniaca del 15 gennaio 2015. Gli allarmi sono segnati in rosso sugli schermi dei computer. Credit: NASA

Penso che capiate il punto: da quel momento in poi il lavoro difficile è toccato ai centri di controllo. Eravamo al sicuro, stavamo bene e con molto poco da fare, tranne aspettare. Sapendo che momento di stress stavano passando i ragazzi e le ragazze a terra, abbiamo cercato di mantenerci in silenzio nelle comunicazioni e non abbiamo più chiesto nessun aggiornamento, aspettando pazientemente che fossero loro a chiamarci, cosa che naturalmente hanno fatto periodicamente.

A ogni aggiornamento diventava sempre più chiaro che tutto indicava un falso allarme, ma non eravamo sicuri che ci sarebbe stato permesso di lasciare il segmento russo prima del giorno successivo.

In tutto questo tempo i nostri colleghi russi sono stati incredibilmente ospitali. Ci hanno perfino dato tre contenitori di cibo da usare per noi, così non ci saremmo sentiti in imbarazzo nel frugare nei loro contenitori o chiedere per tutto il tempo. Quando è stata ristabilita l’alimentazione elettrica alle prese di corrente ho potuto fare una chiamata veloce alla mia famiglia per informarli che ero OK. Ed Elena mi ha prestato il suo computer con accesso a Internet, così ho potuto scrivere un breve tweet e assicurarmi che tutti sapessero che stavamo bene.

Non sapevamo quali informazioni i media stessero riferendo e temevamo che la gente potesse preoccuparsi per noi.

Più tardi, nella prima serata, abbiamo ricevuto istruzioni di riaprire il portello e tornare indietro. Per essere veramente prudenti, abbiamo indossato tutti i nostri respiratori per l’ammoniaca. Houston ci ha indicato di mandare prima avanti due persone per analizzare l’atmosfera e Butch ha deciso che, in qualità di occupanti del seggiolino di destra delle Sojuz, sarebbero stati lui e Terry a farlo. Pochi minuti dopo hanno richiamato dichiarando che le letture erano negative e abbiamo avuto la conferma finale: non c’era stata nessuna perdita di ammoniaca!

Barry Wilmore e Terry Virts poco dopo l’ingresso nel segmento USOS della ISS nella serata dell’emergenza del 14 gennaio 2015. Credit: NASA TV

Dopo una giornata di attesa, eravamo pronti all’azione: abbiamo recuperato velocemente tutto l’equipaggiamento d’emergenza usato, mettendo a posto quello che sarebbe stato riutilizzato e raccogliendo nella spazzatura quanto doveva essere scartato. Ci siamo consultati con Houston sulle maschere a ossigeno: quante ne erano state usate e come ridisporre al meglio le maschere rimanenti sulla Stazione per assicurarci che fossimo pronti a rispondere a qualsiasi altra emergenza. E abbiamo eseguito alcune azioni che non potrebbero essere compiute a distanza da terra per mettere al sicuro l’equipaggiamento in seguito agli spegnimenti.

Alla fine, ci siamo preparati ad andare a dormire: visto che la ventilazione non era stata ristabilita nel Nodo 2, Columbus e JEM, non ci è stato possibile dormire nei nostri alloggi per l’equipaggio e ci siamo dovuti accampare nei moduli di poppa. Ho preparato nel Laboratorio il mio posto per campeggiare: accamparsi in assenza di peso è veramente facile, vi basta attaccare il vostro sacco a pelo a una ringhiera e siete pronti per una buona notte di sonno!

Il giorno dopo, eravamo pronti a immergerci nel fitto programma scientifico delle settimane successive, grazie a un veloce lavoro di ripianificazione fatto a terra.

Fra l’altro, per quanto spiacevole sia stato questo evento, sotto molti punti di vista siamo stati fortunati: Dragon era pienamente ormeggiato, tutte le cose urgenti da conservare al freddo erano state rimosse, e nessuno di noi stava lavorando a un esperimento che avrebbe subìto danni se rimandato o lasciato incustodito.

Questo sarebbe stato il caso, per esempio, dell’esperimento dell’ESA “T-Cell”, che ho eseguito martedì: se l’allarme ammoniaca fosse scattato quel giorno, avremmo perso il lavoro scientifico. Così, alla fine, siamo stati fortunati: deve essere perché, nella Spedizione 42, sappiamo sempre dov’è il nostro asciugamano!

Nota originale in inglese, traduzione italiana a cura di Paolo Amoroso—AstronautiNEWS. Leggi il Diario di bordo di Samantha Cristoforetti e l’introduzione.

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