Venerdì scorso, 28 novembre, è stato messo in orbita un piccolo satellite progettato e costruito dalla U.S. Navy, la marina militare degli Stati Uniti. Non è la prima volta che questo avviene, ma la particolarità di questo lancio è che è avvenuto dalla Stazione Spaziale Internazionale, la ISS.
Lo SpinSat, questo il nome del satellite, è stato sviluppato dal Naval Research Laboratory, ha un diametro di circa 56 cm (22 pollici), un peso di circa 57 Kg (126 libbre) ed è stato posto in orbita dallo Space Station Integrated Kinetic Lancher for Orbital Payload System (SSIKLOPS) che però informalmente viene chiamato più semplicemente Cyclops.
La ISS dispone già di un meccanismo di lancio di piccoli satelliti denominato Small Satellite Orbital Deployer posizionato all’esterno di Kibo, il modulo-laboratorio giapponese della stazione, ma questo può rilasciare in orbita dei carichi decisamente più piccoli: i CubeSat utilizzabili con questo meccanismo sono dei cubi che misurano massimo 10 cm di lato (anche se poi in realtà possono essere dei parallelepipedi lunghi fino a 30 cm ma sempre con la base di 10 x 10). La differenza maggiore sta nel peso che passa da un massimo di circa 5 Kg (10 libbre) per i CubeSat e arriva ai circa 100 Kg (220 libbre) massimi gestibili da Cyclops.
Il nuovo sistema di rilascio permette dunque alla Stazione Spaziale di divenire la piattaforma di lancio di satelliti meno restrittivi dal punto di vista delle dimensioni e del peso. Questo permette a tutte quelle istituzioni, pubbliche o private che siano, che hanno un budget ristretto per le proprie attività scientifiche di pianificare un lancio a basso costo anche per piattaforme più grandi dei CubeSat. Tutto questo senza sacrificare la sicurezza.
L’apparato di lancio Cyclops è stato sviluppato da NASA in collaborazione con l’USAF, l’aviazione militare degli Stati Uniti, nell’ambito del programma Space Test Program e le sue ridotte dimensioni (all’incirca quelle di un comune tavolino da caffè) ne hanno consentito il lancio a settembre all’interno della Dragon di SpaceX insieme al satellite SpinSat.
Proprio questa dovrebbe essere la procedura di lancio: una volta pianificato il lancio, il satellite verrebbe impacchettato e posizionato insieme al resto del carico di uno dei mezzi cargo che prestano servizio verso la ISS; raggiunto il laboratorio orbitante, verrebbero disimballati dagli astronauti e preparati sulla piattaforma di lancio; arrivato il momento previsto per il rilascio, il tutto verrebbe posizionato all’esterno mediante un airlock e da qui rilasciato secondo i parametri predefiniti.
Ed è proprio quello che è successo a SpinSat che, come detto, “ha preso il volo” a bordo di Dragon in settembre, venerdì è stato posizionato all’esterno dagli astronauti Barry “Butch” Wilmore e Terry Virts attraverso l’airlock del laboratorio Kibo, il modulo giapponese, e poi rilasciato in orbita utilizzando il braccio robotico del laboratorio stesso.
L’unica problematica di questo tipo di missioni è dovuta all’orbita della stazione. Per poter essere raggiunta anche dai mezzi russi senza causare un eccessivo uso di carburante, l’orbita della ISS ha un’inclinazione 51,6 gradi sull’equatore e un’altezza di circa 420 Km (260 miglia) e un distacco da questa posizione comporta per i corpi rilasciati un rientro con conseguente disintegrazione in atmosfera dopo solo alcuni mesi, al massimo entro un paio d’anni. Questa variabilità dipende da diversi fattori primi fra tutti il peso e le dimensioni dell’oggetto ma anche l’altezza reale di rilascio che varia periodicamente e le condizioni dell’atmosfera anch’esse variabili. Ovviamente se il satellite rilasciato disponesse di motori per innalzare la propria orbita, la vita operativa aumenterebbe di conseguenza o diminuirebbe a seconda della missione prevista.
Il satellite SpinSat serviva a fornire un banco di prova per il sistema di rilascio ma il Naval Research Laboratory non ha perso l’occasione di utilizzarlo per ulteriori ricerche.
Una prima ricerca riguarda il controllo di assetto di piccoli satelliti e quindi SpinSat è stato fornito di 72 piccoli motori a propellente solido: mediante la variazione di corrente fornita a questi motori i progettisti sperano di variare la spinta fornita da ciascuno di questi e di conseguenza controllare l’assetto del mezzo.
La verifica dell’effettivo orientamento e quindi del successo del controllo è poi affidato ai riflettori che ricoprono SpinSat e che rimbalzeranno ai ricevitori a terra i raggi laser indirizzati verso di essi; questo anche nell’ambito di ricerche volte al raffinamento delle capacità di tracciamento degli oggetti in orbita da parte dell’apparato militare USA.
I dati sul tracciamento inoltre verranno utilizzati per definire ulteriormente la densità e la geometria dei tenui strati più esterni della nostra atmosfera.
Visto il positivo esito dell’esperimento di rilascio, il programma di rilascio dei satelliti da parte di Cyclops proseguirà il prossimo anno con l’arrivo sulla ISS di Lonestar 2, un piccolo satellite sviluppato dall’University of Texas e dalla Texas A&M University.
Fonte: SpaceFlight Now